Se ne fa un gran parlare.
Spirito critico è un po' un pas-par-tout dei grandi educatori che assennatamente o meno vogliono parlare di pedagogia, ma se c'è una cosa che attualmente non c'è proprio, è l'educazione allo spirito critico.
Perchè per criticare e, soprattutto, ricevere critiche, sono necessari alcuni punti che ritengo fondamentali (chi mastica pedagogia e/o psicologia ne avrà molti altri: io sono solo una mamma).
Nel video si vede un maestro che accoglie ogni bambino (si parla di scuole elementari, dunque) come questi desidera. C'è chi vuole un abbraccio, c'è chi balla, c'è chi batte il "dieci" (utilissimo per imparare i cosiddetti "amici del 10")... possiamo immaginare che questo possa far entrare in classe i bambini magari sapendo che i loro bisogni saranno ascoltati, o forse che le loro curiosità verranno appagate, o ancora che lo studio (la voglia di studiare) si può basare sulla gioia che si prova a conoscere tante cose nuove che fanno essere il mondo gioioso.
In realtà però questo pare non andare bene. Perchè la "vita è sofferenza" e quindi i bambini - che un domani dovranno commisurarsi con le asprezze dell'esistenza umana - prima imparano a soffrire, meglio è. Quindi il maestro di cui sopra è sicuramente alcentopercento un adulto che ha uno stile genitoriale permissivo (nella dicitura coniata da Diana Baumrind) che non sa farsi rispettare. Perchè si sa che il rispetto dell'Autorità parte solo e solamente dal concetto di Normatività. Ossia: se io voglio che le regole siano rispettate, io devo essere autoritario mostrandomi ligio e pio.
La domanda è: come si fa a far acquisire delle regole? L'Autorità è così importante?
Dipende. Di quali regole si parla? Un maestro che ti accoglie con un abbraccio potrebbe far rispettare le regole, per esempio, spiegandole, giudando con gentilezza. E per gentilezza, lo dico chiaramente, io non intendo con mollezza. Lo specifico per tutti coloro che hanno smarrito il vocabolario dei sinonimi.
Un metodo educativo permissivo - lo sottolineo per dovizia di delucidazioni - mostra e concretizza un modo di relazionarsi nel quale la persona che in quel momento incarna l'Autorità, vuole la propria libertà, il proprio spazio e anche, se fosse possibile, il controllo della libertà del discente, dell'educando. Ecco che da permissivo, il rapporto diventa iperprotettivo: ovvero l'Autorità non ha assolutamente desiderio di rendere il più piccolo e giovane persona libera di crescere assumendosi le proprie responsabilità, ma cancella le difficoltà che deve affrontare, evitando accuratamente che la vita formi autonomamente la persona (vi è una parte del processo educativo che si chiama "autoeducazione" nel quale l'educando accetta di essere educato e questo è fondamentale, scrive Albert Kriekemans nel suo Trattato di Pedagogia Generale).
Il fantomatico adulto permissivo o lassista, che si trasforma in "spazzaneve" è banalmente un adulto al quale le sorti del discente non interessano. Da una parte (lassismo) se ne sbatte caldamente spacciando per libertà quella del discente stesso ma che in realtà è la propria; dall'altra c'è (spazzaneve) chi iperprotegge il discente risolvendo ogni dipo di difficoltà che costui può vivere, risolvendola velocemente perchè in tal modo il discente non dà problemi. Si tratta di meccanismi che entrambi hanno un controllo egoriferito sul discente. Importante è il benessere dell'adulto che, come diceva la Nobis, è "Primo prossimo sé medesimo".
Il timore di chi non padroneggia i diversi stili educativi sta tutto qui: il sorriso del maestro è identificato come eliminazione della norma, rimozione del problema, evitamento della maturazione del bambino. Simpatia = fragilità morale (in buona sostanza).
La paura che le giovani generazioni e quelle future peggiorino rispetto alle attuali, fa credere che frustrazioni, durezza e una dose massiccia di "no" sparpagliati sul cammino di crescita dei bambini, rassicureranno generazioni rette, sagge, temperanti. Inoltre, come se ciò non bastasse, l'Autorità si sente investita del magico potere della lezione frontale nella quale si spiegano attentamente le virtù come se fossero entità astratte...
Ma di quali "no" parliamo? Spesso tutti. In maniera insindacabile. Indipendentemente dall'età del bambino, dal temperamento del bambino, dai bisogni di tenerezza, cura, dolcezza. Inoltre il bambino deve maturare quella fede, quella cultura, quel tipo di opinione, quell'interesse particolare per il quale va stimolato e instradato. Quest'ultima premura è quella all'interno della quale il genitore e il figlio si relazionano e nella quale trovano il modo di comunicare secondo le aspettative del genitore (o dell'adulto in genere).
Nel video qui sopra non vediamo se il maestro è in grado di disapprovare alcuni atteggiamenti che trova scorretti nei suoi allievi e nulla ci vieta di pensare che se un suo allievo si comporta in maniera inadeguata, non venga redarguito. Chi pensa che il maestro sia sin troppo premuroso, sarà dell'opinione che gli allievi accolti in modo divertente, non potranno che sbranare l'insegnante se mai questi si permetterà di esercitare le sue funzioni di Autorità, ignorando che
«Il significato della parola autorità è tutto lì: si tratta di servizio, basato sulla competenza, sulla maturità e sul prestigio professionale (per quanto attiene l'insegnante e NON il genitore, ndr). Quindi qualsiasi educatore che abbia autorità (genitore o insegnante che sia) deve avere competenza, maturità e prestigio. [...] Perciò quando nella storia di un popolo si sente parlare di crisi di autorità significa semplicemente che è in crisi la competenza e lo spirito di servizio, mancando i quali conseguentemente viene meno l'aiuto che si può dare tramite l'educazione, e mancando di efficacia l'educazione, scompaiono rapidamente sia la libertà che la responsabilità. Quando viene meno la competenza e quindi la funzione di servizio, l'autorità degenera immediatamente nell'autoritarismo, che altro non è se non l'uso dell'autorità come mero potere, o meglio, come volontà di dominio sugli altri» (Giuseppe Fioravanti, Educare alla Libertà, pag. 51).
Chi pensa che sia assolutamente corretto che la scuola possa essere anche piacevole e a tratti divertente, sarà certo che il maestro sarà coccolone e incline alla giocosità: il che sospetta che faccia di lui una nonAutorità, mentre dalla citazione precedente capiamo che non è così e che il maestro è un'Autorità.
Possiamo spingerci a vedere che siamo circondati da bambini che hanno enormi difficoltà nell'accogliere le diversità altrui; che non hanno interesse a rispettare i coetanei; che trovano piuttosto comodo appoggiarsi a un gruppo dove un leader dirà loro come comportarsi; che piuttosto che rifare un letto o sparecchiare la tavola pretendono di avere uno smartphone per giocare singolarmente a videogames spesso violenti; che sono disabituati a sentire loro stessi e identificare le proprie emozioni?
Lo possiamo fare anche per gli adolescenti che giungono a 15 anni pensando che sia una cosa normale insultare sui social; giocare con la vita altrui; rimuovere qualunque ostacolo al proprio benessere (financo a sopprimere chi è di disturbo, ovviamente: le varie pilloline del giorno dopo sono manna dal cielo per i 17enni che non hanno un controllo nei confronti delle loro libere eiaculazioni)?
E, per ultimo, possiamo pensare che ci siano persone che sapendo quant'è importante che un bambino si senta amato e apprezzato, provano a rendere interessante anche un momento di apprendimento?
In realtà no, non è facile: comprendere come l'educazione morale sia concretamente trasmissibile con un lavoro continuo reale sul mondo attuale, non è di facile accettazione. Non lo è poichè se da una parte abbiamo l'Autorità che se ne sbatte, dall'altra c'è un'Autorità che - usando inconsciamente alcuni tratti descritte dalla teoria del Disimpegno Morale di Albert Bandura - autogiustifica la propria durezza per un fine Alto. Ecco quindi le follie gender e le dittature politicamente corrette il cui filo rosso è l'assoluta ignoranza di quali siano i principi educativi (anche solo quelli del caro e vecchio "esempio"). La moltiplicazione dei vari corsi per prevenire il bullismo o istruzione all'uso di anticoncezionali, implicano un concetto unico: gli allievi e gli studenti sono un mezzo politico. Non sono il fine, ma sono solo strumento. Di solito, così mi ha raccontato Lannina (che ha appena ricevuto la visita di una collega ostetrica a scuola), la percezione che si ha dopo le lezioni sulla sessualità (Lannina stessa ha riconsosciuto che sul tema affettivo la collega era abbastanza preparata) è quella di essere bestie in calore, trattate come prive di raziocinio, di capacità di capire. E cosa possono capire queste giovani generazioni se viene detto loro che possono tirar giù farmaci antinidatori o, peggio, controgestativi, come fossero Zigulì, se pure gli adulti fanno sempre quello che pare loro sfacendo famiglie per un'erezione o mettendo al mondo figli che tanto non saranno mai amati?
Allora è chiaro, forse, a questo punto, che la lotta contro le schifezze del gender non serve a nulla se la famiglia non acquisisce un modo AUTOREVOLE di rapportarsi, "ingaggiando" coi figli un rapporto di ascolto reciproco, fatto di stima, dialogo e spirito critico. Eh già: quello che i duri-e-puri dell'educazione non tollerano. I giovani non possono criticare i più vecchi ed è lì, in quel momento, che si vede quanto il vecchio è autorevole o invece è autoritario/permissivo. Perchè entrambi questi stili educativi non tollerano le critiche, gli spunti, il dialogo. E lo vediamo quotidianamente con le critiche che un giovane può muovere verso gli sbandieratori del politicamente corretto o dei diritti civili: non è tollerabile, per costoro, ricevere ammonimenti di chi è più giovane, parimenti per chi è autoritarista.
Cigols è tornato a casa dicendo che aveva intrattenuto una discussione con una docente il cui argomento era l'aborto. Da una parte accolgo festosamente l'esistenza di docenti capaci di portare le proprie istanze con garbo, dall'altra devo complimentarmi con Cigols che si è fatto un'idea personale (ovviamente venuta dalla cultura che si respira in casa: un domani si farà idee anche provenienti da altre fonti) e l'ha esposta con cortesia alla docente. La medesima ha riconosciuto pubblicamente in classe il fatto che Cigols abbia saputo come comportarsi.
Perchè è riuscito a farlo? Perchè Cigols può parlare. Le sue emozioni hanno diritto di residenza, le sue opinioni, talvolta taglienti e diverse dalle mie, le può esprimere. Perchè io non sono l'Autorità che detta le norme, ma sono una mamma che lo ama e vuole la sua libertà. Il fatto che sia stato con me appiccicato per anni (POV: è stato al nido), abbia dormito avvinghiato a me quanto ne aveva bisogno (POV: è 8 anni che dorme fuori dal lettone di cui 2 in camera sua), sia stato creduto quando era sofferente (POV: se pur con errori enormi da parte mia), abbia ricevuto motivazioni quando gli era negato qualcosa (POV: i "no" li dico eccome), magari c'entra con la sua capacità di rispettare l'altro?
Perchè io desidero la sua libertà? È molto semplice: perchè io ho scelto di educare, non di ammaestrare. Io voglio dei figli liberi e questo perchè:
«L'obiettivo fondamentale dell'educazione è quello di mettere la persona in grado di essere autonoma, di poter compiere da sé le scelte che nella vita saranno necessarie, e, soprattutto, di procurarsi gli elementi occorrenti per poter prendere decisioni libere. Per raggiungere tale obiettivo occorre che la persona riceva un aiuto, proporzionale allo sua età ed alle sue caratteristiche personali; questo aiuto però può non servire a nulla, o essere addirittura dannoso, se non rispetta i diritti connessi con lo dignitò umana, il che si verifica nel caso che sia imposto, senza l'accettazione libera e la partecipazione attiva della persona a cui esso è rivolto. Perciò educare significa essenzialmente educare alla libertà, cioè avere costantemente come obiettivo la libertà della persona che viene educato e finalizzare ogni intervento in questo senso. È bene però conservare tutta l'espressione 'educare alla libertà' perché in tal modo viene ricordata sia l'azione che l'obiettivo, ed avere obiettivi precisi da raggiungere, facilita di molto il compito, perché si evita il rischio di non essere concreti» (Giuseppe Fioravanti, Educare alla Libertà, pag. 4).
La possibilità che ai giovani scivolino addosso le immense demenzialità (e sono gentile) delle varie teorie gender, dell'abortismo (ovvero il disprezzo verso la donna e la sua potenza creatrice), del transgenderismo e tutta la compagnia cantante, sono nelle mani dei genitori e rimarranno tali finché ci saranno genitori AUTOREVOLI.