lunedì 22 aprile 2019

Quando fai "clic"

Alla fine lo ha fatto.
Era tempo che la osservavo e ora che siano stati insieme in vacanza, l'ho visto chiaramente.
È paziente coi fratelli, certo.
È un po' criticona con la madre, chiaro.
Ma è stufa-tra-virgolette: lo vedo dalla sua voglia di fare da sola, da quanto agognerebbe visitare i musei da sola con un ritmo da adulto e non con quel ritmo che devi tenere quando stai visitando una galleria d'arte con dei bambini che cercano di toccare i dipinti appesi con legnetti trovati per terra, temendo che suonino allarmi e altro. Lo percepisco dal ritmo serrato che terrebbe nel visitare quartieri nuovi quando sei senza bambini che tentano di toccare tutti i ricordini di tutti i negozi. Lo comprendo dal fatto che vorrebbe mangiare una mela a pranzo per poi ripartire veloce per pinacoteche e biblioteche, invece che iniziare la ricerca del pranzo con bambini affamati che passano dalla richiesta di merenda a quella della pastasciutta senza soluzione di continuità. 
E, si badi bene, non è annoiata. Non sbuffa. Non si lamenta. Non è particolarmente impaziente. 
Tuttavia ha fatto "clic". È cresciuta. È autonoma. 
Non ha più bisogno di qualcuno che le ricordi di cambiarsi le mutande lavarsi i denti fare pipì. Potrebbe tranquillamente essere da sola (Marito calma, sono certa che un lui sarà carino paziente gentile e similissimo a te e sicuramente ti piacerà) e si orienterebbe: sa cosa mettere nel bagaglio a mano, sa come fare un check-in in areoporto, si destreggia con l'inglese. 
Il suo "clic" mi inorgoglisce, mi fa intendere quanto ho lavorato bene, quanto Lui ha lavorato egregiamente, che bel pane è venuto fuori con la farina del sacco di chi mi ha preceduto, quanto abbia lei deciso lei di essere in un dato modo.
Contemporaneamente il suo "clic" mi spaventa. So che oramai il dado è tratto e la minestra è cotta. E ci darà da leccarsi i baffi.