Ho tre figlie avute in tre momenti diversissimi.
Ho tre figlie che ho amato per tre ragioni diverse.
A tutte e tre vorrei provare a scrivere qualcosa sull'amore.
Questo perchè due di queste figlie hanno cominciato ad affacciarsi all'amore, a provare amore, a desiderare amore. Ed è bellissimo sempre e comunque perchè non sono sole.
Quando si cresce si sente il desiderio di amare e si prova quell'istinto primordiale che ci porta a prenderci cura dell'altro manifestando il desiderio di custodirsi reciprocamente.
Amare è un bisogno di cura.
La prima cosa della quale vorrei parlarvi, piccole mie, è che si ama quando si vuole custodire una persona. Questa sensazione è istintiva, fa parte di noi esseri umani, ma non la possiamo svolgere verso l'altro se non siamo stati custoditi. Quando io e papà vi abbiamo cullato, quando vi abbiamo lavato, quando vi abbiamo fatto "biri biri" sulla schiena mentre ci prendevamo cura di voi piccine, noi abbiamo fatto una cosa importante. La prima è stata per noi: il contatto fisico serve al genitore ad affezionarsi al proprio piccino. E mentre il genitore gode nell'avere premure verso il proprio piccino, questi ama incondizionatamente il proprio genitore. Qull'amore assoluto che si concretizza in una fiducia enorme nella mamma e nel papà è fondamentale e, soprattutto, è - col tempo - reciproca. Vi abbiamo amato anche se ci avete svegliato per la fame, per il mal di pancia, per la paura, per il bisogno di sentirvi "accucciolate": il bello di avere un papà Neanderthal è quello di sapere di avere un papà a cui piace coccolare, abbracciare, fare i "brividini" sulla schiena. Papà ha sopperito alla mia incapacità di dare solo regole. Lui non vi ha mai fermato, io vi ho limitato. Ci siamo compensati e anche questo è amore, anche questo è amare.
Amare è avere fiducia.
Non ho mai capito cos'ha pensato vostro padre quando mi ha vista la prima volta. Probabilmente gli è balenato nel cervello che io potessi essere tutto quello che i suoi genitori non avevano progettato per lui: nessuna condanna in questo, anche io e papà ci siamo fatti un'idea di quello che riterremmo giusto per voi, ma sappiamo che tutto quello che potremmo sperare per voi è infinitamente inferiore di quello che voi pretenderete di avere. Noi ci fidiamo ciecamente di voi perchè sappiamo bene chi siete.
L'unica domanda legittima che riterremo opportuno porci, sarà: sapranno custodirsi?
Quindi una richiesta di perdonarci se ci metteremo un pochino ad accogliere la vostra persona: non è mancanza di fiducia nella vostra capacità di giudizio: è solo timore per voi.
Amare è da coraggiosi (ne scrissi anche qui).
Sì, per amare ci vuole coraggio. Ce ne vuole a chili innanzitutto per gestire la famiglia d'origine: non è mai detto che si abbia a che fare con persone serene, fiduciose, felici e piene di speranza. Quindi una delle cose da affrontare sono i fantasmi relativi al rapporto coi propri genitori: io per anni non ho avuto il coraggio di sentire l'amore di papà, tanto ero cresciuta convinta di non essere mai stata amata, per esempio: se mi comportavo in maniera accettabile ricevevo attenzioni e dimostrazioni di affetto, se invece il mio comportamento era irricevibile non potevo pretendere di essere voluta bene. Un piccolo pezzo di Pedagogia Nera che mi ha portato ad avere timore della mia autenticità. Ci vuole quindi coraggio per essere liberi, veri, per stare nella verità: farlo significa poter esprimere la propria opinione senza il timore del giudizio negativo, e - in modo diametralmente opposto - accettare ed accogliere l'opinione altrui, continuando ad amare quella persona in modo incondizionato. Dimostrandoglielo, oltrettutto.
Poi ci sono le paure per se stessi, per il proprio dolore passato, per la propria pavidità. Viviamo in una cultura che ha stravolto così tanto il concetto di amore, che nel cuore di chi cerca davvero questo grande sentimento, c'è palpabile un timore mostruoso di cadere in un vortice che rapidissimamente conduca alla fine della relazione. Essendo molti di noi figli della Pedagogia Nera, si è convinti sempre di avere a che fare con un rapporto di forza dove si vince o si perde, dove non si può mai ammettere di aver sbagliato, dove c'è un enorme contrasto continuo fatto di aspettative e di giudizio. Il dramma è sempre all'angolo, il dolore è sempre prossimo: ci vuole coraggio per liberarsi di questo peso, per rimuovere dal proprio animo tutta questa immensa povertà emotiva e di sentimento.
Avere il coraggio di amare liberandosi da se stessi e dalla propria storia personale in ciò che ha fatto soffrire, vuole dire abbracciare la responsabilità di un cammino spirituale personale e di un cammino di coppia dove si è chiamati a fare fatica, sudando, sbuffando, arrancando, piangendo per i crampi, ma potendo dirsi reciprocamente «Ce l'abbiamo fatta!».
Amare è un concetto da acquisire.
Ad amare si impara. Non è automatico, non è così istintivo, soprattutto da quando non si hanno a disposizione testimonianze di amore forte ed incondizionato, pronto ad affrontare belve e selve oscure. Questo perchè, noi lo sappiamo bene, le avversità della vita sono talmente tante che è importante tenersi vicini: un corpo solo, un'anima sola. Imparare ad amare vuole dire scegliere sempre verso il Bene, rammentando che il Bene non è contraddittorio: se la scelta di amare quella persona è stata fatta col cuore e con autenticità, con coraggio e speranza, valutando che le conseguenze delle nostre scelte non sono solo positive per noi e negative per l'altro, si sta imparando ad amare.
Amare è responsabilità.
Quindi per prima cosa ve lo diciamo: noi ci fidiamo di voi. Siete fatte da Dio in tutte le accezioni della frase e questo significa che il nostro scopo, relativamente al vostro futuro d'amore, è quello di aiuarvi a sentirvi. Fidarci di voi quando eravate piccole, nelle vostre necessità, è servito perchè voi acquisiate la dimensione di quello che siete, di quello che avete bisogno. Non è stato facile da imparare perchè si vive in un mondo fatto di regole e questo limita infinitamente il fatto che un bambino acquisica sicurezza in se stesso. Certo, le regole servono, ma per sapere come trovare il proprio spazio, per far sì che l'altro all'infuori di noi non travalichi il confine del nostro cuore e ce lo trapassi. Come giustamente scrive chi sa che i bambini sono competenti, dire dei "no" dovrebbe servire per acquisire la capacità di dire di "no" per preservare se stessi e il proprio sentire, pretendendo dal prossimo di essere visti.
Essere visti vuole dire che l'altro è motivato a conoscerci, a rispettare le nostre emozioni, le nostre sensazioni e perchè l'altro non invada il nostro spazio con se stesso. Acquisire la capacità di sentirsi, di ascoltarsi, è il primo passo verso la possibilità di sapere cosa si porta di se stesso, all'altro: se io non so chi sono, non potrò mai donarmi. Essere responsabili di se stessi e dell'altro è necessario per non temere l'amore.
Amare è riverenza (ovvero lasciare all'altro il suo spazio senza egoismi, orgoglio e concupiscenza).
Per capire tutti questi concetti sovraesposti, ci abbiamo messo anni: sapevamo entrambi che c'erano cose ereditate dai notri genitori e dalle nostre famiglie d'origine che non ci andavano bene: tuttavia non era facile focalizzarle perchè per farlo bisogna compiere un lavoro grosso su se stessi che potrebbe portare a un apparente disamore verso i propri genitori, ma non è così: è vero il contrario. Più si analizzano gli aspetti che della nostra condizione di figli ci hanno fatto soffrire, mettendoci nei panni dei nostri genitori (andando a osservare il motivo delle loro scelte), più siamo chiamati al perdonarli (per-donarli) vedendoli come semplicissime persone che probabilmente hanno sbagliato per amore. Quindi amare vuole dire anche mettere un punto nell'astio, nella critica, nella vendetta. Se noi non avessimo fatto questo e non lo stessimo ancora facendo, non saremmo in grado di dire - quando voi figlie vi lamentate di noi - che purtroppo vi siamo capitati noi come genitori, e così è. Perdonare i nostri genitori ha significato prepararci al chiedervi perdono: senza genuflessioni, senza grandi proclami, ma banalmente l'accettazione di come si è fatti. Una volta compiuto un passo verso se stessi, lo si compie verso il prossimo, specialmente chi si ama: gli si lascia spazio, gli si lascia tempo.
Amare è speranza.
Abbattere il determinismo col quale siamo cresciuti è stato doloroso. Non è stato facile acquisire il concetto di trasmettere una fede religiosa, per esempio. Certo che per me è stato fondamentale educarvi da cristiane cattoliche, ma tra il farvi dire le preghiere la sera, farvi fare i sacramenti, portarvi a Messa con noi... farvi scoprire la Fede è tutt'altra cosa. Questa la si può solo testimoniare: non vi è la disciplina "Religione Cattolica" che garantisce un fedele appassionato e devoto. Io stessa non sono assolutamente nulla di più che innamorata di Cristo e con una fatica mostruosa provo a capirci qualcosa: non potrei pretendere di insegnare un bel nulla. Tra l'altro di tutti gli anni di scout (ai miei tempi erano cattolici un po' di più di adesso), di catechismo, di omelie (anche interessanti) e di parole parole parole, io mi sono riavvicinata alla Fede perchè mi ricordavo la bella sensazione quando mio padre mi leggeva il Vangelo la sera prima di dormire. Era il momento che lo sentivo più vicino e quell'emozione di serenità me la sono ricordata quando ne ho avuto bisogno e al momento giusto (che ha deciso Lui, ovviamente). Il papà ha fatto tutti i sacramenti, tutte le cose con il dover farle, ma poi la fede l'ha cominciata a scoprire da solo andando a Medjugorje... un po' come te, Figlia G, quando hai preso baracca e burattini e sei andata in Terra Santa. La Fede è un cammino continuo che non ha regole, metodi, strade definite: potreste incontrare persone senza Fede ed essere voi a trasmettergliela, anche solo attraverso la serenità che si vive durante un'Adorazione... L'essere umano è fatto per avere Fede, è il suo sguardo verso l'alto che lo porta a ragionare, al porsi domande, alla curiositas: basta poi offrire lo sguardo pieno d'amore del sacrificio di Cristo, per rispondere alle domande del cuore.
Amare è essere in comunione.
Quando accadrà che l'amore giunga nel vostro cuore, ovvero quando il bisogno di custodirsi con qualcuno sarà forte, potrebbero capitarvi cocenti delusioni: succede, e tutto fa parte del 'bagaglio-maturazione'. Non tutte le persone crescono amate ossia libere di compiere il Bene, quindi poi non sono capaci di farlo. Per fare il passo verso la virtù dell'essere veri figli di Dio, ci vogliono piccole tappe evolutive di crescita che non è detto che tutti abbiano passato: ognuno ha i propri tempi e se non si è abituati a veder-si e sentir-si, è impossibile che si sia pronti al donar-si. Infatti prima di essere-per (la formazione di un nucleo familiare), bisogna per forza essere-con (qualcuno con cui costruire e costruirsi), ma per poter essere-con è necessario esser-ci per se stessi, ovvero conoscersi. E nella nostra cultura dell'apparenza dove talvolta i figli, per esempio, sono portati a realizzare i sogni e le aspirazioni della famiglia, non è facile progettare una maturità affettiva che vada di pari passo con lo scorrere dell'età. Io posso avere 25 anni ma avere un cuore immaturo fermo alla pubertà. Io posso avere 35 anni, ma essere impreparato al fatto concreto di donarmi, di progettare, di essere matura. Al contrario ci sono persone che a 25 anni sono capacissime di concretizzare un rapporto d'amore equilibrato, come ci sono persone in grado di farlo anche prima e chi non lo farà mai.
Amare è vedere la verità dell'altro.
Io ho un milione di difetti. Papà ha un milione di difetti. E quante volte sbuffiamo? E quante volte diciamo che l'altro è insopportabile? Ma anche quante volte, magari con fatica, ci aggrappiamo all'immagine veritiera dell'altro e l'affrontiamo ammettendo che sì, l'altro è tutti quei difetti, ma di quei difetti accettiamo la parte migliore... L'amore si racconta che sia cieco: in realtà non è così. L'amore ci vede bene e infatti permette il fatto che ci siano persone che si amano per cinquant'anni. Che quelle persone siano cieche? No: quelle persone hanno imparato a disinnescare le critiche, a smussare, ad accogliere. Quello che fa il papà quando lo faccio innervosire è banalmente ricordare bene il motivo che lo ha spinto verso di me. Medesima strada imbocco io quando mi sono trovata a superare gli ostacoli che lui stesso ha messo sul nostro cammino. Chi afferma che l'amore è cieco lo fa per evitare di ammettere che l'essere umano è orgoglioso e presuntuoso (Pedagogia Nera docet), e che in tanti momenti non ha voluto vedere la persona al suo fianco con lo sguardo della verità, ma con lo sguardo che solo l'egocentrismo può dare: si tratta di quel tipo di amore innamorato di se stesso, al quale ricorre chi vuole essere innamorato per forza senza vedere la persona amata per quello che è. In questo modo, quando poi la persona amata "si rivela" ossia quando si attualizza il pensiero che ciò che si sperava essere non è, vi è una cocente delusione. Ma non è stato l'amore a far chiudere gli occhi, sono state la concupiscenza, l'avventatezza e la pavidità.
Amare è libertà.
Figlie mie, verrà il vostro giorno. Non aspettatelo con ansia, non abbiate fretta: il tempo della solitudine non è vuoto, ma è pieno di tappe da percorrere, di angoli bui da accogliere, di anfratti da spolverare. Prendete il tempo dell'amicizia, della solidarietà, della reciprocità nel rapporto d'amicizia tra donne, che serve per creare una rete fitta pronta a supportare quei momenti di fragilità che ci sono sempre lungo l'arco di tutta la vita femminile e che conduce al nuovo femminismo declamato più volte da Flora Gualdani quando cita Giovanni Paolo II° (E.V. n°99). Desiderate il vostro futuro amato pregando per lui, per la sua salvezza e per la sua felicità.
Amare è gioia.
Ridere è fondamentale. Rimanere con tutte le caratteristiche infantili è vitale, per l'essere umano. Come ben sapete il modo migliore per crescere è quello di tenere con sé alcune caratteristiche infantili, rimanendo un po' bambini a lungo, il più lungo possibile. Questo poiché i bambini sanno mantenere la gioia, la curiosità, l'innocenza, la tolleranza e se l'adulto conserva per sé la parte positiva di tali caratteristiche, egli è pronto a collaborare, scherzare, intendersi ed essere amico. La solidarietà e la reciprocità tra individui è fonte di vita: uno sgorgare continuo di benessere che si basa sul principio che quando si fa del bene per se stessi, e quel bene è il vero Bene, gli effetti positivi di quel gesto - se pur scelto per noi - ricadono anche sugli altri. Amare con gioia significa mantenersi consapevoli che alle fatiche della vita, alla durezza della vita, all'asprezza e talvolta alla malignità della vita (ossia delle persone che vivono la vita infrangendo il vitale bisogno di "respirare" serenità). Amare è ridere, farsi il solletico e gli scherzi. Amare è ballare sotto la pioggia, cantare a scuarciagola, farsi le linguacce. Amare è sapere che quella persona non è un'ideale, ma è concreta.
Amare è fare l'amore.
C'è un'esplosione di attaccamento, connessione e di ossitocina, nell'amore fisico. Essere casti significa amarci come ci ama Nostro Signore... ma aspettate un secondo. Talvolta nel mondo cattolico si usa il termine castità per indicare l'astinenza, e lo si usa in reazione a un mondo culturalmente ipersessualizzato dove si attribuisce ad un abuso della sessualità le colpe del disfacimento della Famiglia, del Matrimonio e del significato vero dell'amore. Quest'ultimo pensiero non è sbagliato, ma non colpisce il bersaglio, andando a zigzagare confusamente quà e là attribuendo colpe a destra e sinistra. Il corpo e la sua fisiologia non sono sbagliati: che sia chiaro. Il problema grande è supporre che l'altro sia di nostra proprietà, ecco qual è il dramma. Se io uso gli altri per qualunque scopo, manipolandoli, mettendo zizzania, usandoli, posso essere in completa astinenza sessuale, ma non sono casto: ovvero abuso dell'altro, lo possiedo. La Pedagogia Nera (sempre lei) educa ai rapporti di potere, scrivevo prima, e questo significa che la sessualità è divenuta un diritto personale sull'altro andando a imporre sull'altro i propri bisogni, estremizzando il proprio sentire e il proprio volere. La castità permette quindi di vedere l'altro, conoscendolo, capendolo, "vedendolo", per quello che è, amandolo davvero nella verità.
Tale amore nella verità non alimenta, ovviamente, logiche di potere di cui è intrisa la nostra cultura: chi parla di castità - soprattutto quella prematrimoniale -, lascia presagire il "piatto succulento" del post-matrimonio ove invece si potrà liberare una sessualità senza alcuna regola, senza alcun discrimine: qui sorge il problema grosso della Pedagogia Nera, che spesso è applicata anche ai rapporti tra adulti. Se non è chiaro che la castità è segno di rispetto e di dialogo con l'altro, la logica di potere che può essere esercitata nei rapporti matrimoniali che magari hanno indentificato il binomio "castità=astinenza dal sesso" farà diventare la sessualità non una relazione meravigliosa, ma un modo per controllare il partner: l'uomo avrà sempre a disposizione la moglie, la moglie userà la sessualità per avere qualcosa in cambio... E questo è un rischio molto alto.
Fare l'amore non ha regole precise secondo dettami preordinati, perchè serve a unire la coppia per diventare un'anima sola e una carne sola nel cammino di crescita e maturazione che dura tutta la vita. Fisiologicamente l'amore di coppia è l'esplosione della sponsalità e garantisce (o tenta di farlo) che la coppia continui a stare vicina per salvaguardare i figli, la famiglia. Anche quando i figli saranno più grandi: perchè la relazione sessuale può proseguire con l'età, e diventare sempre più bello. L'amore è talmente importante, talmente gioia, talmente rifugio e talmente unione, che santifica: rovinarlo con materialismo e durezze è davvero... un peccato.
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Figlie mie, non vi ho scritto tutto quello che avrei voluto scrivervi. Non so neppure io dove aggiunegre qualcosa e dove togliere qualcos'altro: sono stanca e assonnata, per cui mi sembra già tanto che abbiate voglia di giungere fin qui, visto che faccio fatica io a tenere gli occhi aperti.
Vi auguro l'amore, quello coraggioso, quello del principe che sfida il drago per salvare la principessa e dove la principessa salva il principe dalla durezza della vita. Vi auguro il dialogo, le risate e le lacrime che possano sgorgare liberamente nel momento del dolore: nel momento del buio, oltre che augurarvi la luce, vi auguro un amore duro e forte. Un amore da favola.