giovedì 16 gennaio 2020

La storia degli omini della cacca

L'argomento potrebbe non appassionare chi è schifiltoso, ma tra mamme spesso è fonte di discussioni. In realtà questa è la storia del Nonno Gianni, della sua fantasia e di quello che di prezioso mi ha lasciato (inclusa la storia della cacca).

Il Nonno Gianni era figlio di Paolo (un cosiddetto "Ragazzo del '99" che tornò dalla Grande Guerra) e Serafina (donna caparbia e risparmiosa). Paolo e Serafina - soprannominata poi Nonna Tina da tutti - si mantenevano grazie a un negozio di macelleria a Milano (che durante la Seconda Guerra Mondiale fu raso al suolo) e qualche lavoro di sartoria, e misero al mondo due figli: Giovanni Natale (il nostro eroe) ed Emanuele (lo zio Lele).

Il Nonno quattordicenne


Il Nonno Gianni era un po' "duretto", a scuola, così fu preferito mandarlo a lavorare a quattordici anni, mentre lo zio Lele, più virtuoso, fu indirizzato agli studi e divenne neurologo. Il Nonno Gianni e lo zio Lele, con la famiglia, furono costretti a sfollare a Moltrasio, sul Lago di Como, durante la guerra, a casa dei loro nonni Natale e Teresa. Essendo intollerante al lattosio, il Nonno Gianni ogni mattina partiva con il termos pieno di brodo o minestrone, raggiungeva con il battello Como e da lì in bicicletta fino a Varedo, alle porte di Milano, dove legava la bicicletta con un cordino e si recava al lavoro al Banco di Roma. Iniziò così, a quattordici anni, portando la posta da un ufficio all'altro. Con gli anni si ripromise di migliorare e frequentò le serali per diventare geometra, sino alla laurea in Ingegneria. Lo raccontava sempre con candore: non tutti i ragazzi sono virtuosi a scuola, ma farli lavorare umilmente stimola in loro la voglia di migliorare la posizione. E il Nonno migliorò molto, terminando la sua carriera nel 1987 ricevendo un encomio dalla Direzione centrale.

Quando, finito di lavorare al Banco di Roma, prendeva il tram sino a Varedo per recuperare la bici e tornare a scuola, ovviamente condivideva il viaggio con amici coetanei, tra i quali c'era la Nonna Marisa che frequentava l'Istituto Magistrale. Il Nonno e la Nonna, assieme agli amici, si trovarono a vivere assieme diverse situazionacce imposte dalla guerra: dal bombardamento della ferrovia tranviaria subito un attimo dopo essere scesi, alla morte di un amico durante un rastrellamento di tedeschi in fuga... tanti eventi che segnano la memoria. Tuttavia nonostante la guerra, i momenti di ilarità non mancavano: il Nonno Gianni e lo Zio Lele, quando il Sindaco di Moltrasio distribuì dei fogli fosforescenti da personalizzare per famiglia per consentire il riconoscimento tra famigliari, disegnarono dei teschi coi quali terrorizzare le vecchiette in prossimità degli angoli bui del paese, per poi fuggire sghignazzando...

Lui e la Nonna Marisa si fidanzarono presto e misero al mondo due bambini, Daniela e un piccolo bambino settimino che morì dopo aver pianto per qualche istante di vita.

Il Nonno diciottenne, fidanzato

Alla vigilia dei suoi cinquant'anni, il Nonno Gianni scoprì un tumore al pancreas che lo costrinse per anni a mangiare molta roba zuccherata a causa di una costante ipoglicemia, patologia che causò indirettamente la sua morte quando, ricoverato per un disturbo alla gola (Lillo aveva otto mesi), l'infermiera si scordò di somministrargli lo zucchero a metà notte e la Nonna Marisa lo trovò già in coma la mattina successiva.

Conservo con molto affetto tutte le lettere, i biglietti e i molti disegni che il Nonno Gianni regalò alla Nonna. Una delle passioni del Nonno era il disegno e nei primi anni '80 si diplomò all'Accademia di Brera. Lo stesso anno fece il corso di Vela a Caprera e tornò con la barba talmente lunga che la Nonna Marisa non lo riconobbe.

Quando nacqui io, lui iniziò a raccontarmi storie fantasiosissime che avevano come protagonisti dei personaggi buffi che possedevano orecchie a punta, lunghissime proboscidi, cappelli a cilindro e frack: i Musterluffen. Poiché ero sempre malata e ovviamente stitica a causa di un'alimentazione a base di latticini (ero la classica bambina magrissima con panciotto gonfio e teso), fare la cacca - e veniamo a noi - era mostruoso. Così io, seduta sulla tazza, sostavo dolorante mentre lui mi raccontava degli omini che si occupano dell'apparato digestivo.

C'era una volta un bel biscotto che veniva mangiato con gioia. Dopo essere masticato scendeva giù, giù, giù, fino allo stomaco dove dei piccoli omini con la tuta e le pale, cominciavano la digestione. Dividevano il buono dal cattivo e tutte le schifezze ricominciavano a scendere. Di nuovo giù, giù, giù fino a un lunghissimo tubo dove le ultime particelle buone venivano infilate, molecolina per molecolina, in buchi appositi dove tanti omini si occupavano di rispedirli dove venivano stoccati. Piano piano che il viaggio del biscotto terminava, omini con tute e maschere antigas - per ovvie ragioni - spalavano quella che era diventata una magnifica cacca! E con quanta forza riempivano la fine di  quel lungo tubo! W gli omini della cacca!!

E se pensiamo al fatto che non era ancora arrivato il famoso cartone animato "Siamo fatti così", beh... il Nonno Gianni è stato davvero un fantasiosissimo raccontatore di fiabe.

Ciao Nonno Gianni, oggi manchi da quindici anni, ma i tuoi pronipoti sanno tutto di te: non sei mai andato via per sempre...