La Mammitudine non è una performance.

Quando si leggono i commenti femminili sotto le immagini delle famiglie che hanno acquisito figli tramite la pratica dell'utero in affitto (pratica per la quale gli uomini devono masturbarsi, noi donne, invece, dobbiamo iperstimolare le ovaie e dobbiamo artificialmente essere ingravidate: entrambe situazioni potenzialmente patologiche se non letali), si impara molto della natura femminile. La natura femminile ha dismesso i panni della difenditrice dei bambini: a delle immagini sorridenti di bambini felici in braccio a dei genitori che hanno consapevolmente progettato le loro vite con lo scopo primario di riceverne soddisfazione personale, i commenti sono spesso simili. Quello più quotato riguarda ciò che si suppone sia quello di cui necessita il bambino per crescere, ovvero l'amore. In questo, se vogliamo, non vi è errore, se non che il problema sta nel considerare - da anni ormai - il figlio come un'alternativa ad altro. La patologizzazione della maternità nasce quando le donne credono che essere dalla parte della fisiologia infantile e del bisogno di attaccamento che i bambini hanno nei confronti della madre, si contrapponga drasticamente alla libertà della donna (specialmente quella di avere un'autonomia economica). Intere generazioni di donne cresciute in questo modo sono divenute madri sofferenti sia del bisogno di presenza che i bambini hanno nei loro confronti, sia dei doveri educativi che un genitore possiede. Per non parlare della paternità: quella andava cancellata del tutto e infatti diverse donne che plaudono alle immagini felici di famiglie artificiali, denunciano l'assenza di padri, compagni, padri dei propri figli: va da sé che magari due padri felici, con figli felici, quantunque avuti in modo non particolarmente fisiologico, siano quanto di meglio esprime quella mancanza, ripagandola con l'ammirazione sconfinata. 

Quindi abbiamo delle donne che denunciano l'assoluta incapacità delle donne medesime di essere madri tanto degne dal combattere perché i bambini abbiano una madre: frotte di professioniste pronte a denunciare l'assoluta inadempienza genitoriale delle donne stesse, si fanno promotrici dell'assoluta innecessità che il bambino ha di mamma poiché l'amore è un sentimento che non dipende da chi proviene. Dismettendo i panni del sentirsi capaci di essere donne perché in diritto di non essere madri neppure quando si è chiamati ad esserlo, la maternità ha cessato di essere un istinto secondo il quale una donna si fa spazio nel corpo e nel cuore per cedere il passo a chi è più piccolo, in nome di un artefatto diritto alla propria felicità prima di tutto il resto (adducendo spesso a tale diritto la necessità del figlio stesso di sapere che la madre è felice). Dall'altra parte giunge tuttavia un ulteriore peso, che è quello della performance: siccome sussistono generazioni di madri che si sono manifestate come del tutto incapaci alla loro funzione materna (qualcuno gliel'ha insegnato), per risolvere il dramma dei figli cresciuti senza aver percepito attenzione, cura, valore ed educazione (ben altro oltre l'amore), allora si è creduto che la maternità dovesse essere una check-list di abilità: eccola lì, infatti, nei commenti. "Che bravi genitori!" si giudica felicemente dopo aver sentenziato che i figli hanno solo bisogno d'amore. 

Questo accade perché contrapponendo la maternità alla femminilità, alle donne non è rimasto che fare una cosa o l'altra, secondo il proprio sentire, le proprie emozioni, i propri istinti ("Devo fare quello che mi sento!"). Maturare la gestione delle emozioni dipende molto da come mamma e papà si occupano del bambino, aiutandolo a capire le proprie emozioni e i propri bisogni. Per fare questo ci vuole presenza, ascolto, sostanza, umiltà. Questa consapevolezza matura nel bambino una coscienza, ovvero la capacità di percepire quello che ha dentro di sé (grazie alla relazione). Vivere seguendo le proprie emozioni senza imparare ad avere una coscienza che dica di "no" agli impulsi istintivi, serve per fare scelte aperte anche verso l'altro, riconoscendo nell'altro un valore. La coscienza ci guida nel scegliere di non soddisfare un'emozione per il bene di qualcuno o per un valore in cui si crede. 

Ma se alcune generazioni di madri e di padri hanno disconosciuto nel bambino il suo diritto ad avere ascoltate le sue emozioni e i suoi bisogni (gli è stato detto che farlo sarebbe stato nuocere al bambino stesso), egli cresce bramando quello che pensa essere il suo bene, ma essendo solo la soddisfazione di un istinto che lo fa star bene nell'immediato (passare da "desiderio" a "diritto" è tutto un vento). La maternità quindi è divenuta la dimostrazione di una performance: quanto più il bambino è sorridente soddisfatto in quelle che sono credute le sue esigenze (cibo, giochi, abiti, materiali), tanto più il genitore è stato bravo e va premiato. Tanto più il bambino è giudicato triste perché non soddisfatto, tanto più la genitorialità (e soprattutto la maternità) è giudicata disfuzionale. E invece di porsi la questione in un'ottica di prevenzione che nasce da quando i futuri genitori sono preadolescenti (è da quando si è figli che ci si forma futuri genitori), si preferisce amputare il problema fornendo delle caratteristiche superficiali alla genitorialità perfetta ed eliminando l'importanza della maternità (la paternità figuriamoci...). E infatti la maternità ha accettato di non essere più adeguata, di non essere quella necessaria per il benessere del bambino, di essere solo ovuli e utero, al massimo forse del latte materno donato, perché tanto il bambino non ne ha bisogno. 

Quello che invece fa una mamma che si occupa del suo bambino, anche solo quando lo abbraccia, quando lo ascolta e quando lo culla, è un nutrimento per la sua anima: ella lo educa all'ascolto, lo guida nelle difficoltà, lo accompagna e gli motiva dei divieti. La Mammitudine non è una performance che mostra la bravura del genitore se il bambino è sorridente, ma è una relazione fatta di ascolto, tempo, raccoglimento, riflessione e sospensione delle proprie esigenze per il bene del più piccolo, perché egli riconosca la propria esistenza come importante per la mamma. Se le madri acquisissero un po' più di fiducia nella relazione col proprio figlio e se le donne ricominciassero a sentire l'importanza della Mammitudine, comprenderebbero come non sia necessario dimostrare la propria performance, ma semplicemente essere madri.