«No, mia figlia dodicenne non ha il computer»
«No, preferirei che i bambini non frequentassero le attività non scolastiche, online»
«Ehm, sì sono a casa, ma devo aiutare i figli con la DAD perché ho un computer seminuovo che usa la figlia alle medie dalle 8 alle 14, e poi ho un altro computer un po' vecchiotto per il figlio alle elementari... oltretutto, essendo DSA, non posso lasciarlo solo perché spesso non riesce a capire ciò che fanno gli insegnanti, quindi ho davvero poco tempo»
«No, preferirei aspettare che si vedessero realmente, piuttosto che virtualmente»
«Mi spiace, sono molto incasinata al momento»
«No, mio figlio novenne non può stare al computer per giocare online coi compagni: se non ci sono io, preferisco che non usi internet»
«No, non farò fare gli esercizi di lettura online a mio figlio finché la DAD non è terminata: non voglio che si stanchi. Inoltre io non posso affiancarlo: non ho materialmente il tempo»
«No, la figlia dodicenne non possiede un cellulare: oltre che stare per forza a casa, non sono d'accordo che lo possieda»
No, mio figlio non possiede una mail privata: non credo che a nove anni gli sia utile»
Mi spiace infinitamente per chi non la pensa come me, ma attualmente - costretti a trovare almeno una nota positiva nell'immensa confusione Covid19 - la pedagogia genitoriale deve cambiare.
Pochi giorni fa un
servizio delle Iene (che aborro, ma debbo ammettere che talvolta servono) raccontava di un anonimo vecchietto che tampina(va) le bambine con messaggi scabrosi: grazie all'intervento dell'inviata, è stato assicurato alla giustizia. Ora: ovvio che la condanna è scontata, la pedofilia è vomitevole e ben poco risaltata dalla politica (don Fortunato di Noto dovrebbe essere Ministro dell'Infanzia), ma questi stramaledetti cellulari forse non dovrebbero essere consegnati sotto ad una determinata età... Per non parlare delle varie pornografia, cyberbullismo, eccetera: i bambini non dovrebbero semplicemente essere in possesso di oggetti di questo genere. A questo punto le rimostranze sono sempre le medesime: si va dal figlio di separati che deve comunicare con il genitore che non è presente, al figlio che prende i mezzi pubblici e deve aver la possibilità di comunicare, al figlio che deve poter essere in possesso di ogni tipo di oggettistica che vada a sostituire la genitorialità attiva. Personalmente mi sono chiesta cosa sarebbe accaduto se il Covid19 fosse accaduto quando era ancora attiva la mia
maestra Gioietta. Non c'erano i computer, non c'erano i cellulari... E quindi? Innanzi tutto si sarebbe fatta la scuola all'aperto, ne sono certa. Lei non avrebbe acconsentito di lasciarci soli, soprattutto quei bambini che lei sapeva vivere situazioni delicate (quando ero bambina cominciarono a comparire i "figli di separati" che migravano da una casa all'altra: all'epoca era chiaro e dato per scontato che la separazione sovraccaricasse negativamente la psiche dei bambini, anche se poi non si è più potuto ammettere): per cui avrebbe fatto invadere il parco vicino alla scuola con i banchini, avrebbe trascinato con le sue mani la lavagna e, siccome era un tipo rivoluzionario, avrebbe fatto mettere lenzuoli bianchi attaccati agli alberi per proiettare documentari. Gli spazi si sarebbero trovati perché, in nome del sano diritto allo studio, all'epoca i bambini avevano un po' di voce in capitolo... Lei era capace di coinvolgere genitori: sono certa che in tutta Italia mamme, papà, zii, nonni... tutti si sarebbero fatti coinvolgere per "praticizzare" le lezioni, magari rioccupando quelle aie che la migrazione verso le città aveva svuotato di bambini. All'aperto, ma al coperto, come insegnanti anche dei contadini, degli allevatori... Io sono certa che le soluzioni si sarebbero trovate.
E invece ora no: la politica, adultizzata e del tutto ignara di quello che avviene nelle famiglie (ci arrivo dopo, ma intanto carico le munizioni), ha approfittato del fatto che la generazione che adesso sta allevando figli in età scolare (elementari, medie e superiori), è più immatura dei figli: cellulari, computer, figli abbandonati già alla televisione, per cui basta cambiare schermo. Se ci sono mie coetanee che si lamentano che «L'insegnante d'inglese si permette di dare 5 al figlioletto diciassettenne dedito al porno perché lui poverino deve distrarsi e poi lo fanno tutti cosa c'è di male io devo anche pensare a me stessa e al mio terzo marito dal quale ho appena avuto il quarto figlio» e ci sono miei coetanei che «Devo distrarmi dal duro lavoro per cui menomale che la compagna diciottenne della figlia è disponibile a venire in discoteca perché io sono ancora gggiovane tanto mia moglie ha il corso di pilates e se la spassa», mi pare ovvio che i bambini delle elementari siano costretti a crearsi un mondo virtuale sia per la scuola, sia per la socialità. Il fatto, però, è che quando io mi permetto di fornire risposte come quelle di cui all'inizio di questo 'articolo', alcune persone mi guardano come se fossi fuori di testa, ma altre - destate quasi da un torpore denso di liquidità virtuale - ammettono che in effetti questa situazione è sbagliata. Abbiamo semplicemente permesso alla politica e alla cultura, culminanti in vent'anni di individualizzazione materialista, di gestire la vita dei bambini e dei ragazzi, come si fa col tetris: metti un po' di DAD qua, togli un po' di relazione vera là e, ovviamente, chiudi parchi gioco, palestre, chiese, scuole di musica, di danza, di teatro e - tocco finale - metti i genitori a lavorare in "smart working". Le genialate hanno tutte un presupposto: i bambini e i ragazzi possono lo stesso imparare senza vedersi, senza confrontarsi, senza relazionarsi. E chissenefrega dei figli di separati, dei figli con genitori violenti, dei bambini in difficoltà a causa di errori culturali (considerare la separazione genitoriane normale, è da sciagurat, lasciatemelo dire).
In effetti che la colpa sia dei bambini dell'asilo nido che si scambiano il ciuccio, o dei bambini delle elementari che si scambiano la merenda, o dei ragazzi di medie e superiori che magari si abbracciano, mi pare chiaro, altrimenti non si spiega e l'accanimento non è comprensibile. I bambini hanno imparato tutto: canzoni terrificanti sul come lavarsi le mani, l'allontanamento sociale con la paura del nonno o della zia, ogni tipo di metodo per vedersi virtualmente. Ma non è servito a nulla. Le mamme e i papà hanno dovuto fare i tripli salti mortali per riuscire a continuare a mantenere la famiglia: con un pensiero rivolto a tutte quelle persone che avevano locali che da mesi sono chiusi (alcuni definitivamente), chi ha continuato a lavorare a casa, si è trovato a gestire un tavolo con uno, due, tre computer con altrettanti figli e il lavoro da remoto. Ovviamente quelli che hanno continuato a fare i loro porci comodi (mi sale l'acredine molesta e insolente) sono i giovani dai 20 ai 30 anni che - per lo meno dalle mie parti - non solo hanno continuato anche durante il lookdown ad avere rapporti sessuali senza un grammo di responsabilità (per l'amor del cielo l'aborto è stato l'intervento chirurgico d'urgenza che mai ha avuto ritardi e mai - e ce n'era l'occasione - è stato messo in discussione: anzi, è stato domiciliato ed è stato inventato il 'teleaborto' così almeno i bambini possono essere soppressi senza tanto rumore), ma hanno continuato a festeggiare, divertirsi, bere nei locali perché allevati a "pane e chissenefrega". Eh già: chiusi in casa come reclusi ci sono stati bambini privati di terapie, compagni e sostegno, e genitori che dovrebbero stare zitti perché scusami, se vuoi fare figli poi sono "affaraccituoi".
Eh già: le mamme che incastravano gli impegni con il lavoro, le scuole, i catechismi, le danze, le terapie e le cure, quelle se le sono scordati tutti perché sono cavoli delle donne se vogliono fare i figli: chi se li fa, se li tiene... vero?
In una oserei dire
simpatica intervista, il Ministro delle Pari Opportunità (perché quelle sono fondamentali visto che, com'è noto, gli uomini partoriscono, allattano e allevano i bambini piccoli) e della Famiglia (ma quale? Quella dei Simpson?) è stata oggetto di una domanda chiara:
“Ma lo smart working dovrebbe servire per lavorare, non per occuparsi dei figli”, ha risposto: «Bisogna intendersi sul concetto di smart working. Deve essere svolto in alcuni orari ma non è come avere l’orario di ufficio traslato a casa. È in modalità agile, da fare in forme diverse. Se il lavoro in modalità agile non è possibile, si può accedere al congedo parentale». Congedo che prevede, però, una retribuzione al 50%. Inoltre, il decreto Covid non prevede l’erogazione del bonus babysitter a chi lavora in smart working, ma solamente a quelle categorie di lavoratori, come sanitari e forze dell’ordine, che devono necessariamente lavorare in presenza. Immaginate le mamme che svolgono lavoro agile da casa, magari con un bambino piccolo. Sarebbe altresì interessante sapere cosa ne pensano i datori di lavoro... la realtà ci dice che la maggior parte delle famiglie italiane in questi giorni è in forte difficoltà di fronte a questa soluzione.Intendiamoci, il problema è drammaticamente chiaro: non solo siamo un Paese sostanzialmente mortissimo, ma la nostra classe politica non ha idea di cosa significa essere e avere dei bambini. Questo è ovvio e l'ho già spiegato diverse volte (anche oggi, con la Nobis, si parlava dell'incapacità delle insegnanti di relazionarsi coi bambini nonostante anni e anni di studi semplicemente perché tante insegnanti sono figlie uniche cresciute senza essere circondate da bambini): se un adulto già della mia generazione deve occuparsi di qualcuno che non conosce, del quale non si ha esperienza vissuta in prima persona, e non fa la fatica di capire, conoscere, approfondire, abbiamo un problema grosso. Se un Ministro della Famiglia non ha idea di cosa significa avere dei bambini sotto i 5 anni di cui occuparsi, non sa cosa significa interrompere le fisioterapie per un bambino con la Sindrome di Down di 3 anni, non ha idea di che importanza può avere il gruppo delle amicizie per una ragazzina di 12 anni e pensa seriamente di sostituire tutto con un cellulare, non ha idea di nulla che riguarda il suo Ministero.
Allora qui dobbiamo fare una rivoluzione enorme: in passato bisogna(va) combattere le cretinate dei pediatri che davano gli orari per le poppate o l'omogeneizzato di mela a tre mesi, quindi le mamme iniziarono a combattere informandosi e stando coi loro bambini, pretendendo di allattarli come-dove-quanto volevano, trasmettendo la cultura 'di mamma in mamma', adesso è necessario vieppiù che le mamme tornino a pretendere di fare le mamme.
I bambini hanno diritto a un padre amorevole e ad una madre che li allevi nella normalità di una famiglia; i bambini hanno diritto ad essere educati dai propri genitori secondo i valori familiari; i bambini devono stare in famiglia con mamme e papà che li educano direttamente, senza schermi e senza intermediari; i bambini devono poter stare coi coetanei, giocando e andando a scuola. Io spero, quindi, di non essere l'unica a dover rispondere a delle domande insinuanti, come ho elencato sopra e sinceramente voglio sperare che se un giorno mai si pensi di mandare qualcuno al potere, lo si faccia sapendo che sa cosa vuol dire "genitorialità", "famiglia", "bambini".
Sì, le mamme esistono, esistono ancora. E da oggi comanderanno di più.