giovedì 29 giugno 2023

La doccia con papà (con accenno al perché il pudore non è vergogna)

Lillo aveva tre anni, quando insistette per telefonarmi. Io ero 'lavata' in sala operatoria (ero all'università) e stavo strumentando un intervento piuttosto grosso. Ora: chi sa cosa significa 'lavarsi' per la sala operatoria, conosce la lunghezza della procedura e soprattutto sa che chi è 'lavato' e deve uscire dalla sala, poi deve 'rilavarsi' per rientrarci. Niente. Il cellulare squilla senza fermarsi e la mia ansia sale. Come minimo è scoppiata la casa. Forse no: mi stanno chiamando poerché è morto mio marito. Peggio: sono morti i bambini. Insomma: i soliti pensieri di chi vive ogni telefonata insistente come fosse l'ultima della vita. 

«Mamma! Mamma!! Ho fatto la pipì in piedi come il papàààààààààààààà!!» e lì, risate convulse a sfinimento. Dopo essermi congratulata con Lillo dovetti 'rilavarmi' e rientrare in sala operatoria. Cosa era mai successo? Molto semplicemente Lillo, dopo aver acquisito le capacità idrauliche del caso (ovvero aveva tolto il pannolino da poco, con grande gaudio per il controllo della pipì), aveva fatto il grande passo maschile della pipì in piedi! Una conquista non da poco, per un maschio e, più nello specifico, per Lillo. 


Nella nostra incasinata famiglia, c'è stato un bagno solo per anni. Un gabinetto, un bidet, una vasca, un lavandino: ossia quattro persone che possono usare la stanza da bagno contemporaneamente. Cosa che è accaduta. Fino agli 8 anni circa, anno più anno meno, secondo le proprie sensibilità, i miei figli hanno fatto il bagno assieme. Cioè assieme anche a navi, barche, cacciatorpedinieri, navi per la contraerea e tutto il necessario per una grande battaglia, durante i lavaggi... Quando Lillo mi chiamò, quel fatidico giorno, era felice non solo per il suo scatto di maturità, ma perché aveva fatto una cosa uguale al suo papà, che ha sempre fatto pipì con i figli presenti casualmente nel bagno. Tra femmine, invece, c'è un rapporto diverso col corpo: questo lo sa bene chi ha frequentato scuole femminili o squadre femminili agli scout. Come diceva sempre Suor Carmela, la preside della mia Scuola Magistrale, il gabinetto delle femmine è un "Centro ricreativo Femminile" in quanto, mentre c'è qualcuno sulla 'tazza', c'è chi si aggiusta il trucco, c'è chi si lamenta del fida ('fidanzato' il slang giovanile anni '90) e chi fuma. 

Quando io facevo il bagno in vasca con le mie figlie (più o meno sino ai 6 anni circa), c'è sempre stata la chiacchiera, il lavaggio vicendevole dei capelli, la coccola schiumosa... E a tutt'oggi, quando mi lavo, c'è il via vai delle femmine che mi "prendono in prestito" cosmetici (e io non sono la Figlia G che possiede Dior: io vado a sottomarche... ma si sa: l'erba del vicino...) - ovvero acquisiscono oggetti che non verranno restituiti -, fanno domande, intavolano discussioni... E a tutt'oggi, nonostante abbia smesso da un annetto circa di fare il bagno o la doccia in presenza di fratelli e sorelle, Cigols entra volentieri in bagno mentre mi lavo, per raccontarmi, fare due parole eccetera. Il tutto è abbastanza effettuato con semplicità. Chi se la sente di condividere la propria nudità con gli altri, lo fa. Chi non se la sente (più), non lo fa.

Un "momento catartico" che per Lillo - e i successivi fratelli - è stato fare pipì come papà (quindi questo vuole dire che papà faceva pipì con lui), per le femmine è stato vedere il cambio dell'assorbente di mamma. Non si tratta di eventi spettacolarizzati, ma di situazioni normalissime nelle quali le figlie seguono mamma in stile mamma-papera con le paperelle dietro (presente la situa?), e osservano un cambio di assorbente che può capitare nelle mille cose che avvengono in casa durante il giorno. Al di là del fatto che dopo aver partorito Lillo (primo parto dopo cesareo), la Figlia G, treenne, era molto incuriosita/interessata/attenta al passarmi l'assorbente coprendomi di domande (è sempre stata una giornalista free lance in molte occasioni), il fatto di avere 'osservatori' durante il cambio dell'assorbente fa scaturire un milione di domande spontanee e, da lì, un milione di spiegazioni (intanto mamma si è ricomposta e ha condotto le sue paperelle a fare altro in casa).

«Perché perdi sangue?» «Perché questo vuole dire che nella pancia non c'è un bimbo. Si chiamano mestruazioni e le possono avere solo le donne. Sono importantissime perché quel sangue che esce, è la prima culletta calda e morbida quando nella pancia di mamma c'è un bimbino piccino picciò». Quante informazioni ho fornito dicendo poche parole? Innanzi tutto la differenza di sesso (e qui crollano già diversi miti attuali: esistono maschi e femmine. Punto), seconda istanza la preziosità della mestruazione ("Le preziose" nei corsi Mamma-Figlia) e il fondamentale ruolo nel caso della gravidanza. Per ultimo il fatto che un embrione è già un bambino che ha bisogno di mamma per crescere (e qui crollano altri miti, dal 'grumo di cellule' in poi...)

«Perché io no? (domande dei maschi)» Qui sorgono grandi dispute perché di solito le femmine presenti (per lo meno le mie) tirano fuori tutta la loro femminilità, erigendosi dall'alto dei loro 5-7-9 anni e dichiarando che quella cosa lì la possono avere solo le femmine (pesando quel 'solo' con tono grave), perché solo le femmine possono fare le mamme. E qui sorgono altre questioni relative al parto (fa male? perché fa male?), all'accudimento, alla cura del neonato, al perché i papà non partoriscono, alla differenza tra mamme e papà eccetera. Sottolineo volentieri che all'alba dei suoi appena compiuti 8 anni, Checcolens, dopo aver guardato la puntata di Peppa Pig dove sono presentate le due mamme (cosa che non ha destato attenzione nei fratelli minori), ha chiesto laconicamente dove avessero trovato lo spermatozoo e ha sentenziato che la mamma è una sola, quella che tiene il bimbo nella pancia, l'altra è la tata (sapendo che io ho la mia sostituta nella grande Tata che oramai è conosciuta ai lettori di questo blog). Certo, ha ricordato che Chicco - il suo omonimo romano - ha una mamma che non è quella che l'ha tenuto nella pancia (Chicco è adottato), ma che comunque una sola mamma può fare quello che fa la mamma. Anzi, la Mamma. Il resto lo deve fare il papà. Anzi, il Papà.

Ora: perché (può capitare di) fare la pipì in presenza dei figli e delle figlie? Semplice: (può capitare perché) fare pipì è una cosa normale. Per un bambino che abbandona il pannolino, vedere altri che fanno pipì (fratelli e sorelle) è un buon esempio da imitare (negli asili nido, il momento pipì nel vasino è fondamentale). Non ci sono aspetti reconditi in questo: la pipì si fa e basta. I maschi spesso la fanno in piedi, le femmine sedute (o accucciate nei boschi). Punto. Tutto qua. Quando poi un bambino sa fare pipì da solo, ha capito come ci si pulisce il sedere dopo aver fatto la cacca (quindi si fa il bidet senza allagare il bagno), l'autonomia è completa. Da lì farà da solo e, quando non lo vorrà più mostrare, si chiuderà in bagno. Punto. Tutto spontaneo e tranquillo. 

Per quanto attiene la doccia vi sono alcuni aspetti da sottolineare.

Poco tempo fa, un tizio, ha scritto su fb raccontando che mentre faceva la doccia con la figlia (fino ai 6 anni circa può talvolta accadere), per evitare di cadere, la piccola - della quale non conosco l'età - si è attaccata al pisello di papà. Questo post ha suscitato ilarità e likes. Sono in grado di affermare con abbastanza certezza (ho chiesto allo Sposo, che per ora talvolta fa la doccia con il Piccinaccolo, che ha 5 anni) che attaccarsi al pisello è impossibile poiché sotto la doccia - guarda un po' - è scivoloso e bagnato. Un bambino che sta per perdere l'equilibrio nella doccia, si attacca ai peli (siamo mammiferi e facciamo parte dell'insieme dei 'portati attivi' ovvero non siamo marsupiali - che sono 'portati passivi' -, ma come scimmie ci attacchiamo al pelo del genitore), alla mano, alla gamba, ma non al pisello che, oltretutto, essendo verticale, non dà l'impressione di essere una maniglia sicura, non so se mi spiego. Ora, a parte la cretinata di scrivere una cosa di tal peso sui social, mi fanno riflettere le accuse di pedofilia o apologia di pedofilia, all'indirizzo di 'sto povero pirla sciocco. Se un papà fa la doccia con una figlia/un figlio, ovvero sta sotto l'acqua con lo scopo evidente di lavarsi (quindi sapone, shampoo e via, anche perché la doccia insieme vuole dire che uno dei due prende freddo, mentre l'altro è sotto l'acqua tiepida), non c'è pedofilia, ma cura della persona, soprattutto se avviene ogni tanto, per caso, e se gli scambi affettivi tra genitore e figlio sono moltissimi altri in altre occasioni. Il pedofilo fa purtroppo ben altro e in modo più subdolo, violento, meschino, schifoso. E pure le pedofile (che esistono, sia chiaro: si legga il capitolo "La Pedofilia femminile" di Donne che osano troppo, di Cantelmi e Grappone), che sono ben più terribili perché su di loro non pesa lo stigma sessista del pedofilo maschio per antonomasia. Se un bambino/bambina non desidera fare la doccia con papà/mamma e viene costretto, lì c'è imposizione e non va bene. E questo vale in caso di adozione di bambini grandicelli, e certamente potrebbe accadere in caso di 'compagni' di mamme e papà riaccompagnati. Il centro della faccenda è il rispetto del pudore del bambino. Ecco, ma cos'è il pudore? Scrive Gilberto Gobbi, compianto grande professionista: 

"Noi riteniamo che il pudore sia un sentimento che nasce e si sviluppa come tappa fondamentale della maturazione percettiva della propria identità psicocorporea. E’ la fase in cui il proprio corpo è percepito e vissuto come il proprio sé corporeo, con dei confini ben delineati e delle connotazioni che lo identificano come un corpo differente: lui/lei si sente differente dagli altri e con una sua identità psicosessuale propria. E’ la tappa di un processo psichico inconscio, che il bambino vive nel suo cammino di differenziazione dagli altri corpi familiari e dalle altre persone con cui è in contatto e di identificazione con la propria realtà psicofisica. Da qui deriva la presenza di atteggiamenti e comportamenti di chiusura, di non essere visti nudi, di nascondersi quando si cambia i vestiti, di non fare più la doccia assieme al fratellino o alla sorellina, di non volere la presenza del padre in bagno, ecc. Gli adulti tendono ad interpretare questi comportamenti come vergogna, quando invece ad operare è il sentimento del pudore. La vergogna è un sentimento che nasce dall’aver commesso qualcosa che socialmente non è accettato. Non è il caso del bambino di 5/6 anni, a meno che gli adulti maldestri non abbiano sollecitato nel bambino la malizia dei sentimenti attraverso comportamenti e  commenti verbali sui loro atteggiamenti, come spesso avviene. In questo caso si inocula nel bambino un sentimento di vergogna che va a sollecitare la malizia e lo si depriva di un vissuto del proprio corpo (il pudore) che gli facilita l’identità psicosessuale, l’accentuazione della differenziazione e un’acquisizione  positiva del proprio corpo. Il pudore è una tappa importante nell’appropriazione della propria corporeità e nella percezione dei confini corporei che sono espressione della propria identità, di maschio o di femmina e delineano uno spazio inconscio tra sé e gli altri. E’ quello spazio personale che in futuro acquisirà  un’importanza fondamentale nelle relazioni varie e in particolare in quelle intime con il futuro partner. Se questo è un periodo della curiosità e delle domande anche sul sesso, il non tener contemporaneamente conto della realtà psicologica vissuta dal bambino, significa fare un’educazione sessuale che, invece di aiutarlo a crescere serenamente, gli crea confusione, disvelando prima del tempo aspetti della crescita che necessitano di essere dati al momento opportuno". 

Un ultima considerazione.

Ricordo come fosse ora il fatto di fare il bagno nella vasca con il mio papà. Ricordo che mi lava i capelli e che mi passa alla mia mamma, pronta con l'asciugamano. Se me lo ricordo non dev'essere accaduto tante volte. Cosa c'era dietro? Nulla: cura del corpo. Vedere perversione in questo è pregiudicare come negativa la nudità casuale dei genitori e dei bambini. Ci sono due grandi fuochi nei confronti di questo argomento: da una parte i genitori nudisti (spesso lo fanno per insegnare ai figli che non c'è nulla di male nel corpo), dall'altra i genitori vergognosi (che non mostrano nulla dei loro corpi e di ciò che avviene in bagno e aspirano al fatto che i figli facciano lo stesso nel più breve tempo possibile - ne parlai qui -). Nel mezzo ci sono le mille tonalità di grigi che fanno di ogni famiglia, una famiglia particolare e unica. I genitori hanno l'opportunità di far vivere bene il fatto di essere esseri umani differenti per sesso e per caratteristiche sessuali; di far acquisisre comportamenti giusti ai figli (i manuali di Educazione Civica delle Elementari insegnano - INSEGNANO!! - a lavarsi); di educare i figli alla loro preziosità fisica e di maturare le capacità per prendersi cura di loro stessi. Se tutto questo avviene con spontaneità e serenità, nel pieno rispetto dei bambini, senza il presupposto di fare lezione di educazione sessuale o altro, va bene.