venerdì 7 febbraio 2025

E se ogni figlio fosse stato unico? (Parte 1)

Chi non ha mai fatto il "gioco dei se"? Se non avessi mai tagliato i capelli, se non avessi deciso di frequentare quel bar, se... se... se... 

Nella mia storia e nella nostra storia familiare, i "se" sono una moltitudine infinita. Ogni volta che ci penso mi vengono i brividi. 

Se non fosse morta la nonna Emma, io avrei mai lasciato Milano?

Se i miei genitori non si fossero mai separati? E se mi fosse stato di maggior danno rispetto ad una separazione?

Se le mie vacanze migliori non fossero state con una famiglia numerosa? 

Se il 5 giugno del 2000 non mi fossi arrabbiata con Gesù?

Prendiamo la Figlia G, che si appresta a diventare bioeticista e, oramai fidanzatomunita, si avvia verso l'età adulta. 

Fosse rimasta figlia unica io avrei avuto un'unica esperienza di parto terribile (un cesareo fatto senza alcun crisma) e un primo periodo di adattamento genitoriale costellato di pessime decisioni, grossolani sbagli educativi, macroscopiche cantonate psicopedagogiche (alla faccia delle scuole magistrali frequentate con profitto).

Il giratempo di Hermione Granger

Con lei i miei approcci genitoriali sono stati uno sfacelo: credo di aver sbagliato tutto se non il 99% della sua infanzia: forse proprio perchè ero maestra l'unica cosa che non ho mai sbagliato sono state le attività che insieme facevamo. Con lei ho disegnato, cantato, dipinto, fatto finta di..., impersonato prinncipesse e cantato a squarciagola... cose che non ho mai più avuto l'opportunità di fare con gli altri figli. 

Certo è che non avrei fatto con lei scuola parentale perchè è stata una decisione mossa da competenze che ho maturato dopo aver fondato l'associazione Abbracciami con Barbara e Serena (la Tata): associazione che abbiamo fondato solo dopo che io sono diventata ostetrica, quindi non esisterebbe. 

Quindi lei sarebbe stata a scuola come tutti gli altri e avrebbe affrontato il liceo. Non avendo fatto scuola parentale, non avrebbe neppure frequentato il Trimoda, la scuola per sartoria qui di Viareggio e non si sarebbe neppure appassionata di disegno (aveva seguito anche il corso di modellino per disegnare abiti), quindi il dilemma Liceo Artistico sì o no, non sarebbe sorto: la maggior parte delle sue compagne delle elementari e poi medie ha frequentato il Linguistico, quindi lo avrebbe fatto anche lei (cosa che poi ha scelto comunque). Quindi non avrebbe avuto la rottura dei docenti che le facevano presente (con alcun presupposto educativo, ma solo per sfogo e manifestazione di limitatezza personali) che la scuola parentale è una sciocchezza e non avrebbe avuto la serenità di rispondere che la scuola parentale fu una scelta ponderata maturata con me. Qui avrebbe perso alcune occasioni tra cui quella di non temere il confronto con gli adulti, cosa che probabilmente avrebbe avuto visto come io ho approcciato la sua infanzia resa certamente più cruda dal fatto che io mi sarei laureata in Scienze dell'Educazione e avrei iniziato a lavorare, facendomi la mia vita.

Dovendo studiare per il mio corso di laurea non avrei mai ceduto a capire quanto occuparmi, oltre che di mia figlia, anche solo del volontariato sanitario che ha contribuito alla scelta di frequentare Ostetricia: questo avrebbe avuto un risvolto certo, ossia quello di non condividere nulla con mio marito. 

Contando che ci siamo sposati sostanzialmente perchè ero incinta e non condividendo altro che la banale vita matrimoniale piatta e abitudinaria, non sarei stata particolarmente attenta a altre ipotetiche fanciulle interessate a mio marito (nulla di meglio che un uomo sposato per vivacizzare la vita da single). Frequentando spesso l'università a Firenze avrei avuto l'opportunità di non vedere.

Non avendo partorito Lillo, non avrei mai affrontato il corso di Ostetricia che ha portato non solo a un cambio radicale del mio sguardo sulla donna, ma a concretizzare quanto le donne odino le altre donne attraverso un'assistenza alla nascita schifosa, una diseducazione sessuale demenziale e un'erotizzazione pericolosa (grazie al Cielo ci sono corsi di laurea organizzati meglio, in Italia). Se pur ostetrica (ovvero proprio perchè lo ero) sono stata certa che un preservativo frornito al momento opportuno, era l'unica cosa che avrebbe educato mia figlia a prevenire figli e malattie indesiderate: non avendo avuto il percorso pedagogico che ho poi trovato interessante solo in quanto ostetrica, mai avrei conosciuto il Progetto Pioneer di Roma che mi ha del tutto cambiato l'esistenza, lo sguardo, l'idea stessa di "educazione sessuale ed affettiva". 

Io sarei stata vittima della piattezza della vita quotidiana. Mio marito anche. Questo è certo. Anche perchè non avrei mai fatto un percorso di fede, essendo parziale e limitato il mio sguardo sul sacramento del matrimonio. A questo sguardo io ci sono arrivata con la quinta gravidanza che, ovviamente, non avrei mai avuto.

Quindi?

Quindi la Figlia G non sarebbe mai stata interessata a nulla che riguarda la fede e non starebbe facendo il percorso formativo che sta facendo, insieme al suo percorso di crescita. Avendo mantenuto i rapporti con il gruppettino di figlie di donne che avevo conosciuto quando la piccola era alla scuola materna, lei sarebbe stata una di quelle adolescenti con alta disponibilità economica (figlia unica di due genitori lavoratori di cui uno libero professionista) che l'estate folleggiano da una festa a una discoteca, conoscendo gente ricca e poco raccomandabile. 

Certo.

Avrebbe avuto più "libertà". Ovvero più possibilità di fare quello che avrebbe ritenuto opportuno, ovvero quello che era necessario perchè io facessi quello che mi pareva per me. Il che, mi si consenta, è abbastanza a metà tra un groviglio ormonale e un'immaturità neuronale piuttosto pericolosa. 

Sicuramente, essendo una famiglia di tre persone, avremmo avuto una vita molto semplice. Per nulla influenzata dalla necessità di spazio. Assolutamente non coinvolta in problemi economici relativi a gite, vacanze e sviluppo delle possibilità personali slegate dagli impegni familiari. 

Attualmente sarei la madre quarantacinquenne di una figlia ventiquattrenne probabilmente chissà da che parte del mondo e, ne sono certa, non avrei nulla da condividere con mio marito. Sempre che lo fosse ancora. Perchè, detto in confidenza, non avendo altri figli da condividere, non avrei avuto nulla che mi interessava nel vivere in una cittadina piccola come la mia. Al primo problema avrei forse ceduto a una separazione veloce per poi tornare verso il nord. O forse avrei accettato una serie di compromessi resi più semplici da una vita di agi. Certo un po' di corna, ma cosa mi dice che non mi sarei "divertita" pure io?


Di sicuro lei non sarebbe quella che è, anche grazie alle persone che ha incontrato (pure quelle negative) che l'hanno fatta crescere matura. Il non avere fratelli (io lo so bene) ti obbliga anche a pensare solo ai problemi personali, di fa diventare satellite spesso solitario. 

Certo: adesso pagherebbe oro per più di due ore di silenzio in casa, ma chi lo dice che quel rumore, quelle risate, quelle lotte, non siano qualcosa che vivacizza la vita e, in fondo, non ti fa sentire amata?