giovedì 4 febbraio 2021

Auguri per i vostri 45 anni di matrimonio, mamma e papà

Si conobbero verso settembre del 1975: frequentavano la Facoltà di Glottologia. Lei 21 anni e lui 26. Lei aveva appena fatto partire il suo ragazzo per la naja e lui aveva cambiato corso universitario per approdare a Lingue Antiche. 
Decisero di sposarsi in sei mesi, esattamente il 5 febbraio 1976.
Lei voleva, credo, qualcuno che la portasse fuori di casa e le risolvesse i suoi problemi. Lui dimostrare, credo, alla propria famiglia di essere capace di essere adulto. 
Io nacqui tre anni dopo, voluta e amata.
Ma.

Ma non ci si sposa col presupposto che qualcuno risolva i tuoi problemi, né per dimostrare qualcosa. 
Ma non ci si sposa considerandolo un traguardo, né un obiettivo. 
Ma non ci si sposa quando una relazione è finita solo perché il fidanzato va militare, né perché quella ragazza è tutto quello che i tuoi genitori non vorrebbero per te.
E soprattutto sposarsi è prendere la propria vita in mano e sapere che si è in tre: lo sposo, la sposa e Cristo. Non è solo un contratto con termini di legge e possibilità di scioglimento. Il Sacramento del Matrimonio è il mezzo tramite il quale prendere la Croce in due, e affrontare ogni tentazione. Insieme e ben consapevoli che si rende conto a qualcuno dei propri errori. Quel qualcuno, oltre che Cristo e il coniuge, è il figlio. E al figlio non interessa né il perchè i genitori si sono sposati, né perché discutono, né, tantomeno, importa quali infinite problematiche può avere la relazione. Al figlio interessa che i genitori stiano insieme. Sono pochissime le persone che ammettono il fatto che speravano che i genitori si separassero, e si tratta di casi eccezionali. Per il resto il figlio vuole mamma e papà. 
Mia madre e mio padre costruirono una relazione nella quale mia madre avrebbe voluto trovare, nel marito, un padre, un amico e la fonte della felicità, mentre mio padre avrebbe voluto una persona che replicasse assieme a lui, famiglia felice nella quale era cresciuto, trovando anche la propria strada professionale.. Il dialogo mancò: ognuno arroccato sui propri presupposti, i propri desideri, la propria felicità. Mio padre non seppe essere "tutto" per mia madre (che si concentrò su di me) e, avendo sposato un'atea, si rifugiò nella sua Fede. Mia madre continuava a sperare di trovare la felicità fuori di sé: il lavoro, i rapporti di amicizia, lo studio. Mia madre non volle altri figli. Gli mancarono le motivazioni per stare con mio padre, in tal modo. I figli, infatti, non si fanno solo perché li si è pronti o perché è il momento giusto: il bello dei figli è che mettono gli adulti alla prova. E che per averli serve la sessualità che unisce mamma e papà, poi quando arrivano è una gioia (stancante) che arricchisce la famiglia. E ogni figlio è un motivo per impegnarsi, al di là delle difficoltà, perché abbia una famiglia unita nella quale rifugiarsi. Ecco perché il "desiderio" di fare figli non sta in piedi: non sono i genitori a doversi realizzare nei figli, ma sono i figli che debbono trovare rifugio e accoglienza nei genitori. Il genitore adulto sa che un figlio non è una realizzazione di un progetto personale, perché se un figlio è qualcosa, è qualcosa che sconvolge la vita perchè fa dimenticare i bisogni e i desideri del genitore che, dal momento in cui il figlio c'è (doppia lineetta del test di gravidanza è già figlio), è chiamato ad essere adulto.
Com'è come non è, mio padre si dedicava al proprio lavoro, pensando che andasse tutto bene. Mia madre, nonostante avesse trovato anch'ella le proprie passioni professionali, aveva solo me. Ero troppo poco perché s'impegnassero a stare insieme. Valevo poco. Così mia madre cercò qualcun'altro che risolvesse i suoi problemi. Improvvisamente. E mio padre si chiuse in se stesso. 
IO ero troppo poco anche per la sua felicità (ovviamente).
Io fui catapultata nella generazione dei figli di separati, nella quale ogni figlio è l'intralcio perché chi ha voluto la separazione realizzi, finalmente, i propri piani, trovando la propria auspicata felicità. Il figlio passa da essere la persona più importante dell'unione di due persone, colui che ha ogni diritto di cura, educazione e benessere, a essere un mezzo tramite il quale far soffrire l'ex-coniuge, a un peso del quale occuparsi, a un oggetto di diritto.
Mia madre avrebbe voluto cancellare ogni secondo di vita passata con mio padre. Mio padre dovette ammettere che i suoi genitori avevano avuto ragione su mia madre e sui presupposti alla base della fretta con la quale si sposarono. Comunque io, in qualunque modo la vediamo, sarei dovuta sparire. Fosse esistita la macchina del tempo, sarei stata cancellata insieme al fatidico 5 febbraio del 1976.
Dopo la separazione io vissi la consapevolezza dell'essere una nullità. Ogni fatica compiuta nei miei riguardi (l'alimentazione sana, l'istruzione migliore, l'educazione più attenta, l'abbigliamento più ricercato) aveva subito una svalutazione mostruosa. Mia madre cercava la felicità fuori dal mio mondo e io ero la zavorra che bloccava il dispiegamento delle sue ali verso la libertà. Mio padre fu allontanato da me e non seppe relazionarsi con me sinché io non fui grande abbastanza per relazionarmi con lui, da adulto ad adulto. Mia madre non ha mai trovato la felicità, arrivando a crecare di togliersi la vita a causa di un viscido tizio che si divertì per un po', poi voleva cambiare parco divertimenti. Mio padre l'ha trovata in Cristo e in una gentile signora più consona a lui.

E quindi? 

Quindi Dio è grande e ha rimediato ai guai degli uomini. Per l'ennesima volta nella storia.
E io sono sopravvissuta delle scelte sbagliate con presupposti sbagliati con progetti futuri sbagliati.
Sono sopravvissuta nonostante tutte le mie carte mi dessero per sconfitta.
Sono sopravvissuta perché ho voluto una vita migliore, ho preteso di essere migliore, ho pianto per essere migliore e ho riso per essere migliore. E sono stata migliore perché ho messo la serenità dei miei figli davanti a tutto, ammettendo che avrei fatto migliaia di errori (poi ne ho commessi a milioni), ma non avrei dato ai miei figli un solo motivo di pensare che valessero meno della mia felicità. Sono stata brava? No, mi sono fidata di Dio. Ho detto a Lui: "Io arrivo fin qui. Per il resto, Ti prego, fai Tu".

La possibilità che ci si separi è un diritto in tante situazioni gravi. Menomale che c'è. Ma passare dall'essere una situazione emergenziale, a essere una soluzione quando non si è felici (lo si è mai, veramente, in questo mondo?), il passo è stato brevissimo. 

Ed ecco perché comunque io ringrazio i miei genitori per il solo fatto di avermi messo al mondo. E per il fatto di essere stati fonte d'insegnamento. E per il fatto che mi hanno costretto a capire che la mia felicità non vale nulla, se non posso donarla agli altri.

Dopo 10 anni dalla  loro separazione, io mi ritrovai di fronte al Santissimo Sacramento e Gli chiesi di darmi la possibilità di essere migliore. Quando sarò alla fine della mia vita, lo vedrò. Nel frattempo prego perché mia madre trovi la felicità, che poi è la Salvezza. E perché mio padre non si senta in colpa per l'errore fatto. 
Mamma e Papà: oggi avreste fatto 45 anni di matrimonio, se non ci fosse stato il grande inganno del poter cancellare con leggerezza le decisioni prese con serietà. 


PS: lungi da me affermare il fatto che la legge sul divorzio sia del tutto inutile. Ovviamente ci sono casi necessari. Ovviamente però, i figli hanno diritto a mamma e papà che si rispettino.