mercoledì 18 luglio 2018

I figli sono...

Un figlio non è:
- un progetto attraverso il quale realizzarsi: chiunque lo pensi non sa quanto un adolescente non voglia per nulla essere il progetto di nessuno al di là di se stesso. E dopo essere stato un cinguetante fantolino, la creatura diviene spesso una meravigliosa prorompente persona con un caratterone spigoloso ed esigenze mai prese in considerazione da coloro che suppongono di poter gestire con semplicistica facilità la loro creatura (l'uso del pronome personale confonde molto i genitori).
- un modo per consolidare il proprio rapporto di coppia: al contrario, l'arrivo di un figlio mette in crisi in modo importante la relazione tra due persone (ed è per questo che il banale e sovrastimato sentimento di amore serve a poco o nulla per riuscire a superare le difficoltà prodotte dall'arrivo di un bambino) perché costringe a comprendere quanto una relazione si debba fondare su un pogetto di vita che deve (se non ci sono impedimenti drammatici) essere duraturo e necessita di abnegazione, sacrificio, caparbietà e, necessariamente, di una morale (robetta un po' più tosta del mieloso "love").
- un mezzo per autorealizzarsi economicamente, imprenditoriamente o professionalmente. Un figlio non ha il dovere di andare bene a scuola per dimostrare che siamo bravi genitori, né ha il diritto di pretendere che tutta la nostra aspirazione di vita si concentri in lui. Di per certo non si fa un figlio perchè i propri soldi non li prenda lo Stato alla nostra dipartita. 
- una meta che si concretizza. Non ne ha il dovere. Se ci si aspetta il fatto che un figlio sia un "arrivo" si rimarrà delusi dal fatto che questi sia solo una "partenza" dal momento in cui è un minuscolo cuore pulsante. E quando si parte non tutto è prevedibile.

- qualcuno che risolverà i nostri problemi di figli, trasformandoci in genitori. Nel rapporto con un figlio inseriamo ogni tipo di memoria filiale bella o brutta, spesso supponiamo che costui eliminerà o valorizzerà la memoria storica e sentimentale che abbiamo coi nostri genitori. In realtà spesso ci dimentichiamo che abbiamo generato una persona e non il nostro terapeuta.
- qualcuno che deve farci diventare il genitore che avremmo voluto tanto essere. Nella nostra immaginazione abbiamo un progetto educativo spesso del tutto differente da quello che poi applichiamo. Questo poiché ci dimentichiamo tosto il fatto che un figlio non viene come lo vogliamo, anzi, spesso è del tutto il contrario. E se noi ci opponiamo a questa formazione di un individuo a sé stante, è perchè non abbiamo un briciolo di fiducia né in lui, né in Lui. 
- un organismo che si autoregola, una persona da lasciare libera di costituirsi a proprio piacimento, un individuo totipotente da conformare attraverso ideologie culturalmente di moda. Portare avanti questo modo di allevare figli ha delle conseguenze pesanti che spesso noi non siamo in grado di fronteggiare né di accettare. Tutto si ricollega alla negazione del periodo fisiologico dell'adolescenza nella quale il figlio è chiamato a diventare altro da noi (facendocelo robustamente capire), per poi scegliere se ripercorrere le nostre strade o meno. Non accettare l'adolescenza e la maturazione dell'individuo  (quindi nostra e dei nostri figli) porta spesso alla creazione della persona adultescente.
- un amico. Non abbiamo il diritto neppure di pensarlo ed egli non possiede il diritto di comportarsi come se lo fosse. Lui non è lì per accompagnare le nostre scelte né perché siamo incapaci a stringere relazioni coi nostri pari (di età). Parimenti lui non deve permettersi di annoverarci nelle sue amicizie e di stringere con noi una relazione alla pari.

Un figlio è:
- una persona che si sviluppa o perché noi abbiamo avuto un rapporto sessuale, o perché abbiamo avuto una lunga trafila per dimostrare che un bambino potrà avere in noi fiducia. In entrambi i casi siamo chiamati con attenzione, cura, rispetto, spirito di sacrificio e carità ad essere coloro che gli trasmetteranno primariamente il messaggio che la vita è meravigliosa poiché è incondizionatamente amato. 
- un dono: non abbiamo il diritto di supporre che l'unione  (anche forzata) di un ovocita e uno spermatozoo debba per forza avvenire quando lo pretendiamo, nel modo in cui lo pretendiamo, formando un individuo che pretendiamo essere in un dato modo. Se Qualcuno o la natura fa sì che avvenga una scintilla di vita quando quelle due cellule si uniscono, è tutto di guadagnato. Ringraziare quotidianamente per aver ricevuto quel dono fa di nostro figlio qualcuno di prezioso sul quale noi non possiamo pretendere diritti per lo meno fino a che egli non capisce che è una persona che ha doveri. Medesima situazione per i figli adottivi nei confronti dei quali noi siamo chiamati ancora di più alla perfezione e sui quali il diritto non deve esistere proprio, come concetto: chi ha perso mamma e papà ha il diritto ad avere una mamma e un papà che gli facciano riacquistare fiducia in sé e nella Vita (chiedete ad uno psichiatra: non è un'acquisizione semplicissima).
- un modo per metterci a servizio della  formazione di un cittadino che si relazionerà con altri: lasciando perdere il fatto che avrà diritto di voto, soprassederei pure sull'importanza dei bei voti a scuola. Essere un cittadino in relazione significa che dovrà anch'egli formarsi una famiglia il più possibile duratura, che dovrà avere responsabilità nei confronti di individui più deboli e che avrà responsabilità lavorative. 
- un individuo che potrebbe sentirsi in imbarazzo quando scoprirà il nostro profilo Facebook o di altri social: ci vede come le persone più importanti per lui e scoprire certe cose su di noi potrebbe realmente danneggiarlo senza parlare del fatto che perderemmo la sua stima. Già è un fatto che avviene automaticamente: cerchiamo di mantenere un briciolo di dignità (che già perdiamo quando veniamo scoperti a farci le facce allo specchio) e di contegno.
- una persona che ha un sesso di appartenenza deciso dal cromosoma portato dallo spermatozoo e sviluppatosi per tutta la gravidanza grazie al cervello e anche all'aiuto di ghiandole endocrine. Cerchiamo di non giocare a fare dio impartendogli insegnamenti sciocchi che poi lo potrebbero danneggiare lungo il corso della sua vita: egli passa con noi una percentuale di tempo bassissima rispetto a quella che potenziamente passerà con altri individui, facciamo anche qui il conto di non avere a che fare con un foglio bianco che poi possiamo buttare via se il disegno non ci piace: già un figlio raccatta le nostre paranoie e l'enorme bagaglio delle memorie biologicamente trasmesse dai suoi avi, non consegnamolo alla cura della psichiatria perché noi volevamo fare un esperimento educativo senza pensare alle conseguenze.
- una meravigliosa persona che ci laverà quando saremo vecchi o diventeremo handicappati: se lo cresciamo ascoltandolo, lui ci ascolterà, se lo cresciamo curandosi,  lui ci curerà. Se gli insegnerà che l'individuo è sopprimibile, ci sopprimerà.
- un essere umano con dignità: ha diritto di avere un'educazione che gli insegni come si sta al mondo, pena la sciorinata adolescenziale sul fatto che avremmo dovuto impartire insegnamenti meglio adeguati alla cultura di appartenenza e alla società nella quale viviamo. Trasmettere un messaggio sul fatto che siamo fatti di mente, corpo e spirito non è inutile pedanteria pedagogica, ma sostanziale istruzione all'importanza di trattare sé e gli altri in modo adeguato e rispettoso.