venerdì 15 dicembre 2023

Mio marito, un barba-patriarca

Lo Sposo è un maschio, bianco, eterosessuale. In più è un uomo che a 22 anni, con un piccolo aiuto dei genitori, ha aperto uno studio tecnico e si è asssunto la responsabilità di portare avanti una professione che implica estrema attenzione e coscienza di sé. 



Come se non bastasse, a 23 mi ha conosciuto e, andando contro ogni voce che girava su di me, mi ha sposato ed è diventato padre. Nel suo tempo libero, da quando aveva 16 anni, dedica una sera o una notte alla settimana a fare il volontario sull'ambulanza: coi suoi occhi ha visto tragedie familiari immani, com'è facile intuire. Attualmente è un professionista competente che mantiene una famiglia di nove persone che non sono ancora autonome. Ha subìto il lutto mostruoso di una madre morta davanti ai suoi occhi a causa della malasanità e nonostante ciò che in quel momento della sua vita gli stava accadendo, mi è stato vicino durante il periodo più terribile della mia vita (il mio orribile periodo di formazione universitaria), pronto ad accollarsi sia la causa medico-legale della morte di mamma, sia una ipotetica causa per mobbing contro i baroni dell'università. Ѐ una persona rude, che quando si impunta su una cosa, la porta avanti senza fare tante chiacchiere: non ha un briciolo di pazienza, non ha mai fatto giocare i figli, è intransigente in tante circostanze (se c'è il mare calmo, va a pescare anche se avesse un'Udienza Papale). Ho trovato pesantissimo potermi adattare a lui e siccome ho vissuto ben tre donne della mia famiglia che mi avevano educato al fatto che le donne non devono tacere, che le donne non devono subìre, che le donne devono decidere eccetera eccetera, gli errori più grossi che io ho commesso, sono stati fatti non ascoltando quello che lui mi diceva o escludendolo completamente dalla mia vita. Per esempio, quando Cigols inizò a stare male a scuola (una scuola privata decisa da me e pagata da lui senza fiatare), lui aveva già esposto quella che era la sua decisione, ovvero quella che sarebbe stata la più corretta: togliere Cigols dalle grinfie della sua maestra. Io tenni duro, beandomi di tutta la mia chissàquale saggezza, seguendo i desideri di Cigols di non abbandonare i suoi amichetti (che comunque, dopo il cambio di scuola, hanno ben pensato di non rivolgergli più la parola poiché la maestra aveva detto loro che lui se n'era andato perché non era loro amico): il risultato fu il cambio scuola a metà della quarta elementare, quindi dopo due anni di ripetizioni, psicologhe eccetera, con sofferenza psicologica enorme (senza contare le fatture da pagare). Stessa cosa successe con gli esporatori cattolici che secondo lo Sposo non erano educatori capaci: anche in quella circostanza aveva ragione e sempre Cigols ne ha fatto le spese. In realtà, tuttavia, le spese dell'incapacità di quelle persone le ha pagate anche Lillo, che non ha vissuto un percorso di fede (nonostante l'aggettivo "cattolici" nell'acronimo dell'associazione), ma che - al contrario - l'ha persa. Certamente colpa mia che non ho saputo trasmettergliela, ma non penso che il cattolicesimo espresso da quelle persone abbia aiutato: al contrario, direi. Su Lillo ha preso la decisione più corretta in assoluto, quella che io non avevo proprio intenzione di fargli portare avanti per il semplice motivo che avevo degli sprazzi di femminochismo* che mi dicevano che io dovevo decidere su mio figlio e non il padre (che comunque era invece chiamato a sovvenzionare ogni mio capriccio dal punto di vista economico): il risultato è stato che Lillo adesso potrà lavorare a fianco al padre, appena avrà terminato gli studi e il periodo obbligatorio di tirocinio, diventando autonomo entro i 22 anni, mentre io l'avrei dato in pasto al meccanismo universitario attraverso il quale mai avrebbe acquisisto le capacità che già mostra ad oggi (sul fatto che lo Stato abbia puntato sulla formazione universitaria per qualunque mestiere/professione e sul fatto che questo non garantisca nulla dal punto di vista dell'autonomia personale lavorativa, ci sarebbe bisogno di un capitolo a parte). 

Lo Sposo è un tipo piuttosto sintetico: lui fa. Chiamato a occuparsi dei figli, sta trasformando Cigols, Checcolens e il Piccinaccolo in pescatori. Questo non vuole dire che farà di tale passione un mestiere, ma significa che sta trasmettendo loro il grande valore del passatempo sano: sistemare le canne, snodare i fili, preparare gli ami la sera; svegliarsi alle 4 del mattino, sistemare tutto in macchina; andare al porto, mettere a posto tutto il materiale e partire entro le 5 e mezza; stare in mare sino a sera; pulire la barca, mettere al sicuro le canne, mangiare i pesci pescati... Diciamo che è meglio del sapere i figli di fronte a qualunque schermo. Lillo, invece (che soffre il mal di mare come sua madre), nonostante tutte le mie rimostranze teoriche («Se lui non se la sente non puoi obbligarlo» eccetera), è obbligato ad accompagnare il padre a fare volontariato: quindi sta acquisendo alcuni valori importanti, come quello del dare agli altri il proprio tempo, gratuitamente. 
Ogni mio desiderio lui l'ha assecondato, mettendoci economicamente il suo impegno, occupandosi dei figli e - mi sono resa conto negli anni - sopportando alcune situazioni pesanti, come quando partecipavo a convegni in giro per l'Italia e lui mi ci portava senza fiatare, annullando impegni di lavoro e sopportando i miei cambi di umore repentini dati dall'ascolto di questa o quella idea. Mi ha aiutato in ogni circostanza, impegnandosi ad agevolarmi anche quando intravvedeva la realtà delle situazioni: essendo molto capace a capire le persone anni prima di quando possa fare io, mi metteva in guardia nei confronti di queste e mai facendomi notare, una volta resami conto che ci aveva visto meglio di me, quanto lui avesse ragione. Si limitava a "disinfettarmi le ferite" e a subìre ore di pianti o di attacchi di rabbia enormi. 

Ci sono migliaia di circostanze durante le quali io posso aver pensato ai suoi difetti. Ci sono stati infiniti momenti che se avessi avuto le amiche sbagliate, quelle simpatiche che amano sfasciare i matrimoni (fanno parte del team femminoche), lo avrei mollato, pronta a trovarmi magari un compagno più adeguato alla mia idea di compagno in quel momento. Lui però non è un uomo che si sarebbe fatto lasciare facilmente, questo va detto. E questa sua prerogativa (la gelosia, che tanto è criticata attualmente dalle anatre del mainstream) l'ho trovata noiosa e quasi soffocante, talvolta. Poi mi sono resa conto, ho dovuto proprio fare ammenda, quando ho capito che quella con una gelosia più fragile - data dal mio terrore di essere abbandonata - sono io: alla fin fine lui non mi ha mai impedito nulla, non ha mai fatto un solo gesto di controllo su di me. Io, invece, sono stata capace di fargli una scenata di gelosia perché avevo visto la sua macchina in un posto sbagliato. Peccato non fosse la sua, ma una simile. Insomma: le figuracce con me stessa le ho fatte io. Lui si è sempre solo limitato a dirmi che per lui sono fondamentale, che per lui sono la sua famiglia, che tiene a me più della sua vita.

Il Signore è strano. Quante cose sono accadute nella mia vita che io ho vissuto come mancanze nei miei confronti proprio da parte Sua, ma che invece sono state lo spunto vitale del mio matrimonio... Ogni tanto ci penso e mi chiedo il perché di tante cose che ho affrontato, e la risposta, adesso, è che posso farcela solo grazie a un marito, uno Sposo, che è proprio come io talvolta non lo vorrei. Quello che cerco di dire è che se il Signore mi avesse dotato di un marito come sarebbe piaciuto a me (ovvero forse maggiormente ai miei genitori: che tra l'altro hanno idee diametralmente opposte), il mio matrimonio sarebbe naufragato. Invece mi ha messo accanto un Neanderthal silenzioso, una sorta di menhir umano, un Ӧtzi della Versilia, pronto a cacciare per il sostentamento della sua famiglia nonostante le rimostranze della moglie Beniamina (questa non è per tutti: è la moglie caparbia e irriverente di Abraracourcix, capo del villaggio gallico di Asterix e Obelix). Una moglie che ha sfracassato l'anima per laurearsi sapendo che mai avrebbe lavorato per guadagnare ma solo per passione, che ha sottoposto la famiglia a orari e sofferenze indicibili e che, di punto in bianco, ha deciso che quel lavoro che tanto le piaceva non andava più bene e che doveva mutarlo per farlo ancora meglio. Lui ha taciuto, ha accolto, ha ascoltato, ha mantenuto la famiglia senza fare una piega. Ma non solo: quando io gli ho fatto notare che sono stata un'idiota a volermi laureare per cambiare il mondo, ma che poi non l'ho cambiato in nulla, lui mi ha sostenuto serenamente, dicendomi comunque che stava al mio fianco e che sicuramente avrei trovato la mia strada. 

Veniamo a noi: la natura vuole che un uomo e una donna si amino e mettano al mondo dei figli (anche le coppie di miei amici che sono genitori adottivi, mettono al mondo il loro figli, traendoli da una vita difficile e restituendogliela) e nonostante le avversità, si rispettino e si vogliano bene per tutta la vita. Non è tradizione: è natura. E non solo: è fisiologia. Avere una natura significa avere una vocazione, un compito finale, che è quello di mettere al mondo i figli che Dio ci dona e farli crescere uomini e donne. Tali doni non sono da intendere con sguardo materialista (pacchetto regalo da acquistare e consegnare a chi lo merita) ma con sguardo di Fede: i figli sono degli appelli che Dio ci offre per farci maturare in modo attivo, libero e responsabile. Per farlo c'è bisogno di maschi virili e femmine accoglienti. Insieme. In tantissimi casi mio marito potrebbe essere definito "patriarcale": vivaddio, rispondo io soprattutto quando osservo omuncoli narcisisti dal cervello fritto dalla pornografia, che mettono a ferro e a fuoco le loro famiglie. Questi sì che sono "maschiucoli" e non certo i mariti come il mio che metterebbero a repentaglio la loro vita per me e i nostri figli. Gli omuncoli di cui dicevo, sono quelli che vivono per masturbarsi su onlyfans, per farsi la segretaria, per sniffare roba, per soffocare la serenità dei figli privandoli di un'educazione a cosa significhi essere Uomini. Ce ne sono molti e spesso sono pure quelli che acquistano bambini sui cataloghi, pagando (come fa un qualsiasi ometto che frequenta prostitute) una donna, per fare quello che non possono avere. Al netto di tutte le definizioni che si possono trovare in giro, io sarei la donna sottomessa dedita solo alla maternità e comandata da un marito patriarcale. Lo sarei per quelli che trovano normale la compravendita di esseri umani per il mero piacere di possedere dei "figli", per quelli che trovano normale mettere al mondo figli senza apparente scopo all'infuori del proprio desiderio, per quelli che abolirebbero il Matrimonio. Lo sarei sicuramente per le femminoche che ciarlano di maschi violenti ma non comprendono da cosa deriva quella violenza, ovvero sempre di più dalla cancellazione di quell'educazione morale forte e virile che si acquisisce quando si vive in una famiglia normalissima, dove una madre e un padre discutono, ma si abbracciano, sono stanchi, ma si sostengono a vicenda. 

Il mio Sposo è quello che si è sempre occupato dei figli, notte e giorno: non cacciandomi dal letto come fanno tanti mariti dediti al concetto del talamo nunziale (indipendentemente dalla fede professata, il marito che deve lavorare percui il letto è il suo, è un fatto da dare per scontato) per costringere la moglie a dormicchiare su brandine in camera dei figli, ma stando con me e aiutandomi durante la notte, cambiando pannolini, somministrando tachipirine e sostenendomi la schiena durante le poppate di uno o due figli contemporaneamente. Questo anche se la mattina va a lavorare mentre io sono a casa: il mio, al pari del suo, è sempre considerato un lavoro. Certo: trattandosi di un pericoloso patriarca ha organizzato la stanza per essere comodo, mattendo un letto king size e facendo sì che tutti possano dormire con noi, senza fare troppi discorsi. Il suo patriarcato si svolge anche quando lava le pentole, passa l'aspirapolvere, pulisce i vetri, porta fuori la spazzatura, sta in piedi per i compiti di geometria, tutte cose che lui non pretende, ma sa che si tratta di competenza di tutti. Infatti è lui che scrive sul gruppo della famiglia le cose da fare senza distinguere il sesso di chi deve farle. Le si fa punto. Questo patriarca va alla Messa alle 6, poi porta le brioches per tutti e accompagna i figli a scuola. Il patriarca è colui che educa i figli maschi a fare gli uomini, maturando la loro autonomia impedendo alle mamme (coooocccodè, chioccio io) di accompagnare i figli a scuola quando vorrebbero autonomia ma mamma-ha-l'ansia; dando compiti che mamma reputa difficilissimi e imponendo ai figli di portare avanti i loro impegni, anche solo guardandoli e pronunciando il loro nome (per farmi ascoltare, io devo ululare). Ovvero facendo tutto quello che una come mia nonna non avrebbe mai consentito di fare al proprio marito, mio nonno, che infatti poi è stato un padre assente causando rovine immani sulla sua famiglia. 

Lo Sposo è uno di quei padri che interverrebbe quando una figlia potrebbe essere accompagnata a un omuncolo ipoteticamente violento. Lo farebbe silenziosamente, senza drammi, ma ponendo la parola fine alla situazione. Sarebbe uno di quei padri che se un figlio maschio dovesse pensare di comportarsi male con una donna, lo incenerirebbe con lo sguardo laser stile Superman. E per quanto riguarda tali situazioni, guarda un po', ho amici che agirebbero tutti in questo modo: dando il buon esempio ai maschi e difendendo le figlie femmine. Certo, costoro non fanno notizia, non fanno soldo, non producono likes e lacrimevoli dichiarazioni televisive. La mia unica speranza è che uomini come il mio possano continuare ad esistere, nonostante tutto l'immondezzaio che alcune vorrebbero portare avanti. 

San Giuseppe è stato un patriarca, uno che ha accolto Maria con un amore infinito, educando il figlio che Dio gli ha affidato, rispondendo a Suo appello. Se proprio ci dovesse essere bisogno di un esempio per educare gli uomini, bisognerebbe guardare a San Giuseppe.



*dottrina pseudofemminista secondo la quale i maschi sono sempre brutti, cattivi e ignoranti, mentre le donne devono avere ragione al 100%. Il termine è formato da "femmin+oche", ovvero le rappresentanti di questo filone di pensiero che passano il loro tempo a starnazzare contro l'uomo. Mia nonna, grande esponente di tale dottrina, ha rovinato la vita di tutte le persone che la circondavano, avendo come presupposto di ogni suo gesto e ogni sua decisione, quello acquisisto dalla madre, ovvero: le donne devono comandare sempre. Con questo principio ha condotto ogni relazione familiare con una violenza psicologica enorme. A causa sua sono stata vicina a distruggere il mio matrimonio diverse volte, cosa che non è avvenuta perché lo Sposo ha condotto malamente fisicamente fuori di casa, mia nonna (nonostante le mie rimostranze). Ho poi dovuto dargli ragione.