Il pianto del bambino è la voce di Dio

Siamo davvero tutti certi incontrovertibilmente che le persone non facciano figli per problemi economici? Sono sicura del fatto che un aiuto nel detrarre le tasse o per sostenere le donne che abortirebbero potrebbe essere uno stimolo, ma mi chiedo cosa ci sia dietro.

A mio modestissimo avviso c'è da attribuire un po' la colpa all'adultocentrismo che poggia le sue solide basi su un profondissimo disprezzo verso i bambini. Tale disprezzo è in parte dovuto al fatto che quando si è bambini non si viene rispettati per ciò che si è, ma si è solamente apprezzati per ciò che si dimostra di essere.

Mi spiego.

I bambini spesso crescono in un nucleo familiare dove è fondamentale imparare a cavarsela da soli e dove sin dalla più tenera età si viene sballottati a destra e sinistra tra attività ludiche/scolastiche (quindi dove si è obbligati alla  condivisione del proprio IO - emozioni, sentimenti - con coetanei e con adulti senza specifici legami affettivi) e attività pomeridiane performanti (sì perchè tutti gli sport che terminano con saggi o dimostrazioni di aver aqcuisito una specifica abilità, richiedono una qualche performance). 

Questi bambini acquisiscono un dato importante: essere infanti non è poi 'sto granché. 

Il messaggio che arriva è che Essere bambini è assolutamente un grogiuolo di caratteristiche fastidiose e irricevibili, e che l'infanzia è una fase della vita - come l'anzianità, ma per altri motivi - che bisognerebbe passare velocemente. Tutte quelle tappe evolutive lentissime e meravigliose che caratterizzano il bambino dalla nascita alla pre-pubertà (0-9 anni circa), sono per lo più fastidiose e vanno superate con agilità quasi olimpionica dai genitori che vengono forniti di ogni motivazione specifica per poter "sbrigare fuori" questa fase della vita del figlio... facciamo degli esempi: si va dall'acquisizione del dormire/mangiare eccetera da soli (lo scopo è disturbare il meno possibile gli adulti), all'acquisire il concetto che ci sono degli obbiettivi da dimostrare di aver acquisito per la soddisfazione della famiglia (vedasi le pagelle).

Quando un bambino piange, a qualunque età, è elemento d'imbarazzo per il genitore. Il bambino è bravo se sta zitto, dimostrando felicità o, più spesso, adattamento.  

Se la creatura non corrisponde a questa immagine viene classificato "lento", "timido" e con altri epiteti del tutto negativi. Oppure, quello che è peggio, con sindromi o altro tipo di classificazione precostituita. Con questa scusa viene demandato ad esperti che possono essere in buona fede, o in cattiva fede: ricordiamoci che il bambino-pre-adolescente che ripone fiducia in un adulto esterno alla famiglia è strumento per trasmettere qualunque ideologia. 

Tutto questo è condito con la delega al professionista che è investito della genitorialità di un figlio non proprio: stessa situazione la vivono educatrici, insegnanti, docenti, allenatori che talvolta sono chiamati a sostituire i genitori... I genitori, impegnati tra vite affettive complicate e affannamento economico/organizzativi, si lamentano quotidianemente del loro ruolo in 1000 modi: i figli costano, i figli richiedono, i figli impegnano, i figli rompono. E questo è ovvio: sono stati educati così e crescono i figli così. Nessuna colpa.


Il nòcciolo della questione è il seguente: per quanto mi riguarda la denatalità non si smuoverà di un millimetro se continuiamo a usare i bambini per qualunque scopo artificiale adultocentrico. 

Mettere al mondo i bambini vuole dire costruire una realtà dove i bambini, con tutte le loro caratteristiche infantili che debbono poter giungere alla pubertà pressochè intatte (creatività, curiosità, allegria), hanno il diritto di vivere esprimendosi: se continuiamo a dire che il bene di un bambino è assolutamente quello di essere desiderato; 
che un neonato deve piangere nella culletta per il suo bene; 
che il bambino di due anni è capriccioso; che il cinquenne deve essere bilingue; 
che il settenne deve suonare lo strumento e dimostrare gratitudine perchè la famiglia paga per tre sport; che il novenne deve muoversi rapidamente e proiettarsi verso la pubertà senza troppo disturbare (basta dargli uno smartphone perchè gli amici non lo isolino); 
che il pre-adolescente è il caso che prenda lezioni di educazione al preservativo così non si mette nei guai e che l'adolescente è pregato di pensare quello che gli viene detto di pensare (le ideologie trangenderiste ed abortiste vanno benissimo)... allora noi esprimiamo il logico pensiero che l'infanzia serve agli adulti.

Parlare di promuovere la natalità, invece, vuole dire accendere i riflettori sul fatto che tutte le caratteristiche infantili siano da accogliere e da far maturare attraverso il processo educativo rispettoso di ogni singola tappa evolutiva, trasmettendo al bambino un semplice messaggio: vai bene così, ti vogliamo bene perchè sei fatto così, ti aiuteremo a maturare con affetto e rispetto.

Ricordiamo un principio fondante: guardare tutti a Cristo è fondamentale. Se i genitori guardano a Lui e a come Lui