Prima di farci due risate sul famoso frammento di "Ritorno al Futuro", una breve e dolorosa considerazione. Da volontaria dell'ambulanza ho assistito al ritrovamento di persone che si sono impiccate. Tiziana Cantone, riposi in pace, si è tolta la vita in un modo terrificante e se io fossi stata nei suoi genitori che si sono - ovviamente - rivolti alla Giustizia per ricevere giustizia per la figlia, avrei agito anche in ben altro modo, nei confronti del caro fidanzato che ha diffuso il video in cui facevano sesso. Ma si sa, io apprezzo Guareschi perché costui probabilmente avrebbe raccontato la soluzione della vicenda in altro modo. Certo, che diamine salta in testa a una donna che si concede in questo modo, e cosa salta in testa a un uomo di rovinare una donna definitivamente condividendo la sua intimità? Antonio Morra è un esperto, sull'argomento, e lo spiega bene quando parla dei rischi della mentalità pornografica.
Affermato questo la domanda è: come educare al cellulare?
Partiamo con un presupposto: il cellulare fa comodo a noi. Un po' come accade per l'asilo nido. Io ho mandato all'asilo nido i miei figli, non perché interessasse a loro (stare con coetanei di 18 mesi e un solo adulto, non è nell'interesse di un 18mesenne qualsivoglia) ma perché ne avevo bisogno io. Che questo sia ben chiaro (non tiriamo fuori la socializzazione che è una giustificazione troppo comoda: se un bambino fosse contento di conoscere e realzionarsi con dei coetanei a 18 mesi avrebbe la capacità di andarci d'accordo consapevolmente e, soprattutto, non piangerebbe né lasciato, né ritirato dal nido). Quindi anche fornire il cellulare, abituiamoci a pensare che spenge la nostra ansia (io ho la posizione di tutti i figli cellularizzati, che sia chiaro).
In casa mia il cellulare i figli lo prendono verso i dodici anni, più per sicurezza degli adulti, che per utilità. Certo, oramai i docenti non sospettano più che un bambino di 11 anni non abbia lo smartphone, infatti spesso ho saputo di ragazzini delle medie "multati" con delle note dai professori per non aver consegnato un compito fornito dal docente al rappresentante di classe con la richiesta d'informare i compagni via whatzapp. Ovvio che né i ragazzini che hanno whatzapp, né il docente, si sono ben guardati da considerare che magari non tutti hanno whatzapp e non tutti hanno il cellulare. Io, di solito, desto rapidamente questi insegnanti, confrontandomici subito cortesemente e ricordando loro che i miei figli non hanno né un PC personale (ce n'è uno solo in casa ed è il mio al quale i ragazzi hanno accesso centellinato), né un cellulare munito di collegamento internet (Dio benedica la Nokia con i suoi dispositivi da 11 €) e ricordando loro che generazioni infinite di insegnanti hanno impartito le discipline scolastiche senza cellulare e senza internet, per decenni interi: oltretutto, polemicamente, aggiungo che tali tempi forgiavano allievi ben più preparati di quelli che vengono formati attualmente con tutte queste tecnologie.
Ma si sa: io ho un caratteraccio.
Quindi in casa mia i ragazzini e le ragazzine che giungono ospiti, non dispongono di cellulare. In qualsiasi caso c'è il mio. E non solo: quantunque gli amichetti siano abituati a vedere dei video (che spesso sono cretinate immani su youtube tipo gente che scarta uova kinder), i miei non lo sono: quindi non si gioca col cellulare.
Posso decidere le regole di casa mia?
Posso decidere cosa diamine sia consentito in casa mia?
Posso decidere cosa perdiana i miei figli possono o non possono fare in casa mia?
Ecco. Pare di no.
No perché spesso ho ospiti che si ritengono offesi dalla mia moderata insistenza al non perdere tempo con qualunque roba sugli smartphones. L'argomentazione è spesso variegata. Va da chi afferma - a ragion veduta - che se noi adulti facciamo uso del cellulare, perché i figli no? A chi afferma che i miei figli no, ma i suoi sì, quindi che io dica ai miei figli di stare lontano dai suoi figli. A chi è dell'opinione che se io non voglio che i miei figli usino gli smartphones ma quando ci sono gli amichetti i miei figli agognano al partecipare al giochino, allora io sono la cattiva madre che vieta ai miei figli il divertimento.
Su quest'ultimo punto mai verità fu affermata così chiaramente: per prima io so di essere una cattiva madre. Il problema è che non mi interessa di essere giudicata tale: non temo alcun senso di colpa in questo. Non a caso non ho mai negato di sgridare i miei figli quando lo ritengo opportuno. Ma sgridare senza "s", ovvero gridare. E pure forte. E talvolta in casi importanti. Quindi questo punto è andato.
Circa il secondo punto, beh, con tutto il dovuto permesso, questa è l'ultima volta che sei qui ospite. Così si prendono due piccioni con una fava: si avvalora la teoria che sono cattiva e indisponente (comodissimo dato che spiegare sempre che io sono cattiva e indisponente è faticoso e mi fa perdere tempo) e ci si libera di persone con le quali non ho voglia di relazionarmi.
Poi c'è il primo punto. Se noi genitori ci comportiamo in un dato modo, non possimao pretendere che i figli facciano in modo diverso. Sì, lo so. Io sono uno scaricatore di porto, con il linguaggio. Non posso pretendere che i miei figli siano Lord inglesi usciti da Eton. Vero. Ma c'è un ma in questo ma.
Innanzi tutto i miei figli non sono abituati a playstation o altro. Lo Sposo (GrazieSignoreGrazie) non ha mai trovato interessanti i giochini sul computer: lui va di cacciavite e martello, canna da pesca e ami. Insomma, è un tipo pratico (e piuttosto neandertaliano). Nulla di male se ci sono famiglie con WII o altro (ma nessuno pianga miseria, eh): nella nostra no. Punto. Affermato questo un altro "ma". Se io sono un genitore che fuma e so (dovrei sapere) che il fumo non è un toccasana, voglio davvero giustificare il mio vizio lasciando che ci caschino pure i miei figli? Se sono un genitore che fa uso scorretto del cellulare (mi ci metto anche io, nonostante io sia molto migliorata rispetto a decenni fa), non è detto che io desideri che un settenne o un decenne ne facciano l'uso che ne faccio io. Il mio cervello è quello di un adulto, il loro no. E, comunque, tra un genitore e un bambino vi sono almeno vent'anni (o più) di differenza: la famiglia non è fatta in modo democratico (tutti hanno il medesimo diritto/dovere) perché vi sono sostanziali differenze date da una gerarchia.
Ordunque un punto: quali regole dare ai figli.
Tante. A cominciare da una regola che vale per gli adulti: che si cominci a dare un esempio. A me è stato fondamentale questo. Ero abbastanza drogata (nel senso che anche l'uso dei social fa rilasciare dopamina e questo è ciò che fa della droga una dipendenza) dall'uso del cellulare: poi ho vissuto una brutta esperienza con un figlio e ho capito che così non era giusto. Poi ho studiato. Chi? Per esempio gli esperti di comunicazione. Mi sono fatta domande. Ho studiato. Ho cercato risposte. Ho preso decisioni e ho cambiato idea.
Lo Sposo per esempio è onesto: lui mi dice che se non fosse per me, lui avrebbe dato ai figli il cellulare a 5 anni. E capisce che è sbagliato, ma per lui dire di "No" è un peso enorme. Per cui mi ha delegato in questo e sta alle mie regole (tiene il cellulare lontano dai figli perché sa che non riuscirebbe a toglierglielo). Nella coppia si fa così: oggi decido io e tu mi deleghi, e viceversa. Certo, bisogna parlarne, ovviamente. E mettersi d'accordo. E siccome lui mi riconosce più autorevole in alcuni campi, allora si fida di me.
Poi ho deciso di fare la madre.
Cosa vuole dire?
Vuole dire che ho deciso che occuparmi dei miei figli sarebbe costata fatica. Sarebbe costato dire di "No" quando serve, sarebbe costato spiegare, esserci, confrontarmi e ascoltare, quando sarebbe occorso. E non a tutte le ore e con tutti i figli in modo uguale, perché un duenne ha bisogno di un approccio, un cinquenne di un altro approccio, un undicenne di un terzo approccio, e un sedicenne di un ennesimo approccio. E poi c'è bisogno di mettersi in discussione. E poi c'è bisogno di chiedere scusa. E poi c'è bisogno di tempo... Mi pare ovvio che la strada intrapresa sia irta di fatiche. In tutto questo, tipo ciliegina sulla torta, sta il fatto che si è consapevoli di sbagliare per lo meno 54635297685 volte all'anno. E questo è sfiancante. Mi pare ovvio che su alcuni punti io ceda. Per esempio sulle parolacce. Non mi interessa fare quella che non le dice e dire ai miei figli che non si dicono. Fanc!! Diamine!!
Io ho adottato l'approccio attivo ovvero spiego sempre perché una cosa non va fatta. E lo spiego (in questo sono uguale alla Nobis) cinquanta volte in cinquanta modi diversi. Non ultimo ammettendo che un uso non attento del telefono mi faccia paura per tutto lo schifo che si trova. Sì, ho paura. Mi fa paura. Mi fa paura pensare che Tiziana Cantone fosse abituata a essere ripresa in un momento intimo, che lo desse per scontato, che lo considerasse un "gioco" normale nella coppia e che nessuno, o forse in pochi, si siano frapposti (anche fisicamente) tra lei e lei stessa con l'uso del cellulare che aveva scelto di fare. E sapere che su youporn o quella roba lì, c'è chi cerca i suoi video e chi ci ha guadagnato, mi fa vomitare. E questo a Lannina l'ho raccontato. Perché non farlo? Perché "tutelare" la quattordicenne dalle brutte cose della vita? Perché allora pretendere la frequenza a una Scuola Guida e il superamento di un esame per far usare la macchina? Perché non far notare gli innumerevoli mazzi di fiori sulle nostre strade? Perché altrimenti i nostri piccini si traumatizzano? Ma chi se ne importa! Io non voglio portare fiori a un cimitero su una tomba di un figlio perché ho avuto paura di educare mio figlio a essere prudente.
Certo, questo è pesante. Perché avere il plauso dei figli solo perché lasciamo che facciano quello che li passa nella contraccassa del cervello (e che qualcuno dice loro di fare tramite social), non è essere adulti né essere genitori. O almeno, questa è la mia opinione, questo è il genitore che io ho optato di essere. Tutti liberi di fare quello che ritengono oppotuno, ma in casa mia, coi miei figli, queste sono le regole.
E tutte le varie Kollontai antiche o moderne, se ne facciano una ragione. I miei figli non sono dello Stato. Quindi levo i cellulari dalle mani dei nostri figli. Pretendo che insegnanti e docenti non diano per scontato l'uso del cellulare per scuola. Pretendo di proibire l'accesso a internet sino a che i miei figli non siano maturi (ogni genitore saprà quando, coi suoi figli). Sto loro a fianco e cerco di far capire loro che non vi è un collegamento tra gioco-cellulare. Il cellulare è un elettrodomestico e io non vado in giro con il minipimer!
Insomma: leviamo di dosso il cellulare ai nostri figli!