Dopo l’ennesima domanda “Signora, ma sono tutti Suoi?” e “Ma non
avete la televisione?”, ho deciso di redigere un modestissimo elenco di
tutti quegli aspetti che rendono l’avere più di un figlio (possibilmente
almeno tre ed oltre) un aspetto che facilita la vita del genitore e
dell’intera famiglia.
1) Iniziando dalla foggia più esterna e ‘primordiale’, parliamo
dell’attesa. Quando si vive la prima gravidanza, si affrontano spesso
situazioni difficili e l’adattamento ai cambiamenti è spesso una corsa a
ostacoli tra i suggerimenti del cosiddetto ‘esercito dei consigliatori’
(dalla suocera, all’amica, sino al lattaio, se non il postino o la
cuoca della rosticceria), i velati pareri di giornali appositi che di
solito dicono tutto e il contrario di tutto contraddicendosi a vicenda, i
pareri delle ‘amiche’ sui social network (che sarebbero da
evitare come lo zabaione con il saccarosio e le uova del contadino: chi
ha avuto una gravidanza recente ne conosce il motivo) e gli ammonimenti
del ginecologo scelto.
Quando una donna è al primo figlio sente spesso
la necessità di chiudere la propria mente in una bolla vuota ed è
comprensibile se i presupposti sono questi. Se poi ci aggiungiamo
l’insegnante di yoga che aborra gli analgesici, l’ostetrica naturalista
che disapprova tutto ciò che indica il ginecologo, la commessa ventenne
del negozio per neonati che ti fa inserire nella lista di nascita anche
il girello (che poi non si dovrebbe usare), la pediatra del corso
pre-parto che disapprova l’allattamento perchè rovina le poppe (chissà a
cosa servono quelle due sporgenze morbidose che abbiamo sul torace…) e
la psicologa che sconsiglia al marito di guardare la vagina della
propria moglie durante il parto altrimenti dopo la libido calerà per
sempre e il matrimonio andrà in frantumi… bhe, purtroppo non c’è che da
compiere uno slalom gigante per arrivare quasi a desideare il parto nel
più breve tempo possibile. Che poi in effetti è così e, scattate le 40
settimane, molte donne agognano una bottiglia di Syntocinon (ossitocina
sintetica) quanto un alcolizzato ne brama una di bourbon. Ecco
che, dalla seconda gravidanza in poi (sperando che la prima sia andata
decentemente), molto sfuma. I consigliatori smorzano i consigli perchè
capiscono che hanno meno appiglio, molte opinioniste dei gruppi di
Facebook si scopre che non hanno altro da fare che stare al cellulare, i
giornali non si comprano più e al ginecologo spesso ‘si da del lungo’
quando vorrebbe fare il dr Kildare (tanto è utile ripeterlo: dopo un
cesareo si può partorire, se si ha un podalico si può evitare il cesareo
col rivolgimento e molto altro). Lo yoga non lo si frequenta perchè si
altro/altri bambini, l’ostetrica che si sceglie è una tipa pratica che
aggiunge solo qualche consiglio all’esperienza che abbiamo già, al
pre-parto non ci si va o se ci si va si dice alla pediatra che avrebbe
dovuto fare un altro mestiere e alla psicologa si consiglia di partorire
due o tre volte, così almeno sa di cosa parla. Al parto ci si arriva
più serene, sapendo che nessun bambino ha compiuto il 18° nell’utero e
che poi la pancia mancherà.
2) Capitolo nascita. I primi parti possono essere terrificanti. Sarà
che purtroppo le donne si fanno un’idea della nascita distorta anche a
causa del fatto che tantissime donne crescono in nuclei familiari o
gruppi di amicizie dove non ci sono attese e neonati, sarà perchè la
socializzazione vera (quindi non quella che si ‘condivide’ sui social,
ma quella del vicinato, per esempio) sussiste solo in campagna o in
piccole frazioni o ristretti gruppi etnici, quando una primipara si
trova face to face con la sala parto, le aspettative crollano, la
‘favola rosa’ da film (rottura delle acque, contrazioni, prime spinte,
parto: il tutto in massimo 10 minuti) va a farsi benedire, la durezza di
alcuni operatori – spesso in burnout (non è una scusa né
un’attenuante, ma un dato di fatto) – , rendono l’arrivo del proprio
primo figlio uno dei ricordi più dolorosi che la donna possa avere. Con
l’arrivo del secondo, terzo figlio, il tutto sembra mitigarsi (grazie al
Cielo sono tantissime le donne che pur avendo sofferto come non mai, si
‘ributtano’ nell’esperienza nascita nel più breve tempo possibile): la
donna è più informata, le aspettative meno rosee e più tecniche, le
chiacchiere da social classificate come tali e, che sia la
vagina, che sia la pancia (a volte, ma son davvero poche, i cesarei
vanno ripetuti), ogni distretto anatomico ripercorre sempre più
rapidamente e con risolutezza, le tappe che deve compiere per far
nascere il pargoletto.
3) L’arrivo del pupo. Gli allattamenti materni n°1 di solito durano
poco, fanno male (ragadi, mastiti ed altre piacevolezze) e danno la
medesima soddisfazione di un prelievo arterioso effettuato da un
tirocinante al primo anno. Le colichette, i singhiozzi, il colore delle
cacche, la caduta del moncone ombelicale, le tutine sempre troppo
pesanti o troppo leggere, il pannolino lavabile o quello usa e getta (se
non il non uso del pannolino), il peso che non è mai quello che
vorrebbe il pediatra, l’ordine della casa che non è mai quello che
vorrebbe la suocera, i pranzi e le cene che non sono mai alle 13 o alle
20, l’ arrivo di ogni dente che è preceduto da 13 ore di sbavature, 3
scariche di diarrea, 2 collanine di ambra… le mamme arrivano spesso al
compimento del sesto mese con l’introduzione delle prime pappe, che si
sentono molto vicine ad un mix tra Jack lo Squartatore e la Signorina
Rottermeier, se non sono quelle che vivono di giochi montessoriani e
letture steieneriane (tutte le mamme sono un mix di tutte le
caratteristiche precedenti): quando sei al secondo o terzo figlio (lo
ripetiamo: e oltre, si uspica sempre) le poppe funzionano da sole e
sembra che il fantolino sappia esattamente cosa fare (anche le ragadi e
le mastiti si superano alla velocità del fulmine), si è imparato a
mettere il neonato in fascia e le coliche paiono non esistere (in realtà
ci sono, ma non ci fanno andare nel panico), il singhiozzo non lo
sentiamo, la cacca è semplicemente ‘cacca di neonato’, il moncone lo si
butta via nel pannolino senza farci caso, le tute sono quelle dei
fratelli, i pannolini sono già stati usati (se sono lavabili), il peso
non lo si misura e il pediatra è quello che è (un patologo che cura
bronchiti e raffreddori, non un ‘giudice-delle-capacità-matern e-a-seconda-del-peso-del-neona to’),
la suocera è occupata con gli altri nipoti, i pranzi sono sempre
abbastanza in orario perchè si impara ad allattare mentre si mangia, ci
si accorge dei denti quando ci viene morso un dito intingolato nel sugo e
ciucciato, e non esistono pappe, ma il bambino passa direttamente ai
fischiotti col sugo infilandoci il ditino e spesso lo si vede procurarsi
il nutrimento da solo arraffando dal piatto del fratello. Le mamme
Rottermeier/Lo Squartatore hanno imparato che un bambino fino ai 2 anni
non mangia sempre a tavola ma scende spesso per giocare o mangia in
braccio al papà, quelle Montessori/Steiner apprezzano qualsiasi tipo di
gioco, non solo quelli di legno, perchè tanto il piccino vuol fare ogni
tipo di attività che fanno i fratelli.
4) Con il primo figlio i libri sul sonno infantile troneggiano sul
comodino: ‘fare la nanna’, ‘fare la nanna e insegnare poesie del
Pascoli’, ‘fare la nanna tutta la notte è da bambini sani’ eccetera… Che
un neonato si svegli la notte per un certo numero di volte sino ai 3/4
anni e che il sonno di un bambino possa essere similabile a quello di un
adulto solo al 7° anno (come, non lo sapevate? Speravate in quei
bambini che vanno a letto alle 21 e si destano alle 7 senza muovere un
muscolo?!!), pare un’informazione strana. I testi sui metodi parlano di
lasciar piangere il neonato per insegnargli a dormire: mai più grande fu
la boiata svenduta come verità. E’ come se io cucinassi tutti i giorni
passato di verdura e ve lo dessi da mangiare tutti i giorni per
insegnarvi ad apprezzare il sapore delle verdure: alzi la mano chi non
si scofanerebbe una tagliata di manzo con rucola e parmigiano
immediatamente. Poi ci sono le teorie del ‘dormire insieme fa diventare i
bambini viziati’ (infatti quando non c’era il riscaldamento e tutti i
bambini dormivano sulla stessa materassa, erano tutti bambini con Ipod e
zainetti firmati), ‘se lo tieni in braccio non imparerà più
l’autonomia’ (certo, a 12 mesi un bambino possiede la patente e va da
solo a far la spesa), ‘se dorme con voi, la coppia ne risentirà’ (idem
come sopra: quando si stava tutti in una stanza, i genitori non avevano
inibizioni particolari e ogni due anni circa nasceva un bambino) e tutte
le varie opnioni propinate di solito da chi non ha titoli o chi trae le
proprie informazioni da testi senza bibliografia né citazioni di studi
scientifici di alcun genere.
All’alba del terzo figlio, quando sei rimasta incinta mentre il
secondo russa nel lettino appiccicato al lettone, sai perfettamente che
fino ai 3 anni un bambino si sveglia dalle 2 alle 8 volte per notte e se
te lo metti nel letto con te si fa tutti prima perchè tanto poi nel suo
letto andrà tranquillamente e a 15 anni tu sarai l’ultima persona con
la quale vorrà dormire, sai anche che i libercoli sul sonno sono redatti
da frustrati senza figli, parimenti al fatto che per farvi apprezzare
la verdura basta metterla in tavola e mangiarla tutti insieme. Sai
inoltre che i bambini dormono assieme alla persona alla quale vogliono
bene (come gli adulti, del resto), che se usi una fascia e te lo tieni
in braccio scenderà comunque a terra e correrà da tutte le parti con
l’autonomia che la fisiologica crescita impone, che ci sono pochissimi
libri che possono informarti sul sonno infantile (e uno è scritto da un
pediatra padre di 8 figli). La comodità starà nel fatto che i fratelli
dormiranno prima in camera loro con i lettini appiccicati tra loro e la
notte saranno tanti opossum russanti che, però, ti lasceranno riposare
meglio.
5) Capitoletto scuola: ti aspetti che tuo figlio sappia la tabellina
dell’8 a 8 anni e temi l’insufficienza come se il suo stipendio futuro
dipenda dalla pagella di terza elementare. La verità spesso è che molte
mamme – digerite dai famelici e squilibrati gruppi whatzapp di classe –
non si ricordano di quali competenze è capace il bambino e compiono solo
paragoni tra il proprio e quello degli altri (che dorme di più, mangia
meglio, è più agile, ha i voti più alti e guadagnerà più soldi del
proprio). Quando hai potuto constatare che a 8 anni non tutti sanno la
tabellina dell’8 (a trentotto faccio ancora fatica, ma sopravvivo lo
stesso), che i gruppi delle mamme whatzapp devono solo servire per
avvisi e feste di compleanno altrimenti è meglio uscirci e fare senza
(anche perchè dopo i 3 figli, il gruppo whatzap non serve a nulla), che
molte cose che il primo figlio ha acquisito duramente vengono acquisiste
dai successivi senza molta fatica (anche la tabellina dell’8, infatti
io sono figlia unica), che un 4 a matematica non preclude una carriera
da neurochirurghi o parrucchieri, allora sai che quando avevi un figlio
solo ti preoccupavi di cose che al terzo hai imparato a collocare nel
giusto posto.
6) Educazione, organizzazione di casa, elasticità mentale: con più
di tre figli la casa diviene una caserma con orari, collocazioni,
responsabilità e trasmissioni di saperi (che vanno dal conoscere dove
sistemare le posate, al come usare il lettore DVD). I valori si
trasmettono, le liti si risolvono con quattro scazzottate e 3 gelati, i
compiti si fanno insieme, i capricci per un gioco si riducono perchè di
giochi è piena la casa, le preghiere si acquisiscono per osmosi, i
vestiti si passano, le matite si suddividono, le uniformi degli scout
vengono cedute e non è sprecata qualsiasi taglia, gli scarponi da
montagna si riusano fino allo sfinimento.
7) Viene chiesto: “Come fai con 3/4/5/6 figli? Io non ce la faccio
con uno?” Certo, non ci si fa perchè ci si concentra sin nei minimi
dettagli, si conosce ogni pelo che cresce, si va nel panico per ogni
raffreddore, ci si ricorda più dei pesi che delle soddisfazioni e se un
figlio non è esattamente quello che si desiderava, si pensa che il
destino si sia accanito contro di noi. In realtà io non so come si fa
con meno di 5 figli: non so cosa vuol dire qualcuno che non mangia a
tavola, qualcuno che urla per un capriccio, qualcuno che pretende abiti
nuovi, qualcuno che deve portare bei voti, qualcuno che vuole il
cellulare di ultima generazione, qualcuno che deve essere bravo in una
serie interminabile di attività extrascolastiche, qualcuno che accentra
la nostra attenzione. Con questo non voglio dire che i figli delle
famiglie numerose non fanno capricci o non pretendono abiti nuovi,
ovviamente: umani sono terribilmente umani. Tuttavia si fa il calcolo
tra quello che si pretende e quello di cui si ha realmente bisogno. Si
ha poco tempo per non gradire ciò che c’è nel piatto poichè il tipo
accanto fa la posta anche al nostro cibo. In realtà ogni tipo di
difficoltà ci appare estremamente più reale e non insormontabile, perchè
se non ce la fai puoi sempre tendere la mano e qualcuno che ti aiuta ci
sarà sempre. Poi magari ti ci pesti un po’. Poi magari lo aiuti a
finire il gelato. Poi magari ti ci abbracci la notte quando quel
giubbetto appeso sembra un mostro vicino alla porta della cameretta.
8) Tasto dolente: l’adolescenza. Una volta approfondito il fatto
che è una fase difficile e che più un figlio cresce, più necessita di
limiti e di comprendere bene che il genitore è tutt’altro che un amico,
più pretende di essere trattato da grande, più gli va trasmessa
l’importanza di essere responsabili, è chiaro che per chiunque
l’adolescenza non è una passeggiata. Avere un figlio adolescente è in
grado di scardinare i neuroni a chiunque. Ma se ci sono più figli e per
il genitore è chiaro che ognuno ha bisogni differenti e la qualità del
tempo da dedicare loro è diversa, in una famiglia numerosa c’è sempre
chi è adolescente, ma c’è pure anche chi lo aiuta a gestire la sua
insoddisfazione perchè non c’è solo lui, ma anche fratelli più grandi e
più piccoli che hanno anch’essi diritti (e doveri) e bisogni. I miei due
adolescenti, la Grande e il Secondo, mi hanno testé rilasciato una
breve intervista: “Far parte di una famiglia numerosa: non ti fa
annoiare; ti facilita il fare amicizia con altri anche al di là della
famiglia e ti aiuta ad adattarti alle situazioni; ti fa smettere di fare
le bizze; ti fa economizzare su quello che vorresti; ti insegna a fare
il genitore”.
Magari hai bisogno di una casa più grande, ma c’è chi impara a
condividere gli spazi meglio degli architetti di New York City. Magari
devi condividere un solo bagno, ma se si sposta la sveglia un po’
indietro, si impara a lavarsi in 5 minuti e non in un quarto d’ora.
Magari hai solo un armadio con un’anta e due cassetti, ma tanto si
indossano sempre le stesse cose. Magari è palloso condividere giochi e
televisione, ma gestire conflitti e frustrazioni tempra il carattere e
ammorbidisce le spigolosità. Magari è palloso passarsi il raffreddore,
ma vuoi mettere condividere il lettone, Robin Hood e del latte caldo col
miele?
Avevo però promesso di aggiungere gli svantaggi. Ma non ce ne sono.
Fate figli. Smettetela di pensare solo alla vostra carriera, al
vostro corpo, alle vostre aspettative, ai vostri diritti, ai vostri
spazi, ai vostri abiti, ai vostri gusti, ai vostri divertimenti. Pensate
in grande!
PS: per chi fosse interessato, i libri sul sonno infantile migliori sono: William Sears ‘Genitori di giorno e di notte’, James McKenna ‘Di notte con tuo figlio’. Quelli sull’allattamento sono molti, io consiglio quelli con molta bibliografia e scritti da mamme che hanno allattato.
Dal sito lacortedeiliberi.it e dal mio blog https://laveramaternita.blogspot.it/
PS: per chi fosse interessato, i libri sul sonno infantile migliori sono: William Sears ‘Genitori di giorno e di notte’, James McKenna ‘Di notte con tuo figlio’. Quelli sull’allattamento sono molti, io consiglio quelli con molta bibliografia e scritti da mamme che hanno allattato.
Dal sito lacortedeiliberi.it e dal mio blog https://laveramaternita.blogspot.it/