Se c'è una cosa che non reggo, è la classica frase, che puzza un po' di muffa,: «Ah, dopo il 18 anni un ragazzo, è libero!» o «Dopo i 18 anni una ragazza ha diritto di scegliere!!!». Tutto questo, di solito, viene dichiarato in campo "sentimentale" (occhio perché i sentimenti c'entrano poco e male: si parla spesso di genitalità). Provo a spiegarmi, ma devo prima raccontare un evento di qualche anno fa.
Ho scoperto col tempo che quel gesto che concede la liberazione del figlio, quasi come se durante l'infanzia fosse stato in catene e, di conseguenza, avesse tenuto stretto a sé il genitore (privando anche questi della sua dose di autonomia), è proprio di molti genitori. Persone normali, con vite normali, con mestieri normali, che pensano che fare il genitore richieda energia dalla nascita sino alla primissima adolescenza, al massimo fino ai 18 anni dei figli, e poi arrivederci e grazie. E comunque che la vita privata dei genitori (specialmente quella sentimentale) non è di pertinenza dei figli, sapendo e sperando che a un certo punto la privacy, sulle faccende affettive, sia reciproca. Tutto il prendersi cura nei confronti dei figli, per costoro, si esaurisce con il fornire tutto quello di cui si crede abbia bisogno un bambino: cibo, oggettistica, istruzione. Una volta nutrito, istruito (ovvero fornita la fonte di educazione da delegare prontamente: la scuola, per esempio) e riempito (letteralmente) di roba, il figlio fa il piacere di non piagnucolare e, soprattutto, di non cacciarsi nei guai. Inoltre, da questo punto di vista, il guadagnarsi la libertà non è un processo graduale che deve accompagnarsi all'acquisizione della responsabilità, ma è un mezzo per levarsi dai piedi i figli di modo che - lo dico chiaramente - pure i genitori facciano quello che vogliono. Quando poi il ragazzino o la ragazzina compiono l'età delle scuole medie (più o meno), beh: arrivederci e grazie.
Io, che avevo letteralmente subìto la libertà altrui (mi era stato fatto credere che fosse la mia, di libertà, ma era una fragile menzogna: io ero ingabbiata per bene, chiusa nella galera delle libertà altrui) ero basìta sia dalle parole di quella madre, sia dalle miriadi di conseguenze sulla figlia. Mille pensieri mi si affacciarono alla mente: e se fosse che un giorno la ragazzina libera inizia a fare sesso liberamente e incappa in un individuo liberissimo d'ingravidarla e lavarsene le mani? Ecco i genitori delle libere fanciulle che, improvvisamente, insistono, minacciano, costringono all'aborto (per mantenersi liberi loro). E quante (allora non lo sapevo, ero una maestra di scuola materna che studiava pedagogia) ne avrei conosciute, da ostetrica. E se fosse che la ragazzina libera inizia una relazione sentimentale con un uomo violento? Lei ha fatto la sua scelta libera e liberamente lo difende. Affari suoi, alla fin fine. Potrebbe mai, un genitore che per anni ha predicato la libertà altrui (e la propria), bussare alla porta di casa della figlia, tirar fuori a sberle il marito violento per polverizzargli il sedere a pedate (quelle alla don Camillo, per intendersi) 'raddrizzandogli la gobba' con estrema cortesia? No. Le accuse andrebbero dal semplice 'essere patriarcale' al più complesso 'essere violento', passando semplicemente dal 'deve farsi i fatti suoi'. E magari la figlia ne buscherebbe di ulteriori. E se la giovane donna, sfruttando la propria libertà, giungesse ai 18 anni sapendo che lo Stato recide le sue catene, e si accompagnasse a un poco di buono, uno magari con precedenti penali, uno che ha violato la Legge? Lei è libera di farlo, ma i genitori? Le catene dalle quali la figlia si è liberata, sarebbero adesso ai polsi dei genitori. Sono certa che se i genitori mostrassero di voler impedire che la figlia possa essere travolta in questo modo e possa rovinarsi la vita, sarebbero colpevoli di voler essere patriarcali (quello ci sta sempre), quantunque sarebbe la sua vera liberazione, quella che vorrebbero.
E se un figlio liberamente si drogasse e per farlo si prostituisse? Sarebbe libero e i genitori muti?
E se una figlia compisse un reato grave? Cavoli suoi perché è maggiorenne?
Perché poi, diciamocela, se un ragazzo o una ragazza combinano guai grossi e magari uccidono (ricordiamoci del giovanissimo figlio di persona famosa che uccise due ragazzine travolte dalla macchina da lui guidata, l'anno passato), ci si chiede dove sia la famiglia!
Quindi, insomma: 'sta famiglia interessa o no?
Allora io debbo chiedere scusa a tutte le persone che si riempiono la bocca con la parola "libertà" (sono facili da riconoscere perché usano anche la parola "diritti" in modo costante e pure il termine "autodeterminazione" come se piovesse), ma non ci sto. 13, 15, 18, 20, 22 anni, ma i miei figli, dovessi mai vedere che sbagliano, avrei il dovere di fermarli. Fermerei loro se lasciassero la scuola senza cercare alternative e, soprattutto, senza optare per una formazione. Fermerei loro se scoprissi che si drogano, che si comportano male, che non rispettano il più debole (bambino, anziano, disabile), che bestemmiano, che bullizzano, che diffondono pornografia (per farlo basta andare su un sito), che picchiano altre persone, che picchiano animali... 13, 15, 18, 20, 22 anni non mi interessa assolutamente: «Ho sudato e ti ho educato bene (anche se l'ho fatto compiendo involontariamente un milione di errori), non azzardarti a fare sciocchezze! Io ti voglio bene, ti stimo, sei una persona preziosa e hai un enorme valore: non lascio che tu possa rovinarti la vita! Sei prezioso e hai un valore immenso per tutte le persone che ti stimano e ti vogliono bene» questo, magari urlando, sicuramente piangendo, certamente tremando, è ciò che direi. Né più, né meno. Ed è vero che i 18 anni segnano un passaggio importante (ricordo che si vota, si guida la macchina ma per la maggioranza delle persone sarebbe meglio non essere genitori), ma si è immaturi in tanti ambiti: si deve sempre poter contare sulla famiglia, nel bene e nel male. E i genitori debbono comunque sentirsi responsabili sui figli. Sempre.
Ecco perché un genitore non "scade" mai. Neppure quando un figlio ha 70 anni e il genitore 90. E la condizione di figlio, ovvero di colui che viene allevato ed educato al vivere in una società e in una cultura, non muta. Neppure se il genitore è una persona che ha involontariamente sbagliato (se lo ha fatto volontariamente violando la natura e la Legge, non è neppure da considerarsi genitore, e deve essere costretto ad assumersi le responsabilità di fronte a Dio e alla Giustizia) il figlio può intenzionalmente recidere e troncare la relazione. Ogni figlio è un'enorme entità che va rispettata, allevata, sostenuta, educata e instradata alla vita autonoma, rispettandone carisma, desideri e inclinazioni personali. E se un figlio sbaglia, va aiutato a capire dove, va ascoltato con affetto, va fermato: con il cuore in mano, con l'aiuto della preghiera, con il sostegno di chi - con professionalità e autorevolezza - può essere d'aiuto. Se un genitore non sente la responsabilità di un figlio e per un figlio, come potrà trasmettere il (magnifico) valore di questa, al figlio medesimo?