E alla fine è successo.
Mea culpa.
Cigols non ha fatto in tempo a tornare da scuola, che l'ho aggredito in modo molto forte. Gli ho detto che non avrei mai più giustificato una sua violenza contro una compagna di scuola. Lui è stato preso alla sprovvista e i suoi occhi si sono gonfiati di lacrime: «Mamma... fammi spiegare», ha detto tra i singhiozzi più di una volta. Mi sono zittita dicendogli che lo avrei ascoltato, ma che non avrei tollerato di sapere che aveva alzato le mani su una femmina.
Ma cos'è successo? Cosa mi è successo?
Inutile che ci giriamo intorno. Il discorso bullismo ci terrorizza. Ogni genitore che conosco, sarebbe additato come incapace, se un figlio fosse accusato di essere un bulletto. O un vero e proprio bullo. Specialmente se maschio. Al di là di news che si ascoltano o leggono che raccontano di genitori o addirittura padri, che tendono a difendere figli da reati ai danni di donne, la totalità di uomini e genitori che conosco, passerebbero per le armi i propri figli, se questi fossero giudicati colpevoli di qualsiasi brutalità.
Viviamo oramai in un periodo culturale dove non basta più dire che "le femmine non si toccano neppure con un fiore", ma frotte di maestre e professoresse insistono costantemente con il trasmettere che le donne sono esseri umani da difendere e mai da attaccare, esseri viventi superiori che tutto decidono e tutto dispongono, e che se qualcuno si oppone è maschilista, sessista, violento. Ci ho pensato mille e mille volte: ma perché non si devono picchiare le donne? Perché non educare i bambini, i ragazzi, al fatto che nessun essere umano, in quanto tale, deve essere picchiato? Soprattutto in caso di fragilità, tutti debbono poter vivere sentendosi protetti: embrioni, feti, neonati, disabili, anziani, malati... tutti. Tuttavia non è così.
Anche Lillo tornò a casa dicendo, con la sua flemma quasi britannica, che per l'insegnante di matematica ogni maschio presente in classe era un potenziale stupratore e certamente un violento. Tra l'altro Lillo era già passato dal mio "tritacarne-pedagogico" dovuto al fatto che era cascato nelle maglie della pornografia (a causa dei compagni muniti di cellulare e giustificati dalle mamme per le quali il porno è pressoché normale): quindi lo step "dignità della persona in quanto Figlia di Dio", "dignità della donna in quanto custode della vita" lo avevamo già ampiamente passato (con qualche ripassino ogni tanto stile mamma-drago-sputafuoco). Gli avevo insegnato che qualunque (QUALUNQUE) presa in giro, critica, aggressione fisica in ambiente scolastico o meno, doveva essere incassata (stile don Camillo) per essere denunciata alle autorità competenti (insegnante). Gli avevo già dovuto spiegare che se con i maschi le mani possono essere anche moderatamente alzate (mai per aggredire, ma solo per difesa), con le femmine questo non sarebbe mai dovuto accadere.
Ho però dovuto, col tempo, riflettere che parte delle mie indicazioni erano (sono?) viziate dal terrore che i miei figli maschi possano essere accusati di violenza contro la donna. E siccome sono una di quelle madri che non si fida né di tanti insegnanti (sono una di quelle che va a vedere i profili dei docenti sui social e decide di non iscrivere un figlio in una data scuola, se il personaggio non convince), né di esperti vari (molti dei quali psicologi), allora potrei essere passibile della reprimenda che mi vedrebbe causa seconda del bullismo dei figli, solo per non aver frequentato corsi sulla cosiddetta "parità di genere". Quindi ho vissuto (vivo?) molto in modo concreto l'educazione al rispetto verso ogni essere umano (sin dal grembo materno e fin dopo la morte) ed è per questo che in alcune circostanze, i miei figli sono stati digeriti dalle mie miti considerazioni draghesche. No, non vi è alcuna parità, per quello che mi riguarda, maschi e femmine sono diversi e io sono una di quelle persone che crede che tutto questo assegnare a maschi e femmine medesime caratteristiche [mio figlio di 5 anni direbbe che lui non ha le "mettuattioni" (mestruazioni), quindi non è una femmina] ha significato una non-protezione implicita, soprattutto verso la femmina. Protezione che veniva invece trasmessa, ai miei tempi, dal divieto di sfiorare ogni appartenente al paneta venusiano, anche solo con un fiore (occhio: non che non ci fossero cattiverie verso le donne, certamente però il considerarle 'da proteggere' era meglio che il considerarle 'uguali a maschi', quindi da picchiare nello stesso modo). Ora: questo essere considerate al pari dei maschi, non ha fatto granché bene alla donna, perché sono stati confusi due termini: "parità" e "pariteticità". Il primo termine significa "uguaglianza", il secondo potrebbe essere usato per definire "simili doveri e diritti", a mio modesto avviso. Il secondo fatto che ne è scaturito, è che non si è voluto riconoscere che, seppur i maschi tendono allo scontro fisico, le femmine sono aggressive dal punto di vista linguistico. Tuttavia si fa fatica riconoscere questa non-innocenza femminile, proprio perché la cosiddetta parità tra i due sessi, non esiste. Le femmine, educate malamente al sentirsi pressoché "superiori" ai maschi, e spesso per cose sbagliate, più che per le qualità insite nella bellezza della femminilità, sia da madri spesso indignate da comportamenti maschili che non sono stati compresi o accettati, sia da madri non aiutate a perdonare atteggiamenti maschili spesso incomprensibili all'universo femminile e talvolta da madri ferite da uomini la cui mascolinità potremo definire tossica, si lasciano trascinare in atteggiamenti molto violenti. In sostanza, quindi, invece che "elevare" la mascolinità all'essere "pulita", "forte", "protettiva" e "cavalleresca", si è preferito "abbassare" la femminilità a all'essere "gretta", "aggressiva", "virago" e "seduttiva". Chi ne fa le spese sono le femmine ritenute troppo femminili (accoglienti, delicate, materne, sentimentali, o definite "pancine" dai coraggiosi trolls dei social, eccetera) e i maschi che tendono a conservare un po' di quella virilità che in passato era definita "cavalleresca" (violenti, aggressivi, eccetera). Quindi ciò a cui stiamo assistendo è che il femminile e il maschile, mescolati, sviliti dalla loro verità biologica e ancestrale, svuotati degli archetipi e privati del diritto di essere creature che possono completarsi a vicenda nella ricchezza delle loro infinite differenze, si sono mescolati, fluidificati, immergendosi in una melma pestilenziale che ne ha corrotto la purezza. Le giovani femmine e i giovani maschi, quindi, drogati di assenza genitoriale e impregnati di social dove ogni pirla mancamentato diventa influencer e si può alzare la mattina dicendo cos'è giusto pensare, sono stati trasformati, ognuno a proprio modo, in bulli e cyber-bulli dediti a violentare psicologicamente e fisicamente chi non è simile al gruppo, chi la pensa in modo diverso, chi vuole mantenersi libero da ideologie in stato terminale.
Torniamo quindi a Cigols.
Una mamma mi ha chiamato dicendomi che era dispiaciuta nel comunicarmi che mio figlio ha picchiato la figlioletta, più volte e soprattutto senza motivo.
Non ci ho visto più. Ammetto che ho fatto uscire la putrescente madre che alberga talvolta in me, e ho temuto il peggio. Più per me, sia chiaro.
Tuttavia non ho fatto i conti con mio figlio, che - devo ammettere - è una persona che sta crescendo tentando di capire come si sta al mondo.
La realtà dei fatti è che la bambina si è lasciata andare ad offese che mio figlio ha ritenuto inaccettabili (nonostante la madre della medesima mi abbia sottolineato che sua figlia non usa un determinato linguaggio), e dopo essersi lasciato offendere più volte, Cigols ha risposto con una spinta. Lo ha riconosciuto con chiarezza: «Ho sbagliato! Ho sbagliato, mamma!!». La sua ammissione mi ha spiazzato non tanto perché io abbia mai pensato che sia un vile, ma perché ero avvezza all'ascolto di giustificazioni di ogni genere, quando lo riprendevo dopo una lotta coi fratelli («Mamma, scusa... ma Checcolens aveva una zanzara in faccia e io non volevo che lo pinzasse»). Così ho fatto un'inversione a U mostruosa e gli ho chiesto di raccontare i fatti. La sua dichiarazione successiva è stata ancor più disarmante: «Ci parlo io con la mamma della mia compagna. Io non alzo mai le mani per primo e lei deve sapere che sua figlia è spesso la prima a offendere fino a che non riceve una botta e può lamentarsi con la maestra». Deciso il fatto che lui avrebbe chiarito con la madre, io gli ho detto che avrei parlato con la maestra per chiedergli di avvisarmi subito se fosse ancora successo qualcosa. E Cigols è stato d'accordo.
Il lunedì ho fermato la mamma della compagna e lui ci ha parlato: «Io ti dico scusa. Non accadrà più. Però....», a questo punto la mamma lo ha affettuosamente interrotto. Non ha voluto ascoltare altro. Sono dovuta intervenire per dirle che il discorso di Cigols non era terminato. Così lui ha provato ad aggiungere che lui non inizia mai, che la figlia è spesso la prima a cominciare. La madre non ha ascoltato, sempre con molta enfasi ha salutato ed è andata via. Cigols mi ha fatto capire che era stato inutile, ma mi ha promesso di non farsi trascinare dalla compagna mai più.
Giorni dopo, tornato da scuola, mi racconta che l'insegnante di ginnastica stava per dargli una nota, nell'immediato che lui aveva tirato un calcio negli stinchi a un'altra compagna. Questa volta ho taciuto e ascoltato.
Le femmine della sua classe hanno composto una canzoncina che fa così «I papaveri alti alti, i maschi deficienti, cornuti senza denti». Cigols aveva chiesto molte volte, assieme ad altri maschi, di smettere. Erano stanchi di essere canzonati costantemente. Così, innervosito dall'ennesima linguaccia, Cigols ha perso le staffe. Subito ha chiesto alla maestra del ghiaccio e questi ha immediatamente preteso il diario per dargli una nota. Cigols gli ha detto, testuali parole: «Maestra. Io sono disposto a prendere la nota. Non c'è problema. Ma tu devi ascoltarmi». Dopo l'intero racconto, la maestra ha ritenuto necessario sgridare le bambine e non fare una nota a Cigols.
Questi episodi mi hanno confermato che spesso sono stata superba. Come tutti gli adulti ho pensato di sapere tutto, senza perdere tempo ad ascoltare i miei figli (Cigols nello specifico). Ho messo in dubbio il mio terrore verso la paura che i miei figli facciano qualcosa di sbagliato, convincendomi che entrambi i sessi possono essere violenti e che entrambi i sessi debbono essere educati al rispetto. A prescindere. Soprattutto ho constatato che i miei figli stanno crescendo consapevoli del fatto che bisogna relazionarsi, consci del fatto che la verità viene fuori.
Ho sbagliato e ho chiesto scusa della mia presunzione adulta.