Io mi domando come si faccia.
Mi chiedo come sia umanamente possibile desiderare un figlio.
No, non ne senso del sognare la maternità, ma nel senso della bramosia del mettere al mondo o, peggio, del far mettere al mondo per poi procurarselo, un essere umano (parlo pure dei gameti, eh). Un conto è il desiderio di poter dare una famiglia a un piccino che non ce l'ha, ben altro è il fare di tutto per pretendere il concepimento e la nascita di una creatura che venga a colmare il proprio immaginario identitario.
Me lo sono chiesta spesso quando ho constatato il dolore di amiche che hanno realmente fatto di tutto per cercare un figlio: persino volare in altri Paesi. Non che questo io non lo accetti, ovviamente. Tutt'altro: il dolore di chi vorrebbe poter dare la vita ma non ce la fa per problemi oggettivi e personali, è comprensibilissimo. Quello che non capisco - che avviene anche in famiglie dove non ci sono problemi di fertilità - è l'investire tutto su un figlio, su quella che è una persona, un essere umano.
Persona che avrà gusti, temperamento, sogni, dubbi, paure, desideri che il genitore non potrà mai ottemperare né potrà mai capire. Perchè un figlio è, nel modo più assoluto, qualcuno che è altro-da-me.
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"Ho fatto il meglio che ho potuto" |
Allevati meglio: che ridere. Li vedo quelli allevati meglio che se va bene sono gente in carriera o iperdepressa che il massimo divertimento che ha è quello di offendere sui social o stare lì a scrollare instagram cercando i pezzi musicali degli anni Ottanta. Li vedo quelli che sbattono le considerazioni sui giovani che devono svegliarsi, devono essere liberi, devono avere 'spirito critico', ma poi appena lo Stato ha obbligato a sottoporsi a cure sperimentali, hanno goduto in quella obbligatorietà affibbiando cattiverie addosso a chi pretendeva l'habeas corpus (tranne poi giudicare autodeterminazione la soppressione di innocenti dentro e fuori il grembo materno) o sono quei docenti sinistroidi che non hanno la capacità di accogliere uno studente che ha 'spirito critico' condannandolo coi mezzuci dispotici come la sospensione scolastica. Li vedo, intrisi di ideologia e fanatismi di ogni genere, tormentarsi perchè Amazon Prime ha messo alcuni film a pagamento.
Allora io mi chiedo come si possa pensare che i figli siano un diritto. Diritto di cosa? Di trasmettere di generazione in generazione psicosi ossessive? Di tramandare ideologie e certezze pedago-distruttive? Diritto a fare cosa? Manipolare per far diventare il figlio tanto voluto qualcosa che realizzi i genitori? Oppure un figlio da usare quando tra i genitori sarà finita e inizieranno le lotte intestine?
Senso di colpa. Adesso tutti a tentare di cancellare il senso di colpa, ma spesso quella vocina insistente dentro di noi, è la voce della verità. Quando un figlio mi urla contro enormità dolorose persino da ascoltare, la colpa c'è ed è evidente.
No, non pensiate né che i miei figli siano giovani devoti, né che siano sempre d'accordo con me: lo specifico perchè da quando ho un blog, le mamme mi rivolgono richieste di sostegno, aiuto, consiglio, ma forse non è loro chiaro il fatto che io sono veramente una disgraziata. Il poco che posso fare è ascoltarle e sono migliaia le volte che ho ascoltato i loro errori e ho pensato quanto inferiore sia il peso specifico del loro errore rispetto al mio.
Lacrime infinite scorrono per ore sul mio volto e la mia richiesta di perdono nei confronti dei miei figli è una litania che terminerà quando Iddio mi chiamerà a sé. Sempre se non mi lascerà eoni nel Purgatorio. Perchè il dolore che io ho inflitto ai miei figli nonostante il fatto che io sto ore sui libri, ore ad ascoltare professionisti, ore a discutere con le amiche, ore a pensare come essere un po' meglio del giorno prima, è illimitato.
L'ultima volta che mi è capitato, ho veramente pensato dentro di me, che se quel figlio che stava urlando tutto il suo disprezzo lo potevo accogliere tacendo, è perchè quel figlio non è MIO figlio. Quel figlio non l'ho bramato, cercato, atteso, partorito, allattato, cullato, educato, allevato per me e per realizzare me, ma essendo una persona che mi è stata affidata e che mi sono trovata nel ventre in modo "casuale", non ho nessuna potestà su di lui. Se mio figlio, che amo più della mia stessa vita, può "permettersi" (come direbbero i bigotti sempre impauriti di perdere punti gerarchici) di urlare tutta la sua delusione verso di me, verso sua madre, verso chi l'ha generato, è solo perchè quel figlio è altro-da-me. Non è stato anelato per soddisfare il mio desiderio di maternità, non è stato partorito e allattato e coccolato per dimostrare che sono una brava madre: è una persona-altra.
La mia colpa assoluta c'è, è concreta, è palpabile e sono addolorata in modo mostruoso se ho sbagliato, ma l'unica cosa che mi tiene ancorata alla realtà è che ogni persona meravigliosa che si è nutrita del mio sangue per nove mesi e del mio latte per anni, l'ho attesa guardando con estrema sorpresa e rispetto quel minuscolo embrioncino di pochi millimetri attaccato nel mio utero.
Sono i figli che vanno ringraziati si ogni istante se, una volta passata l'adolescenza, continueranno a guardare i genitori per lo meno con occhi di accettazione e non di disprezzo. Sono i figli che possono sentirsi in diritto di richiedere una guida solo quando hanno valutato che del genitore ci si può fidare e che il genitore non è un cretino. E fanno talvolta proprio bene a fare così, a temporeggiare, a valutare se sia il caso o meno di onorare quell'idiota patentato che sì ha nutrito, sì ha fornito cibo-abiti-giocattoli, sì ha pagato scuole, sì ha portato a destra e sinistra per sport o altro, ma per il resto cos'ha fatto?
E tra l'altro la parentesi sport è ampia ma la riassumerò: se pur un ottimo diversivo, lo sport - come tutti i passatempi extrascolastici inclusi quelli religiosi - serve ai genitori o serve ai figli?
Cos'ha concluso il genitore? Ecco: guardando le generazioni passate mi pare che sia una benedizione anche solo il fatto che alcuni figli abbiano avuto il cuore di continuare a occuparsi dei genitori anziani, anche solo per senso del dovere.
Allora eccomi, figlio mio: con tutto il mio amore sbagliato, con tutti i miei errori enormi, con tutto l'odio che hai vomitato verso di me, l'unica cosa che posso dirti, sussurrandotela, è TI AMO. Non ti meritavo, figlio mio, non sono nulla di fronte alla tua persona se non una madre che ti ha amato e ti amerà sempre. Ecco, figlio mio, l'unica cosa che ti voglio dire adesso, mentre le mie lacrime sgorgano del tutto indipendentemente dalla mia volontà, è che con te: «Ho fatto il meglio che ho potuto».
*Attenzione: quando scrivo musi lunghi e rinfacciamenti non mi riferisco a quei momenti di scazzo per un capriccio non ascoltato al quale io rispondo serenamente 'no', ma sono quei momenti di dolore infinito che un figlio e un genitore debbono poter avere.