Statalismo Educativo

Ci sono alcuni rischi dei quali una mamma dev'essere conscia: lo Statalismo-Educativo è uno di questi. E il più pericoloso. 

L'idea di formare delle "Assistenti Materne" di formazione istituzionale porta pensare che si vogliano inviare nelle case delle abili controllatrici delle neo-mamme. Se un' "assistente materna" entrasse in casa mia dopo una qualunque nascita dei miei figli si troverebbe di fronte a una madre esasperata, che allatta spesso due figli contemporaneamente (tandem), che dorme coi figli (e il marito) per anni, che vaccina quando lo ritiene opportuno, che fa cose che decide di fare secondo la propria coscienza. Cose comprensibili agli occhi di qualcuno, cose incomprensibili agli occhi di qualcun altro. E se l' "assistente materna" fosse una che suppone che i bambini devono essere istruiti a dormire lontano da mamma? E se fosse una fissata coi vaccini a due mesi? Se fosse una istruita sul fatto che le mamme devono tornare a lavoro e i bambini devono socializzare al nido? 

Ecco appunto. 

Il problema è che non è tutto. Il dramma della faccenda è che l'abile manina che fa apparire sempre tutto come bello e facile, ha abituato le donne - soprattutto loro, ma anche gli uomini - a delegare (per il maschio è facile delegare la donna quando c'è il rischio di una gravidanza: lì è facile che egli sia stato educato a squagliarsela). Tale fenomeno si esplicita nella maternità, nel momento in cui una donna nasce come mamma, spinta contemporaneamente da un mondo del lavoro che della maternità ha un'idea patologica che si basa su opinioni. Se la fisiologia accoglie quelle che sono le mille sfaccettature della normalità di ognuno, ma tende a riportarle alla strada maestra (in Ostetricia si chiama "Salutogenesi"), la patologia insita nelle norme culturali, si basa principalmente sul convinzioni che mutano con il cambio del vento (e del potere). 

Come si affronta tale "fenomeno della delega"? Educando i figli al farsi un'opinione. E per farlo bisogna farli giungere alla cultura. Se io educherò mio figlio direttamente, fornendogli un modo attraverso il quale egli può acquisire ciò che gli serve per farsi un'idea personale, questi non temerà un confronto con chi ha idee differenti, maturando il "senso critico". Se io sono abituata a delegare l'esperto (c'è sempre chi incarna tale personaggio), sono avvezza a obbedire ciecamente alle sue indicazioni: "usa il preservativo e assumi la pillola"; "abortisci pure: è un grumo di cellule"; "interrompi la gravidanza perchè se nasce poi soffre"; "devi farti indurre il parto perché è meglio"; "dagli il biberon così non si vizia"; "mettilo nella sua stanza altrimenti tuo marito si troverà l'amante"; "mettilo all'asilo così socializza"; "ci pensa l'insegnante che ne sa di più"; "fagli frequentare il corso della scuola perché così impara a non bullizzare"... Non penso che ci sia bisogno di continuare.

Ma se io mi abituo (la gravidanza è un ottimo punto di partenza) a pensare con la mia testa, cercando qualcuno che mi dia informazioni chiare scevre da opinioni o studiando (sì, studiando: mettendosi fisicamente con la 'testa sui libri') testi muniti di fonti bibliografiche il cui scopo non è dare indicazioni, ma stimolare a optare per delle scelte personali, si vivrà ciò che possiamo definire "consapevolezza" (in Ostetricia si chiama 'empowerment')che implica il raggiungimento della maternità attraverso l'aquisizione della responsabilità. Allora gli esperti, magicamente, muteranno il loro approccio: "se ti conosci, ti rispetti e ti fai rispettare"; "se ti senti sola nell'affrontare questa situazione, sappi che posso aiutarti: tuo figlio è importante"; "quella patologia è grave, ma sarai accompagnata ad accogliere il tuo bambino"; "ci sono un po' di problemi da risolvere, ma sceglieremo assieme come farlo";  "allattare è importante, ma è faticoso: hai ragione! Come posso aiutarti?"; "la vostra coppia ha vissuto uno scombussolamento, ma il bimbo ha bisogno di voi anche la notte: andare tutti d'accordo è possibile!"; "i bambini stancano molto, e hai bisogno di dedicarti anche ad altro: magari qualche ora puoi essere aiutata da un asilo nido"; "ci sono informazioni che non è detto che si sappiano facilmente: tuttavi aè importante acquisirle perché i tuoi figli devi poterli educare tu"; "qualsiasi corso non è importante: i ragazzi imparano dall'esempio!"... E potrei continuare.

Quello che da madri (e da padri: questa è anche una Pillola di Papitudine) è necessario fare, a mio parere, è comprendere bene come i figli abbiano il diritto (spiace per l'Unicef) alla consapevolezza dei loro genitori. Nessun esperto vale come un genitore che si assume la reaponsabilità educativa del proprio figlio: certo, si sbaglia. Eccome!! Il nesso non è questo: la relazione tra "consapevolezza genitoriale" e "sicurezza filiale" sta nel concetto che i rapporti interpersonali della famiglia vanno preservati. Un figlio che vede un genitore disponibile, autorevole, pronto all'accoglienza del figlio e consapevole della propria fallacia, è un figlio che impara che il genitore è umano, ma che l'affetto ch'egli mostra è incondizionato. Ordunque il punto focale: come si educano i figli alla consapevolezza -  ergo - allo spirito critico (che tanto piace)? Si parte col presupposto che siano intelligenti. Se un neonato piange lontano da mamma è intelligente. Se un bambino piange quando è in difficoltà, è intelligente. Se un ragazzo mostra delle opinioni, è intelligente. 

Un paio di esempi per chiarire cosa vuole dire svalutare l'intelligenza dei bambini. I termini come "misantropo" o "zoologia" usati negli anni Ottanta, sono stati edulcorati e semplificati, come se i bambini di oggi fossero dei piccoli imbecilli. Acquistate i libri vecchi, mi viene da consigliare.

Un ringraziamento: mia madre mi raccontava (oltre che Richard Scarry e Mauri Kunnas) l'Iliade e l'Odissea, ma non solo: da brava sanscritista raccontava anche alcune storie contenute nel Mahābhārata... Non è un caso che alla tenera età di sei anni io scrissi un "pensierino" nel quale citavo Arjuna Varmadeva. Nessuno stupore, quindi, se a cinque anni, mio figlio sa cosa sia la 'pastura', il 'raffio' o 'la traina', e le mie figlie sanno, dal momento del menarca, cosa significhi 'picco ovulatorio'.