sabato 5 agosto 2023

Mamma mia che film femminile!!

La storia è quella di una ragazza che fa un po' di pasticci ma poi diventa una donna responsabile.

Sto parlando di un film che ritengo interessante, soprattutto per le figlie femmine.

Quindi oggi parlerò di "Mamma Mia! Ci risiamo!", uno dei cult della nostra famiglia.



Donna è un'adolescente che potremo definire "libera", padrona del suo corpo, libera di prendere e trasferirsi in un posticino remoto del Mediterraneo senza che mamma sua le chieda manco dove vive e come sopravvive. Infatti la sua dolce mammina (interpretata, per l'appunto, da una donna degli anni Sessanta: Cher) non si presenta al diploma della figlia e costei se ne lamenta con le amiche. Due parole su mammina, innanzi tutto.

Che una giovane donna, abbandonata alla sua libertà (si noti il giuoco sul significato dei termini), cerchi qualcuno che la custodisca, le voglia bene, stia con lei, è normale. Che non mi si venga a dire il contrario, perché magari ci sono le ultragrandiose che fanno le fighe pseudoemancipate, ma ne vedo poche-poche e, soprattutto sono in su d'età e con gatti al seguito. Cher rappresenta proprio la madre che si fa la sua carriera per gli affari suoi: egoista e narcisista, non maschera neppure un attimo la sua implapabile irresponsabilità genitoriale. Lo si intende benissimo dalle cinque battute che dice nel film tra le quali spiccano: la mal celata critica e le osservazioncine superbe all'esibizione della nipote che di mestiere non fa la cantante; il fatto che stia solo ed esclusivamente sul fatto che lei è nonna e sta per divantare bis-nonna; l'assoluta assenza per 25 anni dalla vita della figlia - che nel film si apprende essere morta (manco 'na lacrimuccia e una parola di rammarico sul fatto che non si è mai fatta vedere e non ha mai collaborato economicamente alla vita di figlia e nipotina: nel film "Mamma Mia" infatti sappiamo che Donna non ce la fa a sbarcare il lunario e il suo alberghino cade a pezzi mentre mammina sua è famosa a Las Vegas) - e della nipote che infatti cestina l'invito all'inaugurazione del nuovo albergo immaginato dalla madre e che è stato acquisito da tal signor Cienfuegos (interpretato da Andy Garcia per il quale io sbavo). Se una nipote non mi invitasse a un evento del genere, una volta persa mia figlia, mi farei due domande e mi risponderei d'annammene affanc facendomi un esamino di coscienza, ma ci mette una pezza il marito della nipote che da quel che si capisce è un buono proprio buono che si trova a ricucire un rapporto sfilacciato giusto perché la moglie è orfana e magari ha bisogno di affetto e sostegno ora che aspetta un piccino. 

La nostra protagonista, Donna, che nel film non appare in alcuni flashbacks, è una giovanetta piuttosto disinibita che canta e balla andando a letto con sconosciuti. Che nessuno si stupisca, per gentilezza. Se alcune ragazze estremamente virtuose ce la fanno a mantenere la fortezza che ci vuole, al mondo d'oggi, di non cascare nelle lenzuola di qualcuno che magari è anche belloccio e interessato, sono lieta che esista. Io non ne ho mai conosciute, ma forse frequento gente sbagliata. Io sarei (stata) paro-paro a Donna: che sia chiaro. Famiglia sfatta, genitori confusi, mondo attuale... Sinceramente non credo che sarei stata capace di essere diversa. 

Comunque Donna si ritrova prima a Parigi e definitivamente in Grecia - dove trova, ma guarda un po' - una sorta di famiglia: la proprietaria della catapecchia che poi diverrà casa sua e parte del suo alberghino, e lo scapestrato figliolo di costei che ha una vocazione da cantante piuttosto confusa. Queste due persone le saranno fedelissime, infatti il figlio della signora è anche presente all'inaugurazione del locale ideato dalla figlia di Donna 25 anni dopo. La signora è anche quella che capisce tutto: dal fatto che Donna è brava e per cui le affida la catapecchia, al fatto che Donna ha le doglie e deve assisterla. Un paio di note su questo.

Le donne che partoriscono hanno bisogno di una madre che stia con loro. Michel Odent, uno dei padri del parto naturale, afferma che l'ostetrica deve essere come la madre. Voglio immaginarmi che la signora, oltre che assistere Donna, le sia stata vicina anche quando Sophie (la figlia: il nome è un nome classico. Donna non fa l'eccentrica della situazione e battezza la figlia attribuendole un appellativo semplicissimo) poppava - qualcuno deve averla mantenuta e aiutata, del resto - o i primi passetti. Ovviamente magari mammina, da Las Vegas, mandava qualche soldino, ma guai a tirarsi su le maniche e passare l'aspirapolvere o preparare la cena: per l'amor di Dio, una donna in carriera non si fa disturbare dalla nascita di una nipote e dai doveri che questo implica (si noti l'accento sul termine doveri, per cortesia). L'ultima volta che ho chiesto a una madre di aiutare la figlia a riordinare casa devastata da pargoletti piccini, la signora (anzi, professoressa) mi ha risposto che quello non era il suo mestiere. 

Donna ha anche due affezionate amiche, una più confusionaria dell'altra: buone come il pane, fedelissime e assolutamente pronte a sacrificarsi per lei. Infatti Sophie le chiama "zie", anche se le conosce quando ormai è grande (film parte 1) e quindi dobbiamo immaginarci che tra la pubblicazione di un libro di cucina e un matrimonio, non si siano mai presentate a dare una mano a Donna nei primi vent'anni di vita della figlia. Sono l'emblema delle amicizie "leggere" che spesso ci circondano: ho avuto amiche così e talvolta mi dispiaccio di averle seminate per la via, ma non erano pressoché necessarie. Buone, ma del tutto impalpabili. Queste amiche sono tristi per Sophie e la morte di Donna, affrante oserei dire, ma la loro sofferenza si riflette comunque sul loro senso di perdita e non di dolore effettivo per la scomparsa di Donna e, soprattutto, per le difficoltà e il lutto di Sophie. Tra l'altro avendo vite sentimentali del tutto disequilibrate, non sono nemmeno d'aiuto quando Sophie pare essere un po' in crisi con Sky, il marito. Queste donne le conosco benissimo: sono persone che parlano di amore e di relazioni agli altri, dando suggerimenti e molto altro, ma non sanno nulla di effettivo sul significato di sponsalità... Di solito sono madri che hanno allevato figlie femmine da sole e hanno (avuto) una vita sentimentale del tutto irregolare (la colpa è sempre dei "lui" che sono incapaci, immaturi... eccetera) o padri che istruiscono i figli maschi in modo da sviluppare un buona dose di misoginia piuttosto spaventosa (tutte le donne sono poco di buono che cercano solo qualcuno che le mantenga eccetera). 

Donna, quando arriva in Grecia, ha tre storie fugaci in un mese, con tre ragazzi diversi. Il primo è un semideficiente che la scambia per una specie di infermiera del sesso, chiedendole di avere con lui il primo rapporto della sua vita (avrà una vita dopo Donna, ma rimarrà affezionato a Sophie una volta saputo della sua esistenza). Il secondo è il classico stron imbecille che cornifica la fidanzata con Donna e poi si pente (avrà pure dei figli con la moglie, salvo poi mollare la famiglia per trasferirsi da Sophie una volta scoperta della sua presenza e della morte di Donna, e chissenefrega della moglie e dei figli). Il terzo è quello più sincero: è il classico bellone che non maschera per nulla le intenzioni erotiche a Donna. Quando poi lei rimane gravida, nessuno di questi sarà avvisato. Qui Donna fa un po' la femmina dura e pura, ma in fondo in fondo la capisco: l'errore di concedersi a tre emeriti sconosciuti lo ha compiuto lei, e lei si tira su le maniche. Non scappa di fronte alle responsabilità, non va a cercare la ginecologa bontempona che farebbe abortire anche sua madre di lei stessa: il bimbo c'è, il bimbo si tiene. Probabilmente anche perché dopo una vita senza madre, senza affetti, un figlio è qualcuno da accudire ed amare.
Menomale che si tratta di un racconto di fine anni Settanta, perché se fosse attualizzato potrebbero succedere tutta una serie di cose allucinanti se Donna avvertisse tutti e tre i presunti padri: dal test del DNA, alla causa di mantenimento, al fatto che se il padre fosse un ricco narcisista potrebbe intentare una causa verso Donna per toglierle la figlia anche solo per poterne disporre lui visto che Donna è nullatenente e non ha i soldi per mantenere la bambina... insomma: un casino colossale.

Nonostante siamo negli anni Settanta - o proprio per questo? - Donna non abortisce. Non ne ha la minima intenzione sin dalla prima vomitata bimbopositiva nel gabinetto. Si tiene la pargolotta e si carezza la pancia con dolcezza e senso di protezione. Medesimo senso di protezione che mostra nel non dire mai a Sophie né della sua sventurata giovinezza, né dei tre presunti padri: cosa che scopre Sophie sbirciando i diari di mamma (film parte 1). Il gesto più strano e inaspettato per una donna di questo genere, è che Donna battezza Sophie. Venticinque anni dopo Sophie battezzerà il figlio Donnie nella medesima chiesetta. 

Quanto materiale ci può essere in una storia del genere? Io trovo che ce ne sia moltissimo perché tutto parla di errori che vengono rabberciati puntando verso il bene, verso il buono e il bello. Infatti è sempre così: una mamma che tiene il bimbo, se pur non calcolato né programmato né desiderato (termine molto in voga), compie qualcosa di meraviglioso soprattutto verso se stessa. Quel piccino mai potrà nuocerle. Quella piccina potrà sempre e comunque essere l'incipit per una vita nuova.

Nel contempo, siccome sono una romantica e, nipote di Nonna Emma, ho le "lacrime in tasca" a ogni film con un  minimo di lietofine, posso solo concludere come commentava lei quando, uscita dal cinema singhiozzando, le veniva chiesto quale fosse il motivo della copiosa commozione: «Mi sono divertita: ho pianto tanto»...