lunedì 10 marzo 2025

Lacrime di mamma

Io mi domando come si faccia.

Mi chiedo come sia umanamente possibile desiderare un figlio.

No, non ne senso del sognare la maternità, ma nel senso della bramosia del mettere al mondo o, peggio, del far mettere al mondo per poi procurarselo, un essere umano (parlo pure dei gameti, eh). Un conto è il desiderio di poter dare una famiglia a un piccino che non ce l'ha, ben altro è il fare di tutto per pretendere il concepimento e la nascita di una creatura che venga a colmare il proprio immaginario identitario.

Me lo sono chiesta spesso quando ho constatato il dolore di amiche che hanno realmente fatto di tutto per cercare un figlio: persino volare in altri Paesi. Non che questo io non lo accetti, ovviamente. Tutt'altro: il dolore di chi vorrebbe poter dare la vita ma non ce la fa per problemi oggettivi e personali, è comprensibilissimo. Quello che non capisco - che avviene anche in famiglie dove non ci sono problemi di fertilità - è l'investire tutto su un figlio, su quella che è una persona, un essere umano. 

Persona che avrà gusti, temperamento, sogni, dubbi, paure, desideri che il genitore non potrà mai ottemperare né potrà mai capire. Perchè un figlio è, nel modo più assoluto, qualcuno che è altro-da-me. 

"Ho fatto il meglio che ho potuto"

giovedì 20 febbraio 2025

E se ogni figlio fosse stato unico? Parte 2

Quando penso a come sarebbe stata la vita solo con Lillo, me la figuro in modo stranissimo. Togliere da Lillo il modo in cui è nato e come è stato allevato, in reazione a ciò che ho fatto di sbagliato con la Figlia G, è quasi impossibile.

Comunque posso provarci, ma è una sfida complicata.

Un  modello di macchina del tempo

Lillo è nato con un parto normale (comunque con induzione), dopo un cesareo molto brutto. Quindi Lillo è stata una vittoria alla quale tutte le donne debbono poter aspirare (compatibilimente con il loro desiderio). Ed è stato allattato almeno un anno (smisi perché al nido non lo avrebbero preso. Sì, hai letto bene). 

venerdì 7 febbraio 2025

E se ogni figlio fosse stato unico? (Parte 1)

Chi non ha mai fatto il "gioco dei se"? Se non avessi mai tagliato i capelli, se non avessi deciso di frequentare quel bar, se... se... se... 

Nella mia storia e nella nostra storia familiare, i "se" sono una moltitudine infinita. Ogni volta che ci penso mi vengono i brividi. 

Se non fosse morta la nonna Emma, io avrei mai lasciato Milano?

Se i miei genitori non si fossero mai separati? E se mi fosse stato di maggior danno rispetto ad una separazione?

Se le mie vacanze migliori non fossero state con una famiglia numerosa? 

Se il 5 giugno del 2000 non mi fossi arrabbiata con Gesù?

Prendiamo la Figlia G, che si appresta a diventare bioeticista e, oramai fidanzatomunita, si avvia verso l'età adulta. 

Fosse rimasta figlia unica io avrei avuto un'unica esperienza di parto terribile (un cesareo fatto senza alcun crisma) e un primo periodo di adattamento genitoriale costellato di pessime decisioni, grossolani sbagli educativi, macroscopiche cantonate psicopedagogiche (alla faccia delle scuole magistrali frequentate con profitto).

Il giratempo di Hermione Granger

sabato 1 febbraio 2025

E adesso parliamo di spirito critico, gender e aborto

 


Se ne fa un gran parlare.

Spirito critico è un po' un pas-par-tout dei grandi educatori che assennatamente o meno vogliono parlare di pedagogia, ma se c'è una cosa che attualmente non c'è proprio, è l'educazione allo spirito critico. 

Perchè per criticare e, soprattutto, ricevere critiche, sono necessari alcuni punti che ritengo fondamentali (chi mastica pedagogia e/o psicologia ne avrà molti altri: io sono solo una mamma).

giovedì 28 novembre 2024

Tutte le mamme amate, amano

Ero studentessa, ma ero già mamma. Un pezzo di strada l'avevo compiuto con fatica poichè avevo avuto una figlia da giovane e con tutta una serie di aspettative disilluse (cesareo, non allattamento, abuso del cosiddetto "Metodo Estivill"), e un figlio che aveva aiutato la mia autostima a ricredersi (parto vaginale, allattamento più lungo e bedsharing).

Lei era una giovane donna, incinta di qualche settimana, pancia piccola piccola. Aspettava che le facessero nascere suo figlio. Il primo era mancato a termine della gravidanza. Questo lo voleva vivo con tutta se stessa. 
Durante la gravidanza aveva avuto mal di schiena. Fitte, dolore, fastidio. In fine suo marito disse basta e la portò in ospedale. Il medico ginecologo attestò la gravidanza in uno stadio iniziale: il suo secondo bambino c'era e il suo cuore batteva veloce. Ma quel dolore non passava con le flebo di antidolorifico. Fu chiamato l'anestesista che fece una visita accurata con il ginecologo. Ad un tratto i loro sguardi si incrociarono. Io ero lì, ma troppo inesperta per capire. 
Volarono a fare una risonanza.

Carcinoma osseo. Quarto stadio.

mercoledì 14 agosto 2024

Denatalità. La mia idea.

Non ho la verità in mano, sono discalculica e ho diverse lacune in aritmetica e non ho una laurea in demografia.

Quindi parlo, diciamo così, per parlare. Parlo con gli occhi di mera osservatrice. Parlo da persona che ascolta le donne e lo fa da un po'. Parlo da madre.

Comincio con raccontare di me, così da non tirare in ballo altre persone e risultare dogmatica.

Ho avuto la prima figlia a vent'un anni con un cesareo d'emergenza piuttosto sgraziato e aggressivo. Lavorava mio marito che già da due anni era abilitato alla professione di geometra. Siamo andati ad abitare in un monolocale per il quale abbiamo pagato un mutuo estinto da poco tempo. 

Io frequentavo l'università e la interruppi perchè avrei dovuto presenziare alle lezioni, ma era troppo distante (non tutte le università hanno tutte le facoltà). Mi laureai anni dopo in tutt'altra materia subendo mobbing aggressivo e delinquenziale (i motivi di questi trattamenti erano e sono tutt'ora a me ignoti) per il quale mi dispiace non aver sporto regolare esposto civile: il mio errore di non averlo fatto ha causato che altre dopo di me abbiano subìto torti gravissimi (talvolta peggiori di quelli subìti da me). Le università italiane sono piene zeppe di gentaglia schifosa, viscida, putrida e maligna che si sente in diritto di sfogare le proprie turbe psichiche sugli studenti e (soprattutto) sulle studentesse: effettuo questo discrimine perchè, chiaramente, le studentesse hanno il difetto di rimanere gravide con l'oltraggio, talvolta, di accogliere la gravidanza e la maternità, il che è visto universalmente come la disgrazia peggiore che un essere umano possa realizzare.