«Basta Cigols! Da' il buon esempio ai tuoi fratelli!!» e laddove c'è lui, potremmo dire chiunque dei miei figli. Lannina, quando deve badare ai fratelli, impartisce ordini come un generale (chissà da chi ha preso), mentre Lillo, quando deve occuparsi dei più piccoli ha acquisito una modalità autorevole che ammiro.
Io, col mio linguaggio da scaricatrice di porto, non sono un esempio da 'medaglia al valore mammesco' e dovrei mettermi parecchio in discussione. Abbiamo presente Mamma Pig quando, tenendo in grembo Peppa e George che battono le mani a caso sulla tastiera del computer, riprende entrambi con tono equilibrato e perentorio, dando origine a un richiamo colmo di dolcezza e morbidezza? Ecco, io mancopeggnente. Se un figlio si avvicina al mio pc, io riesco a produrre suoni gutturali e a sputare fuoco. Senza parlare, come accennavo prima, del mio linguaggio. Le mie amiche lo sanno, il mio papà mi sgrida, il mio confessore si nasconde il viso tra le mani, il mio psichiatra ride come un matto... Infatti, core de mamma, anche la Figlia G pare una scaricatrice di porto. O meglio: lei carica e io scarico. Vabbé, sottigliezze. Tuttavia non posso far a meno di pensare al fatto che ci siamo dimenticati - tra un aperitivo e un esperto in talk show serali - che il primo passo verso l'educazione, è l'esempio.
Ricordo come se fosse ora le prime ore di Pedagogia alla Scuola Magistrale: la Prof, una suora giovane e molto simpatica, ci dette la prima infarinatura di cosa serve per educare. Quello che lei ci spiegò verteva tutto su un concetto: i bambini assorbono tutto. Quindi educare significa prima di tutto essere educatori, non fare gli educatori.
Tempo fa mi scontrai con un padre: lui era dell'opinione che il mondo degli adulti e quello dei bambini siano scollegati e che il ruolo genitoriale sia un abito che l'adulto indossa solo quando è sua intenzione farlo. Nello specifico si riferiva al fatto che la moglie non gli avesse mai dato l'investitura a ruolo educativo per i figli e si lamentava di questo ritenendo che i figli non lo rispettassero e non gli obbedissero, per colpa del mancato intervento della moglie a suo favore. Quello che provai a spiegare a costui riguardava il fatto che per educare non serve alcuna investitura: se fosse così, io potrei tranquillamente essere in attesa del "libretto d'istruzioni della madre perfetta stile Mary Poppins", mentre i miei figli se ne starebbero lì a devastare casa. Invece i miei figli devastano casa, ma - in perfetto stile assolutamente non Mary Poppins - hanno un adulto spettinato e grottescamente abbigliato che ulula minacce invereconde e assurde circa l'uso dei sacchi dell'immondizia usati come "ripostiglio" per i giochi abbandonati qua e là. Questo sta a significare che quando uno dei miei figli supera il confine della bambinosità caciarona e inizia ad aver bisogno a sua volta di avere un tantinello più d'ordine, ovvero quando comincia a muovere i passi verso la pubertà, emette le medesime minacce in Sagramoso's Style della sottoscritta, all'indirizzo dei fratelli minori che sono ancora pieni di bambinosità caciarona. Non è che io, dopo aver constatato l'assoluta impercorribilità del corridoio a causa di cartacce, mattoncini lego, macchinine, pennarelli senza cappuccio eccetera, mi sono guardata allo specchio e, indossato il grembiule da massaia ideale, mi sono atteggiata da "madre" e sono intervenuta precedendo il mio sproloquio contro il disordine con un discorso del tipo: «Adesso vi parlerò da genitore con lo scopo di educarvi». No. Sono giunta nel corridoio con la scopa e la paletta, ho raccolto urlando
stile scimmia tutto quello che ho trovato e ho attuato il piano "mamma assolutamente incapace di usare la comunicazione non-violenta". Di fatto, ovviamente, i figli hanno imparato che, dopo alcuni avvisi moderati e con toni di voce gentili, dalle minacce si passa ai fatti emettendo suoni draghesci infarciti di "...erd...!", "...ncu..." eccetera.
Questo sta a significare che:
- Il genitore che fa battute a sfondo sessuale non ha bisogno di cercare di farle a mezza bocca ridacchiando seminascostamente stile scuola superiore: i figli hanno già imparato da tempo a farle, anche se poi il medesimo si traveste da genitore studiato e fa frequentare ai figli i corsi progettati apposta per prevenire la violenza di genere.
- Il genitore che abbandona la famiglia non ha necessità di illustrare che nel mondo del lavoro ci vuole integrità morale e onestà: i figli hanno già acquisito l'informazione riguardante il fatto che di fronte alle difficoltà si abbandonano gli impegni presi.
- Al genitore che guarda pornografia non occorre installare le app che vietano ai figli di viaggiare su internet incappando in schifezze: i figli hanno già acquisito i trucchi per ovviare alle funzioni delle app medesime o hanno accordi con gli amici.
- Il genitore che fa discorsi d'odio (uh che bello usare un po' di terminologia moderna) verso chiunque non la pensa come lui, non si deve preoccupare di far frequentare ai figli i corsi extracurricolari contro il bullismo e le intolleranze e il razzismo: i suoi figli sanno già esprimere tutto il loro disprezzo per il compagno diverso rispetto a tutto quello che mamma e papà, gli amici, i social e tutto il resto gli hanno insegnato essere da discriminare.
Quando alle Scuole e gli Istituti Magistrali (adesso battezzati Licei delle Scienze Umane) davano a noi studentesse (i maschi erano spesso pochi e super gettonati, ma io non ho mai avuto la fortuna di averne mezzo in classe) i compiti di "tirocinio", il dramma era quello di sapere che saremmo entrati in una classe di scuole materne o elementari e avremmo dovuto educare e istruire i bambini. Sull'istruzione le indicazioni delle proff di Pedagogia erano chiare: si progetta l'unità didattica (lavoretto di Natale o gli appennini della penisola italiana, a seconda dell'età), si fanno cartelloni (al diavolo youtube, la lim, e la tecnologia: noi andavamo giù di pennarelli, forbici e vinavil) e ci si recava a proporre la materia. In seguito si facevano lavorare da soli i bimbi intervenendo nelle difficoltà dei singoli e si faceva un momento di "verifica" al termine della lezione (un approccio scolastico base, direi). Quello che faceva tremare le gambe era sapere che la prof di Pedagogia e l'insegnante della classe ci avrebbero giudicato non tanto sull'unità didattica in sé, ma sull' "Atteggiamento Educativo". Eravamo tutte in tensione per questo anche perché in coppia ci si trovava sempre assieme alla compagna con la quale avremmo volentieri fatto un match di lotta libera, ma non una floreale lezione sulle decorazioni pasquali. Questo significava imparare a ingoiare il rospo delle battutine che la compagna str antipatica ci rivolgeva a mezza bocca e sorridendo ai bambini, cercando di non educare - per l'appunto - allo scazzo assoluto. Se andava male si usciva dall'aula dei bambini con cinque o sei pastiglie gessose di Maalox a impastarci la bocca, se andava bene si era soddisfatti dello sforzo per educare i bambini ad andare d'accordo E, soprattutto, a farlo in modo educato.
In diverse circostanze mi è stato chiesto - dato che mi lamento sempre - cosa bisognerebbe organizzare, a mio avviso, per fornire ai ragazzi degli spunti per crescere e maturare, a partire dal primo anno di scuola superiore di qualsiasi tipo. Ecco, io personalmente credo che per far del bene ai ragazzi bisognerebbe far sì che si occupassero dei più piccoli.
Però faccio un passo indietro, debbo prima spiegare il perché di questa mia posizione.
Perché i grandi dovrebbero occuparsi dei più piccoli? Perché attualmente io vedo bambini ed adolescenti allevati da adulti esterni alla famiglia (con il beneplacito della famiglia d'origine) o da genitori presenti fisicamente ma assenti mentalmente ("assente" sta per 'incapace di comprendere la bellezza della propria funzione educativa'). La nostra grandissima e progressivissima cultura, ha ridotto ogni adulto a cannibalizzare i propri figli parimenti a tante copie del Conte Ugolino che, per sopravvivere, si nutre del suo stesso futuro (come ben spiega
Alessandro d'Avenia). Il mondo adulto, impaurito dall'idea che invecchiare sia brutto (chi invecchia si ammala e muore, che fa schifo, bleah, meglio una sana e dignitosa eutanasia grazie infinite), cercando di annaspare in un giovanilismo esasperato ed esasperante, persevera nel comportarsi sempre in modo tale che - per lo meno apparentemente - possa essere definito "ragazzo". Per compiere tale scempio, però, ha bisogno di evitare chirurgicamente di essere soppiantato da una generazione successiva che obblighi a maturare, a crescere... a invecchiare. Quindi sopprime, prima o abbondantemente dopo la nascita, i suoi figli, mantenendoli suoi pari - se va bene - oppure intrappolandoli in barattolini di latta da aprire e sfruttare al momento (il famoso "diritto" a diventare genitore): qundo non servono più si buttano fuori di casa facendo correre loro dietro all'ultimo modello di cellulare e pretendendo che la società ottemperi agli errorucci dei piccoli piccini piccini che debbono godersi la vita così i genitori possono godersi la vita.
Un piccolo esempio: se una studentessa di scuola superiore si accorge di essere incinta quando ha superato abbondantemente il terzo mese di gravidanza, la questione è: la 'di lei madre e il di lei padre', dove si trovano? Poi uno indaga e scopre che 'i di lei genitori' sono molto occupati e allora tutto è più chiaro. Siamo passati dal condannare i patriarcalissimi padri che controllavano l'ora in cui figlie e figli ritornavano la sera osservando la prole e sgridando dei cinque minuti di ritardo, all'accettare - con la complicità di vari operatori (soprattutto sanitari) e politici (quelli che fanno passare la pillola dei 5 giorni dopo come la vitamina C) - che i figli e figlie possano fare quello che pare loro, tanto c'è la cimosa che cancella tutto quello che di male può accadere (pillole, pillolette, eccetera). Oltretutto le cimose che possono essere passate sugli errori dei figli, sono le medesime che i genitori passano sulla loro vita. Se, infatti, osserviamo bene la situazione, non vi è una generazione di genitori che educa e una generazione di figli che apprende in una relazione verticale, ma c'è una marmaglia volgare e adultescente che si veste, si atteggia, si affronta nel medesimo modo (di solito via whatzapp o tramite tic-toc). E quando poi succedono situazioni come quella descritta sopra - mi riferisco alla ragazzina gravida e allo scomparso ingravidatore - OOOOOOPS! Ma com'è potuto accadere? Peccato oramai è tardi per abortire... Sì perché è lì la cosa, è lì che serve una bella passata di cimosa: tanto che vuoi che sia?
Prendersi cura del più piccolo, del più indifeso, mette di fronte a un modo solo adulto di comportarsi, perché si sarebbe obbligati a vedere, attraverso gli atteggiamenti del piccolo, gli errori compiuti ma anche le infinite potenzialità dell'adulto.
Nulla di drammatico nella mia proposta, quindi, ma per me sarebbe necessario che più uno studente è grande, più debba occuparsi del più piccolo: terminando le scuole superiori, gli studenti dovrebbero aver frequentato per lo meno le scuole materne (per tanti io catapulterei all'asilo nido, specialmente per le ragazze) dove in un anno dovrebbero aver imparato a giocare con i bambini di 3, 4 e 5 anni, con la supervisione delle insegnanti. Saper giocare coi bambini educa all'ordine, all'ascoltare i bisogni dei piccoli, all'empatia, alla pulizia, ma soprattutto aiuta a imparare cosa sono i bambini e come bisogna rapportarcisi. Se i fratelli maggiori delle famiglie numerose sanno rapportarsi coi più piccoli o perché lo sanno fare istintivamente, o per necessità, significa che possono farlo tutti gli altri. Per quanto attiene le scuole medie, ogni ragazzino dovrebbe avere un bambino delle elementari da seguire, per esempio, nei compiti. S'impara aiutando gli altri a studiare, quindi il vantaggio sarebbe molteplice. Invece di fare ore di Educazione Civica, che altro non è che l'Agenda 2030 (quindi meno emissioni umane di
CO₂ per tutti ovvero
aborto ed
eutanasia come se piovesse), è necessario ricominciare ad abituare i giovani ai bambini (tutti). Questa potrebbe essere la chiave. Questo un modo per far comprendere ai grandi quanto sia importante la loro funzione, per far riconquistare a chi possiede un ruolo educativo quanta importanza riveste la propria persona, quanto sia prezioso il suo esserci, il suo impegnarsi.
Potrebbero iniziare le scuole parentali, per esempio: quelle che sono più libere di organizzarsi, di trovare escamotage per fare un po' quello che vogliono.
Detto questo, adesso provo a imparare a dire meno parolacce. Prometto.