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venerdì 31 dicembre 2021

L'unica ragione di vita - Te Deum Laudamus

Perché siamo al mondo? 

Questa domanda mi tormenta da anni. Soprattutto nella sofferenza, mi sono trovata a guardarmi allo specchio e a ripetermi incessantemente il motivo per il quale siamo su questa Terra. 

Per comprendere a pieno il significato dello stare in vita e l'importanza del farlo bene, è stato necessario, per me, vedere la vita spegnersi. 


mercoledì 3 novembre 2021

La lavatrice del Piccinaccolo

E così, dopo che il "clic" di crescita lo aveva fatto la Figlia G (ne parlai qui), ora tocca a lui, il Lillo. E siccome mamma è sempre mamma, l'ansia aumenta. Ma perché aumenta? Infondo ci sono già passata... 
Lillo è un figlio stupendo. Cioè, non per vantarmi, ma lui è davvero il top, come già ebbi modo di raccontare (qui).

venerdì 23 ottobre 2020

E se un domani mi venisse detto che sono stata una pessima madre? "Stacce"

«Mamma, io vorrei proprio fare la mamma, da grande», queste le poche parole dette settimane fa da Lannina, e che ci hanno portato lontano. Sì perché le considerazioni che mi ha poi proposto sono risultate essere chiaramente il frutto di tutta una serie di ragionamenti che, evidentemente, sta compiendo da tempo. Il fatto di volere essere mamme, per lei implica il sacrificarsi per i figli. Me lo ha detto chiaramente: le mamme donano la loro vita ai figli. «Come hai fatto tu», mamma, ha poi aggiunto.



La mia bisnonna Lina Greppi Sagramoso con il sesto figlio, Giovanni (1930)

Chiedendole cosa la attrae della maternità, mi ha risposto che è incuriosita dalle sensazioni che si provano durante la gravidanza, durante il parto e l'allattamento («Perché tutte le mamme urlano, ma poi piangono di felicità, dopo che hanno partorito... è come se non sentissero il dolore, come se diventassero Avengers»), ma che le piace proprio l'idea di stare coi bambini... Allora le ho posto una domanda: «Ascolta, ma allora, tutte le volte che ti ho sgridato? Tutte le volte che ho perso la pazienza? Tutte le volte che ti ho fatto piangere negandoti ciò che mi chiedevi? Fare la mamma implica per forza anche essere definita "cattiva" quando si sgrida o quando si dice di "No!"». Lannina mi ha risposto che sgridare spesso significa voler bene, aiutare un bambino a capire dove sbaglia. «Quando ci sgridavi, io da piccola pensavo che non ci volessi bene, che tu davvero eri cattiva, che non ci volessi con te. Poi quando ho cominciato ad ascoltarti e a capire che lo facevi per insegnarci a comportarci anche tra di noi in maniera decente, mi sono tranquillizzata. I miei figli li sgriderò, se sbaglieranno». 

giovedì 28 maggio 2020

Le famiglie numerose sono "Pietra d'angolo"

E così non eravamo preparati. Come spesso ci è accaduto a me e al mio Sposo, l'arrivo di un nuovo membro della famiglia non ci ha sconvolto particolarmente (nonostante l'età ci ricordiamo ancora come funziona la "storia") ma la sorpresa non è mancata. Tuttavia questa volta non solo ho esternato un sommesso «Non pensavo proprio di arrivare a sette», ma mi sono arrischiata tantissimo nel dichiarare «Speriamo che sia femmina, giusto per abbassare la saturazione testosteronica della famiglia».

Dopo di che il tutto si è svolto come da protocollo: ricerca di abiti da "appanciate", scommesse (all'ultimo sangue) sul sesso del nascituro, ricerca dei vestitini da amiche e parenti, modesto acquisto di capi d'abbigliamento color rosa confetto giusto per sfogare la sete da shopping... Insomma dal test positivo in poi, tutta la famiglia è stata coinvolta nell'attesa di colei che adesso si chiama ufficialmente Pantuffola.

Il titolo del bellissimo giornalino dell'Associazione Nazionale Famiglie Numerose

martedì 10 marzo 2020

Lillo, la mia vittoria di mamma

Hai sedici anni. 
Mi pare ieri che la Figlia G, appena duenne, informava chiunque (nel senso di chiunque proprio, pure il fruttivendolo e i vicini di casa) che nella pancia di mamma albergava il "Lillino", ossia la contrazione infantile di "fratellino", in seguito ribattezzato Lillo per l'intera famiglia. Oggi come oggi mi fulmini con lo sguardo quando ti chiamo così, soprattutto di fronte a persone con le quali vorresti non essere messo in imbarazzo (e quindi sai bene che sarà la prima figuraccia che farai con la tua fidanzata: accusami di arteriosclerosi galoppante, non mi offenderò): ricordo con vividezza il tuo sguardo di massimo disprezzo (quello che sapete rivolgere solo alle mamme e solo alle mamme che compiono affermazioni sdolcinate in momenti assolutamente fuori luogo) quando, in preda a collosità materna e a panico da primo campeggio fuori casa, ti abbracciai come se tu stessi partendo per il Vietnam. Ti allontanasti guardingo accertandoti che nessun amico coetaneo avesse visto quello slancio appiccicoso e imbarazzante - non avevi più di otto anni - e dicesti, con sorriso tirato: «Stringiamoci calorosamente la mano». Ecco: a tutt'oggi sei così, anche se, in alcuni momenti di scoramento e stanchezza (miei, non certo tuoi), mi abbracci accertandoti della nostra solitudine (che, in casa nostra, è cercare l'ago in un pagliaio).
Tu sei stato la mia vittoria per tanti motivi: il primo - e più semplice - riguarda il fatto che tu sei nato spontaneamente. La nascita della Figlia G, con un cesareo d'emergenza piuttosto atroce (atroce per come l'ho vissuta io, non per una cattiva gestione dei sanitari), non mi fu d'aiuto. In più mettiamoci le stupidaggini sull'allattamento e l'educazione (dormire separati e orari...) e la frittata fu fatta: arrivai a pensare di non essere tagliata per fare la mamma. Poi arrivasti tu e mi insegnasti un mucchio di cose.

mercoledì 29 gennaio 2020

Rifarsi il letto vuole dire "Ti voglio bene, mamma"

La proverbiale cattiveria della sottoscritta è stata evidenziata moltissime volte da tutti i figli.
Chi prima chi dopo ha affermato, tra le lacrime o le risate, che la mamma è cattiva. Talvolta tiranna. Spesso banalmente perfida come Crudelia de Mon o la matrigna di Cenerentola, glaciale come Crimilde o assetata della sofferenza - dei poveri figli - come Ursula. Non so quale figlio/figlia mi urlò che sono la peggiore madre del mondo. Capita - rispondo in questi casi - e mi limito a un armistizio fatto da crêpes e nutella, il che non guasta.


venerdì 29 novembre 2019

Una grande coppia di amici

Cigols ha un caro  amico sostanzialmente coetaneo con il quale gioca da tempo immemore. Cigols aveva qualche mese, quando fu lasciato tra le braccia della Ziacla in quanto Albus decise di nascere senza avvisare e, quel che è peggio, di portarsi dietro la sua placenta e il suo brevissimo cordone ombelicale. La sua mamma era ancora stanchissima per lo spavento e il cesareo fatto in quattro e quattr'otto, che Albus si fece il suo primo viaggio a sirene spiegate in una lussuosa e superaccessoriata culla termica, con un'équipe tutta per lui. Quando è nato aveva un elegante color blu notte che fece venire i capelli bianchi, oltre che alla sottoscritta, a tutta la sala operatoria. La sua mamma me lo chiese subito a bruciapelo: «È morto?».

martedì 26 novembre 2019

Natale... ma a cosa prepararsi?

Ci siamo!
È arrivato il periodo di Natale!
Io adoro il Natale: oltre che essere una delle "fasi" più belle della vita di una Fede, è anche un un momento magico per tutti i bambini... Gli sguardi complici tra fratelli per redigere la letterina a Babbo Natale, la preoccupazione di comportarsi in modo decente (no lancio di caccole a spregio, no vandalismi su quaderni di scuola dei fratelli più grandi, sì allo svuotamento della lavastoviglie e sì al riporre in modo consono - appaiato - le scarpe nella scarpiera), la gioia di sapere che ci si riposerà per un po' di tempo a casa tutti insieme...

giovedì 14 febbraio 2019

San Valentino

Era il 5 giugno del 2000. Giorno precedente al mio ultimo esame all'Università  (Scienze dell'Educazione). Camminavo lungo una lunga strada centrale a Viareggio ed entrai dentro la chiesa di San Paolino. Mi misi di fronte al Santissimo Sacramento. Era il decimo  anno che la mia vita era andata a rotoli: la morte della mia nonna quando avevo 10 anni aveva segnato l'inizio della mia adolescenza. Il tutto proseguì con la separazione dei miei genitori, con la confusione venutasi a creare a causa di un uomo che aveva rovinato mia madre (e che prima o poi incontrerò di nuovo) e col suo successivo tentativo di togliersi la vita. Avevo attraversato storielle affettive di poco conto e, all'alba dei vent'anni, ero stufa. 

Glielo dissi così, a Nostro Signore: "Vuoi altro da me?". Ero arrabbiata. Triste. Stanca. Avevo subìto le decisioni di adulti immaturi (alcuni direbbero "liberi") e in quel momento, ero definitivamente inesorabilmente incontrovertibilmente stufa.
Uscii di Chiesa. Piangendo. I miei occhi non sapevano più dove trovare le lacrime. Avevo diritto di diventare padrona della mia vita? 

Camminai per un po' e andai a trovare una cara conoscente, responsabile della scuola guida dove avevo preso la patente. Ridendo e scherzando, un po' per passare il tempo, mi disse che forse avrei avuto bisogno di fare un po' di volontariato, progetto che avevo accarezzato già da qualche settimana (l'idea era venuta dal volontario che venne in soccorso quando trovai mia madre in coma: mentre i colleghi si occupavano di lei, lui mi cercò solo per dirmi: «Non è colpa tua». Non gli credetti al momento, ma la sua frase mi ha segnato). 

Mi suggerì di andarmi a segnare al corso per andare sull'ambulanza, presso l'associazione di volontariato lì vicina. Aggiunse ridendo che lei il marito aveva trovato lì. Giunsi baldanzosa presso la portineria e mi iscrissi al corso, come suggeritomi. La sera successiva, il 6 giugno, una volta tornata dall'esame universitario, mi presentai e cominciai a seguire la lezione. Pochi istanti dopo, ci divisero in gruppi e un ragazzo si presentò a fare due chiacchiere. Qualche giorno dopo mi invitò al mare: era moderatamente insistente, così mi costrinse a prenderlo di punta e affrontarlo: "Amico - gli dissi perentoriamente - se ciò che cerchi è divertimento, hai sbagliato strada. Io devo sposarmi e farmi una famiglia. Per cui prendi la tua decisione". Poveraccio: non sono mai stata famosa per la mia delicatezza. Temo di averlo ghiacciato, poiché passò un po' di tempo prima che lui si accorgesse che la mozzarella stava colando dalla  fetta di pizza che teneva sospesa per aria a bocca aperta. Rimase interdetto qualche minuto, poi, con la mozzarella colata in bocca e un grande imbarazzo mi disse un "A me va bene". 
Iniziai ad accettare le sue visite. Stavamo sotto casa mia per qualche minuto, poi lui tornava a lavorare. Continuò così un mesetto, prima ch'io cedessi (anche il marmo può scalfirsi). Decidemmo di andare in montagna assieme e lì fu rapida la decisione di sposarci il maggio successivo.  
Poi successe. Ci affidammo. Non era un'impresa semplice. Ma io buttai giù dal letto Nostro Signore e gli chiesi aiuto. Potevo fidarmi? Era arrivata la mia serenità? Toccava a me?
Il 6 giugno 2001, esattamente 365 giorni dopo il nostro incontro, lo seppimo.  Alle 17.02 nacque nostra figlia. 
Meglio di così, Nostro Signore non poteva dircelo.



lunedì 29 ottobre 2018

L'amore? Non basta

Mio nonno tornò dalla Campagna di Russia col congelamento e un occhio guercio tutto fasciato. Era magro: aveva le piattole nel pube e le pulci nei capelli. Mia nonna faceva la Crocerossina volontaria in ospedale. Era ancora ricoverato quando, per fare un po' di privacy, dietro un giornale aperto, mio nonno chiese a mia nonna di sposarlo.
-non convissero ("Dobbiamo vedere se andiamo d'accordo");
-si mantennero casti ("Dobbiamo vedere se andiamo d'accordo da quel punto di vista lì");
-non aspettarono anni ("Dobbiamo prima fare quello e quello");
-non avevano casa;
-non avevano professione (mio nonno era mutilato, tra l'altro).
Sapevano che si volevano bene e che avevano deciso di amarsi.
Sì, l'amore vero. Quello fatto di impegno, razionalità, sacrificio.
E lo hanno fatto superando problemi enormi.
Fino alla fine.

Appunto per i milanesi: c'era la neve, a Sant'Ambrogio, quel giorno...