Una delle scene più belle e struggenti dei racconti su Harry Potter, anche se non sono una fan esagerata dei film, è certamente quando Lily Potter protegge il proprio bambino con il proprio amore: "Papà ti ama, mamma ti ama..." pronuncia lei sapendo di avere poco tempo. Nel libro è il professor Silente - se non ricordo male - che spiega a Harry, che Voldemort non è riuscito a uccidere un bambino di un anno, perché questi è stato protetto dalla forza più grande che esista: l'amore. E questo non è un incantesimo, ma è una grande e potente protezione che nulla può distruggere, neppure uno degli incantesimi più cattivi.
È un concetto importante che l'autrice vuole trasmettere: l'amore che protegge Harry da piccino non è una magia, non è un sortilegio, non è una pozione... è un fatto. Il concetto chiave è che la madre di Harry, compiendo il gesto più normale che una madre può compiere nei confronti di un figlio (chi di noi mamme non si offrirebbe al posto del proprio bambino anche solo per un prelievo di sangue?) lo fa sentire amato nonostante - di fatto - lei non ci sia più. E lei non si è sacrificata al posto di suo figlio, non ha compiuto gesti eroici, non ha fatto nulla di più che dire, al suo bambino, che lei lo ama. Lei e il papà. Lo amano. Lo faranno per sempre. Tutto qui. E quell'amore dolce e sofferto rimane tale. E protegge, sostiene.
Mi venne raccontato da don Sergio, il mio parroco, che un padre, disperato dalla tossicodipendenza del figlio - eravamo nei perfidi anni '80 - decise di non inseguirlo più nei terrificanti luoghi di Milano dove vivevano e morivano di overdose ogni giorno (la nostra parrocchia, San Simpliciano, non era distante dal sottopasso del ponte delle Gabelle, rifugio di abbandonati), ma infilò dentro la sua tasca solo un biglietto: "Ti amerò sempre". Mesi, forse anni. Ed egli tornò a casa, moderno Figliol Prodigo, consapevole del fatto che sarebbe stato accolto.
Ecco: la madre e il padre proteggono. Stanno.
Sono presenze necessarie quando i bambini piccoli. Sono presenze importantissime finché i figli non spiccano il volo. E rimangono tali finché sono in vita, ma non terminano il loro compito quando chiudono gli occhi, rimanendo dentro il cuore dei figli...
Ed è per questo che, in questo momento culturale, io penso realmente che sia fondamentale pretendere di affiancare i propri figli. Stare. Esserci. E non per evitare che prendano raffreddore o brutti voti, ma perché possano sapere che ci siamo. Ed esserci non è organizzare feste di compleanno con cotillon e grandi spese (ai bambini non interessa, agli adolescenti non serve), ma essere presenti, dialogare, spiegare e sostenere. Ecco perché uno Stato che obbliga a stare lontani dai figli è carnefice delle relazioni genitori-figli (obbligo al quale molti genitori sono ben felici - purtroppo - di sottostare). La giornalista Raffaella Frullone infatti scrive su Facebook: "COSA E' DAVVERO PENALIZZANTE? Ieri l'Istat ha pubblicato il report sulla conciliazione tra lavoro e famiglia. In estrema sintesi la ricerca evidenzia che, in presenza di figli piccoli, o genitori da accudire, o ammalati e disabili in famiglia, sono principalmente le donne che vanno a rimodulare il proprio impegno lavorativo (passando da un full time a un part time, riducendo il proprio impegno, scegliendo lo smart working, ecc) per dedicarsi ai propri cari. Oggi tutte le principali testate scrivono che per questo le madri sono penalizzate. La penalizzazione deriva dal fatto che rimodulare al ribasso il proprio impegno lavorativo per dedicarsi alla famiglia è a prescindere - indipendentemente da tutto - penalizzante. Per questo secondo i media il 57% delle mamme è penalizzato perché si ritrova a farlo. Non sembra contemplata l'idea che una madre voglia, desideri e chieda di trascorrere del tempo con i propri figli, non sembra contemplata l'idea che ad ad essere penalizzate siano quel 43% di lavoratrici che non possono in alcun modo modificare il proprio assetto lavorativo per dedicarsi ai figli (per necessità, perché l'azienda non concede il part time, perché il capo non consente un'organizzazione a misura di famiglia, ecc) ma che vorrebbero tantissimo farlo, meno che meno appare contemplata l'idea di aumentare lo stipendio dei papà per consentire alle mamme di ridurre l'impegno lavorativo senza strozzarsi, ma qui siamo ovviamente nella fantascienza. Scrive l'Istat sul suo sito: "Nel 2018, tra le donne da 18 a 64 anni che hanno avuto figli nel corso della vita, le occupate o le ex occupate che hanno interrotto l’attività lavorativa per almeno un mese continuativo allo scopo di prendersi cura dei figli piccoli sono quasi il 50%. La maternità obbligatoria, per chi ha potuto usufruirne, è inclusa in questa fase di interruzione". La maternità obbligatoria è dunque una "fase di interruzione", di questo passo sarà considerato penalizzante anche che una donna il giorno del parto non possa recarsi in ufficio. Non so, c'è qualquadra che non cosa".
E io, nella mio piccolo non posso che affermare che noi, esercito di Lily Potter, non siamo penalizzate, siamo premiate dal ruolo di madri. Siamo coloro che cercano - magari sbagliando, è ovvio - di stare vicino ai nostri bambini, educando loro al buono, al bello, al bene. E al fatto di trasmettere la gioia che c'è nel volersi bene, nel sentirsi amati da Chi lo ha fatto prima di essere concepiti.
Una parentesi su Petunia, la sorella di Lily, che si vede recapitare un Harry piccolissimo e, se pur in modo discutibile, lo protegge, lo nutre, lo cura. Certo, è piuttosto un personaggio pittoresco ed è un po' il simbolo delle mamme iperprotettive e che fanno più male che bene ai propri figli, ma mantiene fisicamente il ruolo di madre anche per Harry che, comunque, non è traumatizzato. Alla fin fine Harry è vivo anche perché la zia c'è stata, è stata presente. E si ritorna lì con il discorso: c'è stata, non l'ha abbandonato.
Quindi viva le mamme. Quelle che ci sono. Quelle che stanno. Quelle che vengono dileggiate e offese in quanto madri.
Grazie Lily.
Una parentesi su Petunia, la sorella di Lily, che si vede recapitare un Harry piccolissimo e, se pur in modo discutibile, lo protegge, lo nutre, lo cura. Certo, è piuttosto un personaggio pittoresco ed è un po' il simbolo delle mamme iperprotettive e che fanno più male che bene ai propri figli, ma mantiene fisicamente il ruolo di madre anche per Harry che, comunque, non è traumatizzato. Alla fin fine Harry è vivo anche perché la zia c'è stata, è stata presente. E si ritorna lì con il discorso: c'è stata, non l'ha abbandonato.
Quindi viva le mamme. Quelle che ci sono. Quelle che stanno. Quelle che vengono dileggiate e offese in quanto madri.
Grazie Lily.