Grazie è la preghiera più piccola e breve.
Il "grazie" lo si dice quando qualcuno ci fa un dono col cuore.
Dire "grazie" fa stare bene chi lo dice e chi lo riceve.
Quanto più la gioia di chi dona è grande, maggiore è la gratitudine di chi riceve.
La gratitudine riempie il cuore e la mente, creando endorfine e facendo provare gioia. Acquisendo tali emozioni positive, chi ha ricevuto il dono, apprenderà quanto sia gratificante donare e quanto sia importante ringraziare.
Il dono di Dio della nostra vita, è enorme: Egli, come un buon padre, non pretende nulla in cambio, conoscendoci nel profondo. L'atto di donarci la vita e tutto ciò che di buono c'è (il fatto che ce ne dovremmo accorgere è un altro paio di maniche) è già di profonda gioia, per Lui. Se Dio, come uno degli dei delle tante religioni che antropomorfizzano le divinità, pretendesse gratitudine per averci donato la vita, non incarnerebbe più la figura di un padre, ma quella di un qualsiasi genitore che prova godimento nel ricevere gratitudine assolutamente ipocrita, quando elargisce i propri oboli.
Certo che qualsiasi preghiera di ringraziamento, è un piccolo e semplice atto di umiltà da parte nostra, che riconosciamo (ovvero siamo riconoscenti) il peso del dono che Dio ci ha fatto, ma quel «Grazie Signore» non fa bene a Lui, ma a noi: ringraziando Dio, infatti, concretizziamo tutto quello che di bello c'è nella nostra vita, e solo per il fatto che "usiamo" quello per il quale ringraziamo Dio, magari facendo a nostra volta del bene al prossimo, il Padre ci vuole bene (voler bene significa "volere il bene altrui"). Tale bene lo vediamo concretizzarsi a sua volta in quello che di buono c'è nella vita, è questo una "circolo virtuoso" che nutre profondamente la nostra Fede.
C'é un "grazie" che, invece, riguarda la buona educazione. Si tratta di un ringraziamento fine a se stesso, corretto da esprimere con parole o gesti di cortesia reciproci, il cui scopo sta nel saper vivere in modo civile. Questo tipo di ringraziamento è importante da trasmettere ai più piccoli, soprattutto per il fatto che non essendo monadi isolate, è importante una convivenza sociale che non sia di prepotenza o di arroganza. Siamo chiamati a ringraziare il postino che consegna il pacco (magari sotto la pioggia), la persona che ci fa passare sul marciapiede, il barista che ci serve con gentilezza, la maestra che ci presta un fazzoletto, un conoscente che ci fa un regalo... È educato non parcheggiare in un posto per i disabili, non perché altrimenti - giustamente - si è multati, ma perché è un gesto di prepotenza. È educato ringraziare la zia Clotilde per il regalo di Natale, non perché vogliamo bene a zia Clotilde, ma perché zia Clotilde si aspetta di essere ringraziata. Sì, perché zia Clotilde, non essendo una persona con la quale c'è confidenza, non è interessata alla gioia che si prova nel fare un regalo ai nipoti, ma è focalizzata - come uno Zeus o un Odino qualsivoglia - alla sua necessità di sentirsi ringraziato. Il suo atto di profonda generosità, infondo, è a solo scopo di ricevere gratitudine.
Io provo molta compassione, verso le zie Clotilde che soggiornano in ognuno di noi: come il fratello del figliol prodigo, a noi non interessa che un nostro amico, un figlio, un nipote, con riconoscenza ci mostri gratitudine anche solo con un abbraccio, un bacio o un sorriso (alcuni bambini e alcuni adolescenti sono solo timidi, non sgarbati): a noi interessa che ci venga riconosciuta la nostra possanza, il nostro essere coloro i quali sono rimasti a fianco al padre senza sperperare l'eredità (mi riferisco alla parabola del figliol prodigo).
Noi, Nostro Padre celeste lo sa bene, se c'è una cosa in cui pecchiamo, è di osservarci sempre il nostro ombelico: non soltanto per le nostre scelte quotidiane dettate dalle nostre emozioni fugaci, ma anche quando vorremmo tanto essere generosi e altruisti, ma in realtà certchiamo solo gratificazione personale.
Ecco, questo Natale vorrei che fosse di gratitudine: spontanea, gioiosa e sincera. Vorrei che tutti potessimo esprimere gratitudine e fossimo predisposti ad accogliere gratitudine semplice, sincera. Non desidero dei "grazie" fattimi con ipocrisia, per "buona educazione". Non perché questa non sia importante, ma perché questa denota un rapporto distante, di figura, senza reale complicità.
Vorrei imparare, Signore, a vedere nella gioia data da un piccolo pensierino fatto con affetto, la gratitudine di chi lo riceve, senza aspettarmi formalità o fariseismi inutili, ma accogliendo uno sguardo d'affetto e un abbraccio dato col cuore. Vorrei, Signore, imparare e mostrare ai miei figli la gentilezza del cuore. Vorrei, Signore, imparare e mostrare ai miei figli che tutto quello che loro riceveranno è frutto di un atto di riconoscimento di un legame d'affetto, di un rapporto di reciprocità. Vorrei, Signore, imparare ed educare i miei figli alla gioia del ringraziare perché da gioia farlo, non perché si è costretti.
Buon Natale