Gli adolescenti.
Gli adolescenti fanno come Gesù quando si allontana dai parenti e rimane al Tempio a parlare con gli anziani (c'è stato un tempo nel quale gli "anziani" erano trattati come saggi, adesso sono trattati come palle al piede: altra situazione che denota il regresso mentale della nostra società). Gesù è lì che parla, Giuseppe e Maria, i suoi genitori, lo cercano per giorni. Ma ve lo immaginate? Io sarei uscita dai gangheri. Quando poi lo trovano, gli chiedono che razza di idea è stata quella. Sicuramente l'evangelista non può dircelo, ma io ho sempre creduto che Giuseppe fosse incavolato nero e Maria, che essendo la mamma dimostra esternamente calma, tacesse per non dire cose che tutte le madri in quelle circostanze, avrebbero volentieri detto. O forse lo ha fatto.
Io sono un'urlona di prima categoria. E se mi arrabbio, alzo la voce. Coi figli piccoli mi è capitato quando ho temuto per la loro salute (attraversamenti stradali pericolosi, ad esempio) o mi hanno tirato scema bisticciando tra loro, o ancora per far terminare quelle bizze catastrofiche che a volte capitano ancora a 4/5 anni (quelle nell'età precedente sono dei corto-circuiti che abbisognano di tanta calma, invece): per porre uno "stop" un urlo ci sta. Con un seguito di molte coccole e lunghe spiegazioni con i dovuti chiarimenti.
Ma quando mi è capitata l'età del "Io devo occuparmi della mia vita" (come dire "Adesso sono grande, non statemi d'intorno"), ho urlato. E a volte pianto. Non ho mai provato vergogna, coi miei figli, a dire loro che il loro atteggiamento mi stava facendo soffrire. L'ho sempre ammesso chiaramente, informando loro del fatto che mi stavano facendo male. A volte urlandoglielo in faccia. E a volte, come fa Maria, ho chiesto loro perché dovessero trattarmi in quel modo. Chiaramente e pretendendo una risposta. “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io ti cercavamo angosciati" dice Maria a Gesù tredicenne. Il tono non fu tranquillo e sereno. Per nessuna madre lo è, in queste situazioni. E con tutta la dovuta calma, una volta passata la tempesta, lo scontro, ci sono state sempre le spiegazioni.
Forse la domanda che ho fatto di più ai miei figli adolescenti è stata: "Hai capito perché mi sono arrabbiata?".
E ho sempre preteso di sapere cosa aveva spinto loro a comportarsi, agire o dire qualcosa, in quel modo. Ovviamente la Figlia G, da brava femmina, ha sempre affilato la lingua e con lei ho dovuto dialogare, spiegando ma anche capendo di più su di lei.
Con il Lillo, da maschio, ho dovuto lasciarlo sbollire fisicamente (mandandolo spesso a camminare o correre un quarto d'ora o di più), per poi parlargli.
Spesso ho accettato le rimostranze che mi venivano presentate. Spesso sono stati accettati (con o contro voglia) i limiti da me imposti. E quando non accettati, sono stati incassati mugugnando un po'.
Ho ragionato tanto, ogni volta su quale fosse stata la mia reazione e se avessi fatto bene o meno. In realtà ho anche poi iniziato ad accettare l'idea che questo è il mio modo di essere madre: purtroppo per loro, così è. Non sono mai stata capace di recitare magari usufruendo di metodologie comunicative complesse da acquisire con corsi o libri. Io sono questo tipo di madre.
E quando non ho capito cosa avrei dovuto fare, mi sono affidata, mugugnando un po' anche io. Ma seguendo la strada del "serbare nel mio cuore" ciò che mi stava accadendo, mettendo tutto il pacco completo, nelle mani di Nostro Signore pensando che
"Se si scopre la grazia di Gesù, io credo che ci si possa acquietare nella pace di sapersi amati da un Dio veramente grande (e non frutto della nostra fantasia), che per primo ci ama facendoci crescere se ci affidiamo a Lui (è la fede che Gesù richiede perché possa compiere il miracolo) e allora sì, ci si può tranquillizzare e col suo aiuto abbandonare le tensioni che abbiamo per i nostri trascorsi. Chiederglielo questo è buona preghiera."