venerdì 3 dicembre 2021

Fermiamo la tirannide adulta

Dobbiamo tutti darci una sonora calmata. Specialmente noi adulti. Anche perché i bambini avrebbero tutto il diritto di urlarci contro, di gridare contro al mondo adulto, ogni grammo del loro disappunto, della loro sofferenza, dell'immensità del loro dolore.


Cominciamo con un paio di punti a tutti quegli adulti che suppongono di sapere cosa sia meglio per un bambino, anche se il bambino dà segno di sapere perfettamente di cos'ha bisogno. C'è una sottile perfidia in molti adulti - ignoranti o studiati - che approfittano della loro forza mentale o fisica per imporsi sul bambino. 

Pensiamo all'arroganza dei medici che visitano le gravide: sin dalle primissime settimane di gravidanza si tratta il bambino (0,1 mm è il diametro dello zigote, 50 cm sono la lunghezza media di un nascituro) in virtù di quello che rappresenta per gli adulti: se gradito riceve gesti di benvenuto, se sgradito gli viene assegnato il "foglio di via". Apparentemente sano è applaudito (come fosse merito suo), apparentemente malato è osteggiato (come fosse colpa sua). Se poi i suddetti medici si trovano di fronte a una situazione che non hanno studiato alla Scuola di Specializzazione - magari una mamma che ama il suo bambino così com'é  e non per quello che  si vede - agiscono per quello che loro pensano sia giusto, alludendo a un certo "miglior interesse" di britannica memoria. Inoltre troviamo professionisti proni a ogni desiderio, che sono pronti a realizzare - per un piatto di lenticchie o 30 danari - i sogni di persone adulte che "hanno il diritto" di possedere il figlio ideale, come, dove e in qualunque modo lo desiderano. 

Tirannide adulta verso i neonati, quelli che sfuggono per un soffio alle maglie dell'eugenetica, solo perché sono "sani": trattati comunque come fossero dei nemici. Se un neonato ha bisogno di stare a contatto con la mamma, è viziato. Se un neonato ha difficoltà a poppare, è cattivo. Se un neonato non dorme dove/come/quando l'adulto decide, è disobbediente. Ogni bisogno fisiologico è bandito, ogni segno di disperazione è guardato come una pessima abitudine da estirpare, ogni pianto è sempre un modo del bambino per trarre in inganno l'adulto. I bambini devono andare al nido affidandosi a mani sconosciute, facendosi cullare da braccia anonime, nutriti da mani ignote, quando sarebbe la mamma o tuttalpiù una tata verso cui il bimbo ha fiducia, la persona giusta per occuparsene. E, si badi bene, io sono certa che ci siano educatrici che sono qualificatissime, affettuose e preparate in tantissimi asili nido, ma è il principio a essere errato. Non si manda un bambino al nido per consentire a una mamma di lavorare, ma si aiuta la mamma a casa: la cultura distacca la madre dal suo bambino, l'abitua a non occuparsene, a delegare altre persone, perché in questo modo le madri perdono gradulamente le capacità di relazionarsi coi loro bambini, abbandonano l'idea di sentirsi le prime educatrici dei loro figli. Il ruolo della mamma è fondamentale, ma anni di "pedagogia senza contatto" (il bisogno di contatto e vicinanza è primario, per i bambini), hanno trasformato la relazione mamma-figlio (e poi quella papà-figlio, quindi poi quella genitori-figlio) come una lotta continua di prevaricazione che viene costantemente persa dai figli: il risultato è una generazione di ragazzi che sono fragili, incapaci di senso critico, conformisti fino allo spasmo, che s'identificano con avatar virtuali e pendono dalle labbra degli infuencer, che sono del tutto anaffettivi e bisognosi di amore, al contempo.

Ma sto tergiversando (come mio solito). 

La tirannide adulta identifica i bambini come se dovessero trarre in trappola il povero afflitto genitore, già in affanno per sostentare la famiglia, già occupato a costruire la vita familiare, già piuttosto concentrato su se stesso. Come quel piccolo bambino di tre anni, additato dalla madre come un furbetto, che lamentava di sentire mal di pancia: la madre non gli credeva e suggeriva anche all'insegnante di non farlo, giudicandolo un modo per attirare l'attenzione. Oltre che subìre l'umiliazione di vomitarsi addosso, fu accusato di averlo fatto per far fare una brutta figura alla mamma. E che dire dei bambini che piangono chiedendo della mamma oppure manifestando disagio a scuola perché le insegnanti non riescono ad entrare in realzione con loro? Quante lacrime di vera sofferenza vengono piante da bambini che si trovano a dover affrontare senza certezza l'assenza della mamma? Il consiglio degli esperti è quello di «Trattare la figlia come farebbe con un cane» dice la psicologa di passaggio, alla madre della bambina di 10 anni che piange sempre terrorizzata quando c'è il temporale. 

Bambini non creduti, bambini usati come mezzi per propaganda o sfruttati in mille e un modo: per esempio dai genitori separati. Quanti bambini subìscono l'odio che due adulti hanno maturato vicendevolmente, senza essere protetti da cattiverie che sempre e comunque influenzeranno la loro vita e la relazione con entrambi i genitori? Come quella mamma che da anni deve combattere per vedere le figlie sottrattele dal padre per il solo gusto di farlo: il male che queste bambine - oramai piccole donne - hanno ricevuto, si ripercuoterà nella loro vita sino a che avranno fiato in corpo: possibile che l'odio per una donna con la quale questo padre ha generato due figlie, sia così egocentrato da non vedere il male che sta diffondendo proprio alle figlie che tanto spasmodicamente egli pretende per sé? Oppure quanti padri subìscono la cattiveria delle donne con le quali hanno messo al mondo figli amatissimi che poi rifiutano di vederli? Questo che cos'è, oltre che violenza psicologica verso l'ex, se non odio nei confronti del benessere dei figli e sfruttamento della posizione aduta? Quanti adolescenti devono suicidarsi perché i genitori sono separati, prima che il mondo adulto si accorga del male che un suo "diritto" (quello di fare e disfare matrimoni e accompagnamenti a piacimento) continua a procurare al mondo dell'infanzia?

E che dire della sessualizzazione? Quanti adulti non sanno minimamente come affrontare la maturazione delle emozioni e della sessualità solo perché viziati (loro sì) da una pornificazione psicologica? Come quei genitori che regalano il cellulare ai figli, che poi ne fanno un uso sconsiderato sino a divenire capaci di guardare film porno a dieci anni o fotografare l'amichetta di 13 anni ubriaca e spogliata (che poi si suicida perché quelle immagini vengono diffuse a macchia d'olio). Come quei genitori (madri e padri indistintamente) che consentono ai loro figli di bullizzare le femmine coetanee perché tanto «Si sa che le femmine oggigiorno sono tutte maiale» o che insegnano alle femmine che «Tutti i maschi sono violenti, maschilisti e potenziali stupratori». Tirannide adulta che impedisce a una figlia di maturare persona giudiziosa, proteggendola dall'immoralità e dalla perfidia del web, e che intralcia il figlio nel crescere persona rispettosa, proteggendolo dalla perversione e dall'abuso della tecnologia per scopi viziosi.

Già: i corsi contro il bullismo, l'educazione civica... bestialità degli ultimi dieci-vent'anni. Ignobili mezzi propagandistici che fanno restare i bambini e i ragazzi dei deficienti ("mancanti"): i veri bulli sono gli adulti, gli uni verso gli altri (basta leggere sui social network quello che viene scritto da persone maggiorenni, all'indirizzo di chi esprime un parere diverso dal proprio: minacce, derisioni, offese... tutti adulti che poi se ne stanno buoni buoni, dietro le loro scrivanie, che si sentono vivi solo se possono scrivere qualcosa di graffiante e spregevole su instagram, twitter o facebook), gli uomini verso le donne e le donne verso gli uomini. Una lotta morale che sfrutta i ragazzi e tenta di influenzarli costantemente, facendoli strumenti d'ideologie momentanee. 

Cosa c'è alla base dell'ignoranza abissale degli adolescenti? Un'inciviltà morale ed emotiva, un'assoluta incapacità di essere altruisti o, per lo meno, dotati di senso civico. Quel senso civico che educa i bambini a non sbeffeggiarsi del compagno disabile, accogliendolo se non con affetto, per lo meno con creanza: non lo sanno fare, spesso, perché sono i genitori che non vogliono disabili nelle classi dei loro figli. Ragazzi che non si alzano quando sui mezzi pubblici sale una persona anziana, una donna gravida, una mamma con un bambino piccolo. Ragazzi che vivono con il cellulare sempre in mano, pronti a farsi autoscatti deprimenti da condividere con gli amici. Ragazzi insensibili verso la fragilità, la debolezza, perché nessuno ha avuto delicatezza e tatto verso di loro: mai creduti, sempre abbandonati, sempre secondi rispetto alle necessità adulte di accoppiarsi e scoppiarsi. L'importante, per i genitori, è che i ragazzi non combinino "guai": cresciuti senza avere il diritto di disturbare il genitore indaffarato su se stesso, liberi di fare tutto quello che ritengono opportuno per il godimento dei loro genitali, i ragazzi sono frustrati da indicazioni assurde che ben poco hanno di "civiltà": «Usate il preservativo» e mai «Rispettate il prossimo». Tutti a seguire pedissequamente le regole anti-Covid, ma delle infezioni genitali che inficiano la fertilità e la salute psichica di future donne e uomini, chissenefrega. Pillole dei 5 giorni dopo come Zigulì all'amarena, aborto quasi come una Vitamina, tanto l'importante è quello che si vede, quello di cui parlano al TG. 

La tirannide adulta, che cancella la crescita affettiva ed emotiva dei ragazzi anche privandoli di una formazione adeguata: «Non serve studiare quattro volte le guerre puniche, occorre cultura tecnica. Serve formare i giovani per le professioni del futuro» laddove ci sono universitari che si fanno accompagnare da mamma agli Open-Day ma che non sanno coniugare al congiuntivo, non hanno idea del fatto che 'qual è' vada senza apostrofo e come scrivere 5 centesimi di euro, con zeri e virgola al punto giusto. Greggi di bambini di quarta elementare che indossano la mascherina anche durante l'ora di ginnastica (cosa che rimane scandalosa, per quanto mi riguarda), ma che non sanno la storia della povera mamma di Cecilia, affidata ai monatti vestita di bianco, perché poverini potrebbero turbarsi se viene raccontata loro la triste vicenda, ma invece nessun problema ad abbandonarli ore su Netflix dove imparano a giocare a "1-2-3-spara". 

Quanto debbono essere odiati i bambini dalla nostra cultura che tanto ama sfruttarli? Che dire di tutti i bambini sbattuti sul web da genitori che hanno costantemente bisogno di confermare la loro adultità: dall'influencer che giunge a postare ogni fotogramma della vita dei figli, a quello che usa i figli (strappati dal ventre della madre poiché è legale farlo e un adulto ha il diritto ad avere una famiglia) per sentirsi convalidato nella sua esistenza. Poi vai a leggere e trovi che l'influencer è figlia di separati e che l'acquirente di bambini è stato affidato alla nonna appena nato perché la madre aveva il diritto di andare a lavorare. Ecco perché il bisogno di apparire, di avere attenzione, di ricevere "like", di farsi una famiglia (che escluda la figura femminile che tanto non serve). 

Neonati e bambini abusati, stuprati, penetrati da oggetti, picchiati e seviziati. E nessuna pena a costoro dei quali le forze dell'ordine sanno. Se ci fossero pene esemplari nei confronti di un manipolo di 5 donne e 5 uomini che si macchiano di questi reati, se non ci fosse il modo di condividere sul web questi abomini della razza umana, magari qualcosa scricchiolerebbe: perché non dirlo? Perché nascondere questi reati che dovrebbero riempire i TG? Perché non ammettere che se ne parli in Parlamento? Perché l'adulto odia il bambino. 

Tirannide adulta che decide di tenere spalancate le finestre delle aule per evitare contagi, ma poi fa ammalare di otite e bronchite gli allievi. Insegnanti pedanti nel seguire le regole per mandare in bagno i bambini delle scuole medie (che possono scambiarsi porno su whatzapp, ma non stare vicini altrimenti è "Assembramento"!) e che non credono alla bambina di 12 anni che sente il sangue mestruale scenderle giù sulle gambe e chiede tre, quattro, cinque volte di andare in bagno finché non si forma una pozza di sangue ai suoi piedi e lei muore dalla vergogna. Adulti talmente tronfi della loro autorità che ammoniscono di non approfittarsi nell'andare in bagno perché «Ci sono delle regole anticontagio». 

Talmente pieni di materialismo da non saper ricevere e incassare un diniego, una negazione o un brutto voto: da una parte i genitori autoritari che ancora picchiano i figli che non portano 7, dall'altra i genitori permissivi che sbeffeggiano l'insegnante anche di fronte al figlio, da una terza parte i genitori negligenti, quelli che fano dire ai propri figli: «Io sono solo frutto di una scopata: piuttosto che diventare come mio padre/mia madre, mi sfondo di canne». Tutti figli di una tirannide di anaffettività, di egoismo, di una mentalità scevra di maturazione e responsabilizzazione. 

Ecco che io dico basta. Fermatevi. Fermiamoci.

Essere genitori non è facile, è vero: aiutarsi a vicenda, sostenersi, consigliarsi. Dire alla mamma del bimbo di 10 anni già con il cellulare: «Fai male, gli fai del male a lui, ma fai del male a tutte le persone con le quali tuo figli si relazionerà». Ricostruire il "villaggio", il sostegno vicendevole. Tutti i genitori possono imparare a farlo. Tutte le persone possono crescere divincolandosi magari da un passato di figli maltrattati e non amati, per provare a cambiare la propria visione sui bambini: proteggendoli, ascoltando i loro bisogni primari fisiologici, mettendosi al servizio della crescita graduale e affettiva dei figli perché siano adulti responsabili. Togliamo i cellulari dalle mani dei bambini, raccontiamo loro le favole, giochiamo con loro, ascoltiamoli!

Sì, è faticoso. Sì, è stancante. Sì, è difficile. 

Fermiamo la tirannide adulta, proviamo a essere adulti migliori di quelli del passato.