Proteggere. Termine meraviglioso che fa parte della visione genitoriale che - con immensa fatica - dovremmo cercare di adottare.
Cosa significa "proteggere"? Di fatto una madre lo fa con il piccino picciò, colui che non si vede ma c'è. Certo, è faticoso. Da ogni parte giungono imperterriti messaggi che dipingono quel legame come inesistente. Tuttavia non solo esiste, ma serve a tutte le persone coinvolte: la donna protegge il piccino picciò, l'uomo protegge entrambi. Poi mamma protegge dando la vita al suo piccino picciò, che adesso ha bisogno di essere cullato, ninnato, nutrito. Anche qui la situazione non è facile: è più semplice farlo passare per un essere pieno di pretese e dare alla madre il compito di occuparsi di se stessa. Le mamme, tuttavia, riescono spesso ad andare avanti, tappandosi le orecchie, e stando con il loro piccino. Proteggere significa essere un porto sicuro: mamma e papà creano un abbraccio forte da sostenere il bisogno di protezione, morbido da consentire l'esplorazione del mondo. Proteggere non significa privare di fatiche e piccoli momenti di sconforto: una malattia, la morte di una nonna, le difficoltà a scuola, le complessità della vita di relazione... mamma e papà non possono evitare che accada qualcosa, ma possono proteggere educando alla Verità. Talvolta, tuttavia, questa è scomoda, perché è più semplice delegare altro o altri a fare quello che per dovere (non solo per diritto) si è chiamati a fare. Proteggere vuole dire ascoltare, proteggere vuole dire spiegare. Se un figlio è stato abituato a sapere che si può parlare con mamma e papà, sente protezione. Certo, questa a volte è percepita come un po' soffocante, specialmente se "Tutti gli altri fanno così", ma se io voglio proteggerti ti motivo le mie decisioni, ti ascolto, ti nego ciò che credo possa nuocerti anche se non sempre lo comprenderai. Mettere a disposizione il tuo corpo per giocarci e per far sì che altri ne utilizzino delle parti, è esporre la tua preziosità. Proteggere, durante l'adolescenza, non significa evitare che un figlio si relazioni coi pari, non significa privarlo dell'opportunità di sbagliare o agevolarlo per privarlo della possibilità di assumersi la responsabilità, ma vuole dire dargli la consapevolezza di quello che è giusto e quello che è sbagliato.
È una fatica enorme, che fa parte del pacchetto-protezione. È una corsa a ostacoli verso il modo di vedere la vita dei giovani come un costante "Ma che male c'è?", "Siete liberi!", "Non ci sono regole"... Oltretutto spesso si cade in fallo, come adolescenti e come genitori. Va messo in conto, va calcolato non come una sconfitta, ma come un insegnamento da trarre. Bisognerebbe parlarne sempre, perché quando un figlio è adolescente, mamma e papà possono sbagliare. Ci si aiuta a vicenda, ci si confronta. Da proteggere c'è la relazione che deve poter educare un figlio a sentirsi amato sempre, tanto da giungere a quel momento nel quale egli sarà parte attiva nella relazione da proteggere. Diviene una reciprocità che fa giungere all'età adulta sapendo che mamma e papà ci sono, pregano per noi e ci guardano con fierezza.