mercoledì 4 ottobre 2023

Quando un figlio è Barbabarba

Se dovessi descrivere Checcoléns, lo farei partendo dai suoi aculei. Da sempre è in continua lotta con tutto e tutti, prende male ogni minima parola e vuole sempre aggredire tutto come fosse in continua competizione.

Checcoléns da sempre spaventa un po' pure gli adulti perché è molto tosto. Da piccino aveva la forma di un piccolo idrante, tanto da vincere il soprannome di Franciccio e sconvolgere tutti per la sua testardaggine del tutto irruenta. Quando non voleva propprio accettare alcuna proprosta proveniente dall'esterno, era capace di farsi rosso come un peperone manifestando il suo disappunto in modo assolutamente irreversibile, sin dalla culla.



Checccoléns è un bambino irruento che, come dicevo, mette in crisi gli adulti. La risposta immediata, il "No!" sempre pronto, il suo essere riottoso in moltissime situazioni, hanno sempre causato in alcune persone e talvolta anche in coetanei, reazioni di allontanamento nei suoi confronti. Addirittura una piccola bambina della sua età, quando lo vedeva, piangeva a dirotto nonostante lui la guardasse in modo interrogativo: entrambi di 9 mesi circa e capaci di stare seduti se puntellati dai cuscini, Checcoléns riusciva ad agitarla comunque.
Non ha fatto in tempo a imparare a parlare che non ha più smesso: ha sempre qualcosa da dire, sempre il suo pensiero - controcorrente, spesso irriverente, anticonformista - da esprimere, e quando viene contrastato (lo confesso, a volte gli dico "Stai zitto un attimo!!") alza la voce e urla ancora più forte.
Nel periodo delle bizze (verso i due, tre anni) ha acquisito una postura "impuntante": si irrigidisce tutto, punta i piedi, braccia lungo i fianchi e mani con il pugno, faccia paonazza e urlo gutturale pronto a qualsiasi cosa. Ancor oggi, all'alba degli 8 anni, quando Lillo lo prende di punta (sempre) lui è capace di accusare dolore da qualunque parte del corpo, offendendo a male parole il fratello che magari gli ha detto dieci volte di coprirsi perché l'aria è fredda e lui non voleva: bloccato sulla porta e mandato a indossare una felpa, reagisce come se fosse un detenuto costretto alla sedia elettrica. Tant'è che talvolta c'è da farsi dintorno perché non si faccia del male.
Esplode di rabbia: se gioca con il Piccinaccolo, il che sarebbe più congeniale dato i pochi anni di differenza, non ha un grammo di pazienza. O si fa come dice lui o niente. Il Piccinaccolo, che assomiglia a Forrest Gump, è metodico, abitudinario fino all'ossessione, ha bisogno dei suoi tempi e va nel pallone se gli si sposta di un millimetro i suoi progetti. Quindi Checcoléns esplode di rabbia perché non lo tollera. 
Non è un caso che da quando è nato, lui abbia guardato a Cigols, maggiore di cinque anni, come ad un coetaneo: lui vuole fare tutto quello che fa Cigols da sempre e questo è invalidante, talvolta, perché Cigols, soprattutto ora che ha 12 anni, vuole vedersi con i suoi amici. Inoltre il carattere di Cigols è tutt'altro: tranquillo, fermo nelle sue convinzioni talvolta rigide, fa difficoltà ad accettare Checcoléns che è del tutto e sempre fuori dagli schemi. Cigols ha molta pazienza, tanto da rinunciare allo stare in camera sua per consentire che il fratello dorma con lui in mansarda da quando ha fatto degli incubi. Tuttavia a volte scappa, letteralmente, perché i due caratteri sono molto diversi ed è sempre Cigols a doversi adattare a Checcoléns. 
Con Checcoléns è facile scoppiare perché tira scemi anche i santi, tuttavia è uno dei pochi che ha sempre avuto insegnanti meravigliose, per cui in classe - da sempre - è un angelo. Lo è talmente tanto che le insegnanti mi dicono sempre che è una gioia averlo: ha pazienza con il compagno in difficoltà (Checcoléns??), non si arrabbia mai (Checcoléns?????), obbedisce alle insegnanti quando ammoniscono di non correre troppo forte in cortile (Chéccolens?????????)... Cioè: stiamo parlando di mio figlio? E' lo stesso, o tenete il suo ologramma chiuso nel mobiletto delle scope? Lo ipnotizzate? Lo drogate di ossitocina? 
E lui lo conferma: tutti i compagni si fanno in quattro per salutarlo. Tutti i genitori (ai quali lo affido in occasione dei compleanni durante i quali io non rimango presente perché ho sempre gli altri da accompagnare a fare qualcosa) mi confermano il buon carattere, la gentilezza, il rispetto assoluto delle regole... E io mi innervosisco in modo mostruoso!
«Sai mamma, stavo per picchiare un mio compagno che mi era montato sul piede facendolo apposta, ma non l'ho fatto e mi sono controllato» afferma lo sciagurato mentre io sorrido in modo tiratissimo e lo ringrazio per questa sua capacità di giudizio. Nel contempo, nella mia mente, si affollano pensieri del tipo: "Ma porca miseria, piccolo st$$%&%//% ma picchi tuo fratello per un nonnulla e a scuola sei un santo? Ma porca miser&%$£%%&$ ma allora ce la fai a non reagire stile rottweiler dal veterinario, quando sai che non è possibile farlo!"

Non nego che Checcoléns ha tirato fuori il peggio di me.
Non più tardi di ieri gli ho domandato, in malo modo e con un groppo in gola, cosa diamine ho fatto di male perché lui debba reagire spesso come se lo scotennassero anche solo perché gli chiediamo di lavarsi le mani prima di pranzo, e lui, lo riconosco, è sconvolto di questa cosa. Obiettivamente è molto dispiaciuto e ammette di fare molta fatica per stare calmo. Ammette di avere rabbia nei confronti del fratello minore e non sopporta quando Cigols vuole stare lontano da lui, in quanto si sente abbandonato. 

Certo, non sono mancati episodi che al momento ci hanno fatto morire di infarto, ma dei quali ridiamo tutt'ggi, come quando Checcoléns e il suo collega-di-guai Zino, all'alba dei due anni e mezzo, lanciarono dalla finestra tutto quello che si trovava nel bagno di Lillo. 
Si trovavano nella mansarda e abitavamo da pochissimo in casa nuova. Lasciati liberi di scorazzare qua e là, si ritrovarono nel bagno che usa Lillo che ha due finestre: una è sul tetto e l'altra ha le dimensioni di 20x30 centimetri. Una volta aperta trovarono simpatico lanciare giù, in giardino, tutti i irotoli di carta igienica. Poi, colti da euforia infantile e sobbillatisi a vicenda, ma chiusi in un mutismo tattico da spionaggio internazionale, cominciarono a lanciare dalla finestrella TUTTO. Phon, confezioni di shampoo, detersivi, bagnoschiuma, tagliacapelli, asciugamani e, dulcis in fundo, la mensola di vetro sulla quale poggiava lo spazzolino da denti di Lillo. Quest'ultimo suono, che eccheggiò come se Jack lo Squartatore fosse penetrato in casa, ci allarmò. Noi genitori, sereni, specialmente la sottoscritta che pareva una balenottera (il Piccinaccolo era in "fase di sgancio" da lì a pochi giorni), non ci eravamo accorti di nulla anche se il silenzio avrebbe dovuto allarmarci. Tuttavia la mansarda è al secondo piano e noi credevamo - poveri idioti - che le creaturelle fossero serenamente in compagnia dei fratelli più grandi che, invece, si facevano bellamente gli affari loro.  Catapultatici tutti in mansarda (a me ci volle un quarto d'ora, sostanzialmente), la scena fu la seguente: due piccoli angioletti sorridenti davano le spalle alla finestrella dalla quale mancava solo che si tirassero di sotto (è troppo piccola) e ridevano sotto i baffi in modo del tutto quasi pressoché innocente. Non capimmo cosa diamine fosse successo finché non ricordo a chi venne in mente di fare una considerazione: dov'è tutta la roba che c'era nel bagnetto? Corremmo giù (altro quarto d'ora per la foca marina) e il profumo di shampoo e bagni schiuma sparsi nel passo adiacente la parete di casa, ci inondò. Vetri, phon, spazzolini da denti... Tutto sfracellato per terra. Nel contempo, i piccoli demonietti, si erano nascosti e ridevano come matti. Ci vollero due ore per raccattare tutto e grazie a Dio fecero tutto i padri, certi del fatto che i piccini sarebbero stati deliquenti alleati per anni. Infatti lo sono tutt'ora anche se, grazie al Cielo, sembrano essersi calmati.

Checcoléns, dicevo, non è un bambino facile. Cigols, se non altro, è empatico: capisce quando io gli ho detto, da più piccolo, quando ero in difficoltà con lui. Il fratello minore no. Lui si erige nelle proprie convinzioni e si indurisce come uno stoccafisso... Insomma Checcoléns è il classico figlio difficile (per me, eh: magari una mamma-pedagogista saprebbe certamente come fare!).

Allora mi sono impuntata che un genitore, soprattutto se adulto (i due termini non combaciano spesso), deve fare un passo indietro. Non è fattibile sempre obbedire ai propri moti d'animo, specialmente quando si tratta di un figlio. Il Signore ce lo ha affidato, vuole dire che sepoffà. Anche se è una rottura di scatole. 
Quando ci riesco (soffiando via il nervosismo e contando fino a 50476484) lo abbraccio. E non solo quando ha i suoi momenti di rabbia. Sempre. Lo coccolo, lo sbaciucchio, lo tengo stretto il più possibile. La mattina, quando viene e si sdraia con noi, lo accoccolo vicino a me e lo tengo stretto. Gli dico che è il bambino più dolce e magnifico del mondo. Gli dico che vedo che si impegna ogni giorno per migliorare. Gli dico continuamente che sono fiera di lui (a scuola ha ottimi risultati dei quali mi informo per sapere se ne è soddisfatto). Aggiungo che sono una mamma fortunata ad avere un piccino così e che, con un po' di sforzo, sarà un fratello maggiore fantastico per il Piccinaccolo e la Pantuffola, doprattutto quando Cigols, attanagliato dall'adolescemenza, correrà dietro ai canestri, con i compagni. Non è sempre facile perché ci sono volte nelle quali tutto mi sentirei di fare, fuorché accoglierlo. Tuttavia l'essere stata una figlia accolta-zero (o meglio: forse l'intenzione era quella di accogliermi, ma gli effetti non sono stati proprio quelli sperati) soprattutto nei momenti di difficoltà, mi ha portato a ripensare di cosa avrei avuto bisogno io. Certo: mica è stato così semplice. Accumulare tutta una dose di trattamenti ricevuti dai genitori, vedrerne i difetti, percepirne i risultati, collegare tali risultati prima alle emozioni che uno ri-vive in situazioni simili ma da genitore, poi a quello che uno mette in atto da adulto, non è semplice e Dio benedica i terapeuti che sanno come scollegare questi meccanismi, soprattutto quando questi ultimi stanno divorando non solo la relazione genitore-figlio, ma anche la coppia. Ci vuole impegno e soprattutto il coraggio di guardarsi allo specchio e (per quando mi riguarda, ovviamente) affermare:"Cara Rachele, sei una madre di cacca e sei ben lontana dall'essere la madre che i tuoi figli avrebbero voluto avere. Tuttavia non è colpa del tutto tua, quindi puoi farcela". Si tratta di accettarsi umile peccatrice in una cultura fatta di individui che vivono in costrante solipsismo e talvolta (direi con allarmante frequenza) in completo narcisismo. Non ci si può aspettare di riuscirci in poco tempo: si fanno dieci passi avanti e quindici indietro. Tuttavia l'amore infinito per i figli e l'assoluta necessità, come dicevo prima, di non rispondere sempre con le emozioni fugaci del momento, chiamano alla maturità, al dover essere. 

I risultati a volte ci sono. Altre volte no. Ovvero lui è molto affettuoso. Con tutti. La medesima irruenza negativa, lui la traspone completamente in positivo. Ha imparato la gioia degli abbracci. Ha imparato che gli piace ricevere complimenti per i piccoli grandi successi. Ha imparato che è abbracciato sempre, anche quando sbaglia, che l'amore non è condizionato a un suo comportamento. Lui è amato. 
Questo mi basta. 

E non sapevo una cosa. Barbabarba è quello che se non ce la fa a fare qualcosa o magari viene deriso per qualche piccolo difetto, si arrabbia e distrugge tutto. 
Ho un figlio che è Barbabarba.
Mi stupisco di una cosa. Ho capito che devo reagire come BarbaMamma. 

Dovrò minirmi di fiocchetto rosso da indossare sui capelli, vestendomi di nero?